"Cristianità" (www.alleanzacattolica.org), Piacenza, 1991

"Legionario", 18-4-1943

 

"Via Crucis"

Plinio Corrêa de Oliveira

 

I Stazione

Gesù è condannato a morte

I tuoi nemici, Signore, hanno cospirato contro di te. Senza grande sforzo hanno sollevato la plebaglia ingrata, che ora ribolle di odio contro di te. L'odio. E' quanto ti circonda da ogni parte, ti avvolge come una densa nube, si scaglia contro di te come un buio e freddo temporale. Odio gratuito, odio furioso, odio implacabile: non si sazia di umiliarti, di colmarti di obbrobri, di riempirti di amarezza; i tuoi nemici ti odiano al punto da non sopportare più la tua presenza fra i vivi, e vogliono la tua morte. Vogliono che tu scompaia per sempre, che ammutolisca il linguaggio dei tuoi esempi e la saggezza dei tuoi insegnamenti. Ti vogliono morto, annientato, distrutto. Solo così riusciranno a placare il turbine di odio che si leva nei loro cuori.

Anche secoli prima della tua nascita, già il profeta prevedeva questo odio suscitato dalla luce delle verità che avresti annunciato, dal fulgore divino delle tue virtù: "Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho disgustato?" (Mic. 6, 3). E interpretando i tuoi sentimenti, la sacra liturgia grida agli infedeli di ieri e di oggi: "Che cosa avrei dovuto fare per te, e non l'ho fatto? Ti ho piantato come una vigna scelta e preziosa: e tu ti sei trasformato in una eccessiva amarezza per me; nella mia sete mi hai dato da bere aceto, e hai trapassato con una lancia il costato del tuo Salvatore" (Improperi).

L’odio levatosi contro di te è stato tanto forte che la stessa autorità di Roma, che giudicava il mondo intero, si piegò vigliaccamente, si ritirò e cedette davanti all'odio quanti ti volevano uccidere senza ragione alcuna. L'alterigia romana, vittoriosa sul Reno, sul Danubio, sul Nilo e sul Mediterraneo, è annegata nel bacile di Pilato.

"Christianus alter Christus", il cristiano è un altro Cristo. Se fossimo realmente cristiani, cioè realmente cattolici, saremmo altri Cristi. E inevitabilmente deve soffiare anche contro di noi furiosamente il turbine di odio che si è levato contro di te.

E soffia, Signore! Abbi compassione, mio Dio, e dà forza al povero ragazzo che, in collegio, è odiato dai suoi compagni perché confessa il tuo nome e rifiuta di profanare l'innocenza delle proprie labbra con parole impure. L'odio, sì. Forse non l'odio nella forma di un'invettiva grossolana e feroce, ma nella forma terribile dello scherno, dell'isolamento, del disprezzo. Dà forza, mio Dio, allo studente che esita a proclamare il tuo nome in piena classe, di fronte a un professore empio e ai compagni che lo deridono. Dà forza, mio Dio, alla ragazza che deve proclamare il tuo nome rifiutando di vestire gli abiti imposti dalla moda, perché per la loro stravaganza o la loro immoralità non si accordano con la dignità di una cattolica autentica. Dà forza, mio Dio, all'intellettuale che vede chiudersi davanti a se le porte della notorietà e della gloria perché predica la tua dottrina e confessa il tuo nome. Dà forza, mio Dio, all'apostolo che subisce l'aggressione impietosa degli avversari della tua Chiesa, e l'ostilità mille volte più penosa di molti che sono figli della luce, solo perché non consente alle diluizioni, alle mutilazioni, alle unilateralità con cui i "prudenti" comprano la tolleranza del mondo per il loro apostolato.

Mio Dio, come sono sapienti i tuoi nemici! Sentono che nel linguaggio di questi prudenti si dice fra le righe che non odi né il male, né l'errore, né le tenebre. E allora applaudono i prudenti secondo la carne, come ti avrebbero applaudito a Gerusalemme, invece di ucciderti, se ti fossi rivolto a quelli del Sinedrio con lo stesso linguaggio.

Signore, dacci forza, non vogliamo né patteggiare, né battere in ritirata, né transigere, né diluire, né permettere che si scolori sulle nostre labbra la divina integrità della tua dottrina. E se su di noi si abbatte un diluvio di impopolarità, la nostra preghiera sia sempre quella della sacra Scrittura: "Ho scelto di essere abbietto nella casa del mio Dio, piuttosto che abitare nei padiglioni dei peccatori" (Sal. 83, 11).

