Plinio Corrêa de Oliveira

 

Un’alternativa concreta al

“meglio rossi che morti”
 L’arma dell’embargo dei cereali

 

 

 

 

 

Folha de S. Paulo, 16 de outubro de 1983 (*)

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Non sembra che la pubblica opinione si stia familiarizzando con una alternativa che, però, la propaganda sta imponendo sempre di più a tutti gli uomini.

La propagazione di questa alternativa viene fatta su scala universale, con uno slogan costituito apparentemente soltanto da un gioco di parole: «better red than dead». Hanno già capito tutti: è meglio diventare rossi, accettare la imposizione umiliante del regime comunistico, adattarsi alla organizzazione morale, sociale ed economica anticristiana che è a esso propria, piuttosto che assumere i rischi del bombardamento atomico.

Si dica la verità. Il contenuto di questo slogan sta nel fatto che la vita - sì, la vita terrena - è il bene supremo dell’uomo. Da ciò si ricava che l’amore alla fede, alla indipendenza della patria, alla dignità personale, all’onore, deve essere minore dell’amore alla vita. Sciocchi tutti i martiri e tutti i guerrieri che fino a questo punto hanno pensato il contrario. E a confronto con i quali erano screditati come vigliacchi quanti, per salvare la propria pelle, rinnegavano la fede, fuggivano dal campo di battaglia, oppure accettavano vilmente qualsiasi insulto.

La vecchia tavola di valori è stata rovesciata. I martiri e gli eroi di guerra, che figuravano con rilievo nelle file scelte della umanità, devono essere considerati da ora in avanti come insensati. Come insensati anche i moralisti, gli oratori, i poeti che mettevano in risalto agli occhi del popolo la supposta sublimità con cui quegli sciocchi correvano al sacrificio. Bisogna finalmente fare tacere i vecchi ditirambi all’eroismo religioso o civile. Infatti, l’elogio della stupidità porta i deboli a seguirla.

Al contrario, viva i vigliacchi. Per loro è giunta l’èra della gloria. Prevalendo il «better red than dead», essi vengono a costituire la crème più nobile della umanità. Formano il gregge garante della sicurezza e astuto dei divinizzatori dell’egoismo.

È l’apoteosi di Sancio Panza. Perché questo secolo terminasse coerentemente con il lungo processo di decadenza nel quale era impegnato quando si svegliò alla storia, sarebbe necessario che scendesse proprio così tanto in basso...

Sento qualcuno che mi dice: «Se non ci avviamo alla apoteosi di Sancio Panza, arriveremo per forza a quella di Don Chisciotte. È questo che vuole?». Al che non esiterei a rispondere che, in quanto cattolico, contesto decisamente che il genere umano si riduca a un insieme di Don Chisciotte e di Sancio. E che di fronte all’avanzare degli uomini si aprano solamente due vie: quella dello squallido e folle «eroe» della Mancia, e quella del suo panciuto e volgare scudiero. Si parla tanto, oggi, di terza via, di Terzo Mondo, ecc. In questo campo, quasi nessuno ricorda una opzione diversa, che eviti contemporaneamente la morte e, soprattutto, la capitolazione di fronte al moloc sovietico.

A un livello sommamente elevato, è ovvio che, oltre l’alternativa posta da Cervantes, vi sono le vie sacrosante dell’eroismo cristiano. Sì, dell’eroismo cristiano che la Chiesa ha sempre insegnato, e al quale la storia deve i suoi momenti più saggi, più splendidi e più propizi al bene spirituale e temporale degli uomini.

Statua del Cid Campeador (Burgos, Spagna)

*     *     *

Oggi, però, non mi voglio porre su questo piano, ma su di un altro assolutamente meno elevato, ma degno della più seria attenzione.

Chiedo: gli uomini non dispongono di un mezzo per evitare nello stesso tempo la distruzione atomica e la catastrofe della resa al comunismo?

Ho fra mani uno studio sostanzioso sul mezzo a mio modo di vedere tale da portare con grandissima probabilità a questo felice risultato. Si tratta di The grain weapon, di Dermot Healy, tesi di dottorato presentata dall’autore presso la università di Aberdeen, in Scozia (1).

In sintesi, l’autore sostiene - e prova - che:

a. i dirigenti russi si sono sempre mostrati molto sensibili alla minaccia dell’embargo della fornitura di cereali, fatta dagli Stati Uniti. Infatti, la produzione alimentare dei sovietici è insufficiente, tanto per la popolazione quanto per gli stessi animali;

b. l’embargo porterebbe con sé necessariamente un pauperismo generalizzato, con le sue conseguenti manifestazioni di scontento, scioperi, agitazioni, ecc.

Se questo embargo si prolungasse, penso che la caduta del regime sarebbe inevitabile. E... lo spettro del bombardamento atomico si allontanerebbe. Di conseguenza - noto - l’alternativa tra capitolazione oppure morte cadrebbe in pezzi.

Quali sono gli ostacoli a che si adotti questa politica tanto salutare? Dermont Healy enumera i seguenti:

a. la pressione sul Congresso di tutte le grandi associazioni di produttori nordamericani di cereali, desiderosi di aumentare le loro vendite in Russia;

b. la eccessiva sensibilità dei presidenti nordamericani di fronte a queste pressioni;

c. anche la pressione delle grandi compagnie private che monopolizzano quasi le esportazioni di cereali degli Stati Uniti. Queste compagnie violerebbero l’embargo;

d. sospeso il rifornimento nordamericano, i russi ricorrerebbero ad altri paesi esportatori di cereali. E l’embargo americano diventerebbe inefficace.

A questo proposito, noto come la causa unica dell’insuccesso di questo embargo sta nella avidità di guadagno di mastodontiche compagnie capitalistiche. Ossia, per aumentare i loro guadagni, e quindi il loro capitale, tali compagnie non esitano a fornire mezzi di vittoria al nemico inesorabile di tutte le forme e gradazioni di capitalismo e di guadagno. In materia di suicidio, niente di più folle e di più rifiutabile.

Accanto a questo esempio deplorevole, Dermont Healy fa anche riferimento a un fatto realmente edificante: l’unica opposizione rilevante alla vendita di cereali è stata fatta dal sindacato degli scaricatori nordamericani, che, per un certo periodo, si sono rifiutati di caricare granaglie destinate alla Russia.

Questi lavoratori hanno mostrato più buon senso e una migliore nozione dei loro doveri e dei loro diritti della borghesia danarosa, per nulla ostile al comunismo, ma molto ostile all’anticomunismo.

La borghesia danarosa e progressista, sempre la borghesia danarosa e progressista distrugge infaticabilmente sé stessa, indifferente oppure persino ostile a coloro che, come gli scaricatori, cercano di difendere l’ordine di cose senza il quale la borghesia danarosa e progressista... non potrebbe neppure essere borghesia danarosa e progressista! 

(1) Cfr. Dermont Healy, The grain weapon, Contreprieces, n. 1, 1982, 50 pp. 

(*) Titolo originale: "Os sapos... até quando os sapos?", Cristianità, Piacenza, Anno XI, n. 101-104, novembre-dicembre 1983, pag. 20. I grassetti sono del sito www.pliniocorreadeoliveira.info


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