1960-06 – Accoglienza di Osvaldo Lira Pérez SS.CC. su “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”

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Dall’opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, Edizione del cinquantenario (1959-2009), Presentazione e cura di Giovanni Cantoni, Sugarco Edizioni, pag. 455-460

Osvaldo Lira Pérez SS.CC. *1)

Plinio Corrêa de Oliveira, Revolución y Contra-Revolución, Ediciones Cristiandad, Barcellona 1959 (2)

Il dottor Plinio Corrêa de Oliveira è una delle figure più importanti del movimento brasiliano denominato Catolicismo, che edita la rivista omonima. Proprio come nelle pagine della rivista citata, nell’opera che ora ci accingiamo a commentare brevemente, più brevemente di quanto vorremmo, si manifesta un atteggiamento fortemente, decisamente, assolutamente cattolico. Se tratta di una piccola grande opera. Ridotta nelle dimensioni di solamente centotrenta pagine, costituisce uno sguardo profondo e globale sui mali che affliggono il nostro tempo e che sono venuti affliggendo la civiltà cristiana quasi dai suoi primi momenti iniziali sulla faccia della terra. Inoltre, se non erriamo, è l’unico sguardo di questo tipo che sia stato lanciato su questo insieme di fenomeni. Siamo abituati, troppo abituati, a fare riferimento a opere più o meno profonde oppure più o meno superficiali, nelle quali ci viene offerta l’analisi, certo dettagliata però non straordinaria, di questa o di quella rivoluzione; ma non la visione profonda, perché totalizzante e unificante, di che cos’è la Rivoluzione con la maiuscola.

Tuttavia questo modo di vedere, straordinario in quanto insolito, è l’unico che ci può fornire un’informazione precisa, specifica e, di conseguenza, utile per la linea di condotta senza scoraggiamenti che dobbiamo adottare da cristiani sulle rivoluzioni considerate nel loro insieme. In altre parole, sulla Rivoluzione. Già dalle prime pagine della sua opera, Corrêa de Oliveira situa il problema su basi solide, inamovibili. «Questo nemico terribile — ci dice — ha un nome: si chiama Rivoluzione. La sua causa profonda è un’esplosione di orgoglio e di sensualità che ha ispirato non diciamo un sistema, ma tutta una catena di sistemi ideologici. Dall’ampia accettazione data a questi nel mondo intero, sono derivate le tre grandi rivoluzioni della storia dell’Occidente: la Pseudo-Riforma, la Rivoluzione Francese e il comunismo» (3). E alla fine dell’opera concretizza questa causa nelle seguenti parole rivelatrici: «Il serpente, il cui capo fu schiacciato dalla Vergine Immacolata, è il primo, il grande, il perenne rivoluzionario, ispiratore e fautore supremo di questa Rivoluzione come di quelle che l’hanno preceduta e di quelle che la seguiranno. Maria è, dunque, la patrona di quanti lottano contro la Rivoluzione» (4).

Questa affermazione non sarebbe particolarmente originale se non fosse stata preceduta dall’analisi minuziosa ed eccezionalmente acuta delle manifestazioni di questa unica e grande Rivoluzione. I suoi caratteri, secondo Corrêa de Oliveira, sono due: l’ugualitarismo e il liberalismo. Verso l’ugualitarismo la Rivoluzione si vede trascinata da un orgoglio che porta all’odio verso ogni superiorità e, pertanto, all’affermazione che la disuguaglianza è, in sé stessa, un male, a tutti i livelli, compreso e principalmente su quello metafisico e religioso. E al liberalismo si vede avvicinata da una sensualità che, di per sé, tende ad abbattere tutte le barriere, a non accettare freni e a ribellarsi contro ogni legge o autorità, sia divina o umana, ecclesiastica o civile. Ora, quanto alle modalità concrete in cui si manifesta, ci appare come universale, unica, totale, dominante e sottoposta a un processo più o meno prolungato di svolgimento, esacerbazione e virulenza progressiva capace, grazie alla varietà fisionomica in cui prende corpo ordinariamente, di sconcertare gli spiriti più accorti.