 

II stazione

Gesù accetta la croce dalle mani dei carnefici

Ma per questo, Signore, ci vuole pazienza. Pazienza con la quale, a braccia incrociate e con cuore rassegnato, si lascia cadere il diluvio sul proprio capo. Pazienza è la virtù per la quale si soffre in vista di un bene maggiore. Quindi pazienza è la capacità di soffrire per il bene. Ha bisogno di pazienza il malato che, oppresso da un male incurabile, accetta con rassegnazione il dolore ché gliene deriva. Ha bisogno di pazienza chi, si piega sui dolori altrui, per consolarli come consolasti, Signore, quanti venivano a te. Ha bisogno di pazienza chi si dedica all'apostolato con carità invincibile, attirando amorevolmente a te le anime che vacillano sulle vie dell'eresia o nel pantano della concupiscenza. Ha bisogno di pazienza anche il crociato che prende la croce e va a lottare contro i nemici della santa Chiesa. È una sofferenza prendere l'iniziativa della lotta, formare e sostenere in sé stessi sentimenti di pugnacità, di energia, di combattività, vincere l'indifferentismo, la mediocrità, la pigrizia, e lanciarsi come un degno discepolo di colui che è il Leone di Giuda sull'empio insolente che minaccia il gregge del nostro Signore Gesù Cristo. Sublime pazienza di quanti lottano, combattono, prendono l'iniziativa, si fanno avanti, parlano, proclamano, consigliano, ammoniscono e sfidano da soli tutta la superbia, tutta la spocchia, tutta l'arroganza del vizio insolente, del difetto elegante, dell'errore simpatico e popolare!

Tu, Signore, sei stato un modello di pazienza. Tuttavia la tua pazienza non è consistita nel morire schiacciato sotto la croce quando te l'hanno data. Una pia rivelazione racconta che quando ricevesti dalle mani dei carnefici la tua croce, la baciasti amorosamente e, prendendola sulle spalle, con invincibile energia la portasti fin sulla cima del Golgota.

Dacci, Signore, questa capacità di soffrire. Di soffrire molto. Di soffrire tutto. Di soffrire eroicamente, non solo sopportando la sofferenza, ma andandole incontro, cercandola e caricandocene fino al giorno in cui avremo la corona della vittoria eterna.

 

III stazione

Gesù cade per la prima volta sotto la croce

È facile parlare di sofferenza. Difficile è soffrire. Tu l'hai provato, Signore. Com'è diverso dall'eroismo fatuo e artificiale di tanti soldati delle tenebre il tuo divino eroismo, Signore! Tu non hai sorriso in faccia al dolore. Non fosti, Signore, di quelli che insegnano che si passa la vita sorridendo. Quando giunse la tua ora, hai avuto paura. Ti sei turbato, hai sudato sangue di fronte alla prospettiva della sofferenza. E la consacrazione del tuo eroismo è in questo diluvio di timori, purtroppo assolutamente fondati. Hai vinto le grida più imperiose, le sollecitazioni più forti, i terrori più atroci. Tutto si è piegato di fronte alla tua volontà umana e divina. Su tutto si è levata la tua inflessibile determinazione di fare quello per cui eri stato inviato dal Padre tuo. E quando portavi la tua croce sulla via dell'amarezza, più di una volta le forze naturali vennero meno. Sei caduto perché non avevi forza. Sei canuto, ma non ti sei lasciato cadere se non quando era assolutamente impossibile proseguire il cammino. Sei caduto, ma non sei tornato indietro. Sei caduto, ma non hai abbandonato la croce. L'hai tenuta con te, come espressione visibile e tangibile del tuo proposito di portarla sulla cima del Golgota. Mio Dio, dacci grazie perché nella lotta contro il peccato, contro gli infedeli, possiamo forse cadere sotto la croce, ma senza mai abbandonare né il cammino del dovere, né l'arena dell'apostolato. Senza la tua grazia, Signore, non possiamo nulla, assolutamente nulla. Ma se corrisponderemo alla tua grazia potremo tutto. Signore, vogliamo corrispondere alla tua grazia.