È veramente causa di soddisfazione vedere come il dottor Corrêa de Oliveira viene applicando con logica ferrea questo unico processo rivoluzionario a tutti i settori della vita umana, tanto della vita civica come di quella ecclesiastica. Lo spirito ugualitario ha il risultato, in primo luogo, di sopprimere ogni disuguaglianza di tratto fra gli uomini e Dio, da cui provengono il panteismo, l’immanentismo e tutte le forme esoteriche di religione, il cui obiettivo ultimo è «colmare questi ultimi [gli uomini] di prerogative divine» (5). Anzitutto, nella sfera ecclesiastica, sopprimere il sacerdote dotato dei poteri di ordine, magistero e governo o, almeno, il sacerdozio gerarchico. Inoltre tende all’uguaglianza fra le diverse religioni con uguale trattamento per tutte, nella sfera politica, con la soppressione o con l’attenuazione della disuguaglianza fra governanti e governati, dal momento che il potere non viene da Dio ma dalla massa; nella sfera sociale, con la soppressione delle classi, in special modo di quelle che si perpetuano per via ereditaria; nella sfera economica, con la soppressione della proprietà privata, del diritto di ciascuno al frutto completo del proprio lavoro e alla scelta della professione; negli aspetti esteriori dell’esistenza, con la soppressione di ogni varietà relativa ad abiti, abitazioni, mobili, costumi e così via; nelle anime, con lo sradicamento, per opera di una propaganda abilissimamente diretta, di tutte le peculiarità psicologiche, comprese quelle che separano e differenziano i due sessi fra loro, o i giovani dai vecchi o i padroni e i dipendenti, insegnati e alunni, sposo e sposa, genitori e figli, e così via; nell’ordine internazionale, con la soppressione di tutti gli Stati e l’instaurazione di un unico e mostruoso Stato internazionale, con la soppressione di ogni espressione di regionalismo all’interno del proprio paese. Da ultimo, l’ugualitarismo rivoluzionario manifesta, e deve necessariamente manifestare, un odio sommo a Dio, irriducibilmente disuguale agli uomini.

D’altro canto, Corrêa de Oliveira ci mostra come si trovano coniugati l’ugualitarismo e il liberalismo, in apparenza tanto contraddittori, per opera della sensualità. Sopprimendo ogni gerarchia nell’anima, il liberalismo coincide con l’ugualitarismo, dal momento che, dal suo prurito di proclamare all’impazzata una libertà esorbitante deriva che solo vuole la libertà per il male con il conseguente stato di schiavitù per il bene. Perciò la Rivoluzione nega il peccato e la Redenzione, concependo un individuo e delle masse irreprensibili e immacolate, e, nello stesso tempo, dirige il proprio odio contro le forze armate considerate in sé stesse — in attesa d’istituirne altre a propria immagine e somiglianza — in quanto espressione di tutta una serie di virtù assolutamente contrarie allo spirito rivoluzionario.

Dall’indole della Rivoluzione si può concepire chiaramente quella della Contro-Rivoluzione.

Fin da subito dev’essere chiaro che la Contro-Rivoluzione non è il semplice ritorno al passato perché il tempo non è né può essere reversibile. La Contro-Rivoluzione, come indica il suo nome, è la lotta contro la Rivoluzione. Siccome è evidente che non possiamo lottare fra le nuvole né contro fantasmi e che, grazie al carattere realista della nostra contesa, dobbiamo condurla contro la Rivoluzione in concreto, così come esiste ai nostri giorni. Di conseguenza, pure con armi e con procedimenti strategici propri e peculiari dei nostri giorni. Bisogna restaurare la pace di Cristo nel Regno di Cristo: questo è l’aspetto reazionario del1a Contro-Rivoluzione, spogliando il termine «reazionario» di tutta la ganga di significati illegittimi e deviati dei quali lo è venuto coprendo un uso tanto ottuso quanto indiscriminato. Ma si deve adattare detto Ordine, la pace di Cristo nel Regno di Cristo, alle condizioni attuali, perciò dovrà naturalmente differire solo nelle sue caratteristiche accidentali dall’Ordine regnante prima della Rivoluzione.

Corrêa de Oliveira riduce queste differenze accidentali a tre tipi principali (6):

1°. Un profondo rispetto dei diritti della Chiesa e del Papato, e una santificazione, in tutta l’estensione possibile, dei valori della vita temporale, in opposizione al laicismo, all’interconfessionalismo, all’ateismo e al panteismo, così come alle loro rispettive scuole.

2°. Un spirito gerarchico che segna tutti gli aspetti della società e dello Stato, della cultura e della vita, in opposizione alla metafisica ugualitaria della Rivoluzione.

3°. Una diligenza nell’identificare e nel combattere il male nelle sue forme embrionali o velate, nel fulminarlo con esecrazione e nota d’infamia, e nel colpirlo con incrollabile fermezza in tutte le sue manifestazioni, e particolarmente in quelle che attentano all’ortodossia e alla purezza dei costumi, il tutto per opposizione alla metafisica liberale della Rivoluzione e alla tendenza di questa a dare libero corso e protezione al male.

Perciò la Contro-Rivoluzione è tradizionalista e conservatrice; non conservatrice dello pseudo-ordine attuale dello Stato ateo e della dissoluzione familiare, ma dell’insieme delle tradizioni autenticamente cristiane. Perciò è anche progressista nell’autentico senso della parola, dal momento che servirsi dei valori naturali secondo la Legge di Dio. Chi dice progresso, dice, anzitutto e soprattutto, progresso nell’ordine dei valori spirituali. Dal momento che la Contro-Rivoluzione li proclama come necessari e cerca di restaurarli in tutta la loro purezza, deve offrirceli come l’espressione autentica del vero progresso.