 

IV stazione

Maria Santissima va incontro a Gesù

Portare la croce significa, molto spesso, rinunciare. Rinunciare anzitutto a quanto è illecito, a quanto è peccaminoso. Ma rinunciare anche, e spesso, a quanto, pur essendo lecito e perfino mirabile in sé, diventa cattivo o meno perfetto in conseguenza di determinate circostanze.

Sulla via della tua Passione, Signore, hai dato un terribile esempio, un luminoso e mirabile esempio di rinuncia a quanto è lecito. Che cosa vi è di più lecito, Signore, delle carezze, dell'affetto della tua santissima Madre? Tutto quanto sappiamo di lei è che, per quanto ne sappiamo, non ne sapremo mai tutto, tale è l'oceano sconfinato di perfezioni e di grazie che contiene. Tua Madre, Signore, è sul tuo cammino. Ella ti vuole consolare. Ella vuole consolarsi con te. Guardala. E' assolutamente legittimo che ti felini lungo la via dolorosa consolandoti e consolandola. Ma, dopo questo rapido colloquio, arriva il momento della separazione. Che dolore straziante! E' necessario che vi separiate l'uno dall'altra. Né ella né tu, Signore, temporeggiate. Il sacrificio segue il suo corso. Ed ella rimane al margine della via... E' meglio non dire come, vedendoti allontanare lentamente, versando sangue, con passo incerto e vacillante, verso l'ultimo e supremo sacrificio. Maria ha pena di te. Ti segue con lo sguardo vedendoti solo, in mano a carnefici e a nemici. Chi ti consola? Quale volontà irresistibile, entusiasmante, enorme di seguire i tuoi passi, di dirti parole di affetto che soltanto ella ti sa dire, di proteggere il tuo corpo divino, di interporsi fra i carnefici e te e, prostrata come chi implora un'elemosina inestimabile, supplicare per sé un poco dei colpi che ti danno, pensando che così ti feriscano un Po meno, non ti battano tanto la carne innocente. Cuore di Madre, quanto hai sofferto in quel momento!

Madri di sacerdoti, madri di missionari, madri di religiose, quando sentite il peso di una separazione tanto crudele, pensate a Maria Santissima, la quale ha lasciato che il suo divin Figlio proseguisse solo il cammino che gli aveva tracciato la volontà di Dio. E chiedete che ella consoli il vostro felice dolore.

Ma vi sono, mille e mille volte infelici, altre madri abbandonate. Madri di empi, madri di libertini, madri di peccatori, anche voi restate sole, talora, sulla via del dolore, mentre i vostri figli corrono sulle vie della perdizione. Chiedete alla Madonna di consolarvi, di darvi coraggio e perseveranza, e di offrire parte del dolore sofferto in questa occasione perché i vostri figli possano un giorno ritornare a voi. Pensate alla santa Vergine e non disperate mai. Per i vostri figli traviati la Madonna sarà la Stella Maris, che presto o tardi li ricondurrà al porto.

 

V stazione

Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce

Simone di Cirene veniva da lontano. Non sapeva cos'erano la confusione, il chiasso, il vociare che talora il vento portava fino a lui. Probabilmente si trattava di una grande festa, tante erano le risa, le grida, le voci che si facevano udire in un'animata successione. Si avvicinò. Forte, giovane, pieno di vita, sembrava in un certo senso l'antitesi del povero essere con la tunica bianca - la tunica dei pazzi -, con la corona di spine, tutto insanguinato, un lebbroso coperto di piaghe che pazientemente e lentamente trascinava la croce. Il contrasto fornì ai carnefici l'ispirazione. Lo presero per aiutare Cristo nostro Signore a portate la croce. Il Cireneo accettò. All'inizio forse perché costretto. Poi per pietà. E rimasto nella storia e, cosa ancor più importante, ha conquistato per sé il regno dei cieli.

Com'è frequente questa scena! Sul cammino della nostra vita vediamo la Chiesa che passa, perseguitata, colpita, calunniata, odiata e, mio Dio, talora perfino tradita da molti che si dicono figli della luce soltanto per poter propagare meglio le tenebre. Vediamo tutto questo. In apparenza la Chiesa è debole, vacillante, talora agonizzante. In realtà essa è divinamente forte, come Gesù. Ma noi con gli occhi della carne vediamo soltanto la debolezza. E siamo così miopi con gli occhi della fede che discerniamo a fatica l'invincibile forza divina che la conserverà per sempre. La Chiesa sta per essere sconfitta.

Sta per morire. Porrò al servizio di questa perseguitata, di questa calunniata, di questa sconfitta, l'esuberanza delle mie forze, della mia giovinezza, del mio entusiasmo? Mai! Allontaniamoci. Non siamo Cirenei. Curiamo solo e soltanto i nostri interessi. Saremo prosperi avvocati, ricchi commercianti, ingegneri arrivati, medici con una buona clientela, giornalisti illustri o professori prestigiosi. E solo il giorno del giudizio capiremo quanto abbiamo perso quando la santa Chiesa è passata sulla nostra strada e noi non l'abbiamo aiutata!

Apostolato, apostolato, apostolato! Apostolato saturo di preghiera, impregnato di sacrificio. Questo è il mezzo con cui dobbiamo essere Cirenei della santa Chiesa.

Mio Signore, facci essere fedeli a questa grazia quanto lo stesso Cireneo.

Beato Cireneo, prega per noi.

 

VI stazione

La Veronica asciuga il volto di Gesù

Tutti ridevano di te, mio Signore, tutti ti ferivano, ti oltraggiavano. Il tuo volto divino, una volta raggiante di bellezza, è ora completamente sfigurato. Esprime soltanto il dolore nella sua forma più acuta, più pungente.

Agli occhi di questa moltitudine disordinata che parte avrebbe chi ti consolasse, chi prendesse partito per te, chi si dichiarasse tuo? Attirerebbe su di sé molto dell'odio, del disprezzo, dell'umiliazione lanciati su di te come un torrente impetuoso dall'intimo di quei cuori induriti e, ancora di più, da tutte le strade, piazze e vicoli della città deicida.

La Veronica ha visto tutto questo. Ma non ha avuto paura. Ti si è avvicinata. Ti ha consolato. E - che divina ricompensa! - il tuo divino volto è rimasto per sempre stampato sul velo con cui l'ha voluto asciugare.

Mio Dio, ti voglia il mio cuore sempre consolare. E in modo speciale quando tutti si vergognano di te, dammi la forza di consolarti, proclamandoti ad alta voce e a chiare lettere mia divino re.

Come ricompensa voglio soltanto avere il tuo volto stampato nel mio cuore.

 

VII stazione

Gesù cade per la seconda volta

Sei caduto un'altra volta, divino Signore. Com'è duro il cammino della croce! È stato durissimo per te. Sarà durissimo anche per i tuoi seguaci.

Vi sono momenti in cui le vie per noi sembrano tutte chiuse, il cielo si oscura, le speranze scompaiono, i timori popolano di neri fantasmi la nostra immaginazione. Le forze cominciano a indebolirsi. Non ne possiamo più. Anche se cadiamo sotto la croce, mio Dio, ti supplichiamo ancora, per le tue viscere misericordiose, per il tuo Sacro Cuore, per l'amore che porti a tua Madre, per i dolori crudelissimi che hai sofferto in questa occasione, non permettere che abbandoniamo la via della sofferenza e della virtù, e che gettiamo lontano da noi la croce. Soccorrici allora, Signore nostro misericordioso, perché vogliamo soltanto compiere interamente il nostro dovere.

Ma ascolta; Dio benigno, la supplica della nostra debolezza. Per le tue grandi sofferenze, per la sovrabbondanza dei tuoi meriti infiniti addolcisci, se possibile, la nostra sofferenza, rendi più leggera la nostra croce, sii tu stesso il nostro misericordioso Cireneo, per quanto lo permettano la nostra santificazione e i supremi interessi della tua gloria. Te lo chiediamo, Signore, per l’onnipotente intercessione di tua Madre.

 

VIII stazione

Gesù parla alle figlie di Gerusalemme

Hai avuto la Veronica, Signore, e la straordinaria, benché amarissima, consolazione di tua Madre. E a questo punto altre donne si avvicinano a te. Piangono, gemono, hanno pietà di te!

Come si chiamavano queste brave donne? Il Vangelo non lo dice. Come le trattarono i soldati e la plebaglia che ti martirizzavano? Anche questo il Vangelo non lo dice. È certo che se avessero parlato il linguaggio dei nostri giorni, avrebbero esclamato: Bigotte...