Quanto alla tattica che deve sviluppare, non possiamo fare a meno di citare testualmente le seguenti parole: «Quest’azione [quella contro-rivoluzionaria] dev’essere fatta anzitutto su scala individuale. Niente è più efficace della presa di posizione contro-rivoluzionaria franca e coraggiosa di un giovane universitario, di un ufficiale, di un professore, soprattutto di un sacerdote, di un aristocratico o di un operaio influente nel suo ambiente. La prima reazione che otterrà sarà, a volte, d’indignazione. Ma se persevererà per un tempo più o meno lungo, a seconda delle circostanze, vedrà a poco a poco manifestarsi dei compagni» (7). Come si vede, il pensiero del dottor Corrêa de Oliveira non batte le vie facili della dissimulazione o di quella famosa ed esasperante tolleranza di cui continuano a dare tanto e tanto funeste prove i cattolici contemporanei, che sono affetti da liberalismo o da relativismo filosofico, molto più perverso di quello economico benché sempre necessariamente connesso con quello come la causa al proprio effetto specifico o, meglio, a uno dei suoi effetti propri.

Naturalmente, come non poteva fare a meno di succedere, la forza propulsiva dell’opera contro-rivoluzionaria è situata dall’autore nella vita soprannaturale. Lo spirito anticristiano dev’essere vinto con lo spirito cristiano. E lo spirito cristiano non consiste nella semplice concettualizzazione dei dogmi rivelati, ma nella loro consapevolezza adeguata. Cioè, nella loro consapevolezza soprannaturale. Prius vita quam doctrina (8). A questo prezzo, il dinamismo della Contro-Rivoluzione è incomparabilmente superiore a quello della Rivoluzione, secondo le parole di san Paolo citate dall’autore a pagina 115 del suo lavoro: «Omnia possum in eo qui me confortat» (9) (Philip. IV, 13). Su questo presupposto totalizzante, molto simile alla convinzione che la radice rivoluzionaria non è la miseria economica, per quanto si dica e si proclami con insistenza tanto seccante quanto incapace di capire le dimensioni della Rivoluzione, potranno svilupparsi tutte le tattiche adeguate. Sempre fondando sulla convinzione che non si dev’essere mai «anti» per fine o per obiettivo ma per conseguenza.

La lettura di questa preziosa operetta del dottor Corrêa de Oliveira determinerà e riscalderà i tiepidi e comunicherà energie, ed energie sante, a quanti sono decisi a combattere per la verità con tutte le forze della loro anima. Voglia Dio che il bene che possa produrre si conformi in tutto ai desideri nobilissimi del suo autore.

Note: 

(1) Osvaldo Lira Pérez SS.CC. (1904-1996), sacerdote e religioso — della Congregazione dei Sacri Cuori — cattolico cileno. Per 66 anni è stato professore di filosofia fra l’altro all’Universidad Católica de Chile, a Santiago de Chile, e all’Universidad Católica di Valparaíso. Considerato uno dei più brillanti intellettuali cileni del suo tempo, gli si ricosce una parte di rilievo nella conformazione ideologica e politica del suo paese durante la seconda metà del secolo XX. Da posizioni tomiste ha trattato problemi di estetica, dei rapporti fra cattolicesimo e democrazia, dei diritti umani e così via (ndc).

(2) Recensione comparsa in Finis Terrae. Revista TrimestralPublicación del Departemento de Extensión Cultural de la Universidad Católica de Chile, anno VII, n. 26, Santiago de Chile 2° trimestre del 1960, pp. 90-93. (ndc).

(3) [Plinio Corrêa de Oliveira, Revolución y Contra-Revolución, Ediciones Cristiandad, Barcellona 1959,] p. 9.

(4) [Ibid.,] p. 135.

(5) [Ibid.,] p. 55.

(6) [Cfr.] pp. 84-85.

(7) [Ibid.,] p. 94.

(8) [Prima la vita della dottrina (Responsio Chrysostomi: quia prius vita, quam doctrina: vita enim ducit ad scientiam veritatis, Risposta del Crisostomo [Giovanni Crisostomo o Giovanni d’Antiochia (344/354 ca.-407)]: perché prima viene la vita e poi la dottrina: la vita infatti conduce alla conoscenza della verità (san Tommaso, Super Evangelium S. Matthaei lectura, con inserta ex commentario Petri de Scala [Petrus de Scala O.P. (m. 1295).]

(9) [«Tutto posso in Colui che mi dà forza» (Fil. 4, 13).]

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