Bigotte! Quante volte questa parola è pronunciata con disprezzo b con durezza, per indicare le persone che si segnalano e si distinguono per la loro assiduità ai piedi dei tuoi altari spesso abbandonati, nella frequenza alle cerimonie religiose durante le quali, talvolta, senza di loro le chiese sarebbero state quasi vuote. Con la pioggia o con il bel tempo, eccole che passano furtive nell'oscurità dell'alba o del crepuscolo, con passo frettoloso. Vanno in chiesa. Molte vanno di fretta, perché devono lavorare o in casa o fuori. Pregano. E la loro preghiera è forse tanto gradita che senza quella che in senso peggiorativo e ingiustamente si è soliti chiamare bigotteria, sarebbe molto più infelice qualsiasi grande città di peccatori dei nostri giorni.

Potranno forse esservi eccesso, abuso, cattiva comprensione di molte cose. Ma perché generalizzare? Perché guardare soltanto le mancanze, senza vedere la luce di questa pietà perseverante e inestinguibile? Quanto oro in questa ganga! E quando, dopo aver osservato così queste anime, fra le quali molte hanno grandi meriti, si sentono certe dotte declamazioni contro la bigotteria, si ha voglia di dire dei declamatori: Signore, quanta ganga in questo oro!

Quest'autentica bigotteria, questa bigotteria genuina e sincera è già stata ai piedi della croce piangendo e gemendo. E quanta gente a cui piace dire che Giuda non è all'inferno, ma che vi vanno certamente le bigotte, rimarrà stupita il giorno del giudizio finale!

Signore, accetta e benedici le preghiere che ti furono dirette durante la tua Passione. Tu desti alle pie donne la loro vocazione: "Piangete". La loro grande vocazione è la vocazione di piangere per i castighi che giusti e innocenti soffrono in conseguenza dei peccati collettivi. Questo pianto, Signore, che tu stesso hai sollecitato, serva perché le tue chiese siano rigurgitanti di autentici devoti, cioè di santi di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, nobili, ricchi, potenti, poveri, miseri, infelici. Signore, conquista e attira a te tutte le anime, con le preghiere, l'esempio e le parole delle anime fedeli, indefettibilmente fedeli.

 

IX stazione

Gesù cade per la terza volta

Vi sono misteri che il tuo santo Vangelo non narra. E fra questi mi piacerebbe sapere se mi sbaglio supponendo che questa tua terza caduta sia stata fatta, mio Signore, per espiare e salvare le anime dei prudenti.

La prudenza è la virtù con la quale scegliamo i mezzi adeguati per raggiungere il fine cui miriamo. Perciò i grandi atti di eroismo possono essere tanto prudenti quanto le ritirate strategiche. Se il fine è vincere, nel novanta per cento dei casi è più prudente avanzare che ritirarsi. Non è altro la virtù evangelica della prudenza.

Tuttavia... s'intende la prudenza solo come l'arte di ritirarsi. E così la ritirata sistematica e metodica è diventata l'unico atteggiamento riconosciuto come prudente da molti tuoi amici, mio Signore.

E perciò ci si ritira molto... La realizzazione di una grande opera per la tua gloria è molto penosa? Ci si ritira per prudenza. La santificazione è molto dura? L'ascesa nella virtù moltiplica le lotte invece di placarle? Ci si ritira nei pantani della mediocrità per evitare, per prudenza; grandi catastrofi. La salute è in pericolo? Si abbandona, per prudenza, tutto o quasi tutto l'apostolato, si rende mediocre la vita interiore, e si trasforma il riposo nel supremo ideale della vita, perché la vita è stata fatta anzitutto per essere lunga. L'ideale diventa vivere a lungo invece di vivere bene. L'elogio non sarebbe più quello della Scrittura: "Perfezionatosi in breve, compì una lunga carriera" (Sap. 4, 13). Sarebbe, al contrario, "ebbe una lunga vita, perché ebbe la saggezza di rinunciare a fare una grande carriera nelle vie dell'apostolato e della virtù". Vite lunghe, opere piccole.

E la tua prudenza come fu, modello divino di tutte le virtù? Quanti amici hai che ti avrebbero consigliato di rinunciare quando cadesti la prima volta? La seconda volta sarebbero legione. E, vedendoti cadere per la terza volta, quanti non ti avrebbero abbandonato scandalizzati trovandoti temerario, privo di buon senso, intenzionato a infrangere i manifesti disegni di Dio!

Questo momento della tua Passione, Signore, ci dia grazie per essere invincibilmente costanti nel bene, conoscendo perfettamente la via dell'autentico eroismo, che può giungere ai suoi limiti più estremi e più sublimi senza mai confondersi con una vile e presuntuosa temerarietà.

 

X stazione

Gesù è spogliato delle vesti

Non ti sarebbe stato risparmiato questo supremo affronto, mio Dio. Quel corpo divinamente casto che la Vergine santissima aveva sempre protetto con le fasce e con le tuniche che gli confezionava, quel corpo; indicibilmente puro doveva restare esposto a tutti gli sguardi!

Mio Dio, come non supporre che tu abbia espiato in modo particolare a questo punto i peccati contro la castità? Il martirio della nudità è enorme per un'anima pura. Vi fu un tempo in cui, a Cartagine, le cristiane condotte nel circo, dopo aver, vinto miracolosamente le belve, furono dai magistrati sottoposte a un martirio ancora maggiore, perché furono esposte nude di fronte al pubblico, poiché sapevano che avrebbero preferito mille volte morire straziate dalle belve. E avevano ragione. Se così soffrivano le martiri, come soffristi tu, mio Dio?

E se il tuo divino orrore per l'impurità e per l'impudicizia è tanto grande, con che odio non odi, Signore, quanti abusano sano della loro ricchezza per diffondere mode indecenti attraverso rappresentazioni cinematografiche e teatrali, attraverso riviste e fotografie, attraverso il cattivo esempio che le classi alte danno alle più modeste? Come non odi quanti abusano della loro autorità spingendo le dipendenti, le figlie e perfino le spose a vestire in modo indecoroso per seguire le fantasie del tempo? Di costoro hai detto nel Vangelo: "Meglio per lui che gli fosse appesa una macina da somaro al collo, e fosse sommerso nel profondo del mare" (Mt. 18, 6).

Dà a tutti coloro cui compete di combattere la moda immorale il coraggio necessario, mio Dio. Ai genitori, alle madri, agli insegnanti, ai padroni e ai membri delle associazioni religiose.

 

XI stazione

Gesù è inchiodato sulla croce

Quando Abramo, con una docilità sublime alla tua volontà, mio Dio, stava per vibrare contro Isacco il coltello sacrificale, tu arrestasti misericordiosamente il corso del sacrificio. Con tuo Figlio, però, non agisti così. Al contrario, mio, Gesù, il tuo sacrificio giunse fino alla fine. Fu fatto assolutamente tutto. Portasti la croce sulla cima del monte. E ora sei inchiodato su di essa.

La croce è a terra, mio Gesù, e tu disteso su di essa. Aumentano crudelmente i tuoi dolori. Sono tanti che, senza un aiuto soprannaturale, moriresti. Ma la tua forza cresce nella misura della tua divina missione. Hai tutto quanto sarà necessario per giungere fino all'ultima immolazione.

I lassisti, mio Signore, indietreggiano. Infetti da determinismo, non sanno che Dio moltiplica con la grazia le insignificanti forze naturali della volontà umana. Perciò indietreggiano di fronte al dovere evidente, ammettono impossibilità invincibili ove spesso vi è soltanto mancanza di mortificazione, e considerano perdute con l'onore delle armi molte battaglie della vita spirituale. Nella vita spirituale non si perde con l'onore delle armi. L'onore delle anni sta soltanto nel vincere. E vincere consiste nel non lasciare la croce anche quando si cade sotto di essa, consiste nel perseverare in mezzo, agli apparenti insuccessi delle opere esterne, all'avversità, all'esaurimento di tutte le forze. Consiste nel portare la croce sulla cima del Golgota e, là, lasciarsi crocifiggere.

Tu giaci disteso sulla tua croce, mio Dio. Che insuccesso apparente per il Salvatore del mondo, gettato a terra come un verme, sfigurato come un lebbroso e crocifisso come un criminale! Mio Dio, che grande e che splendida vittoria nella realizzazione dei tuoi disegni a dispetto di tutti questi ostacoli!

Ancora una volta, meditando la tua Passione, sale in noi il grido tumultuoso della nostra piccolezza. Allontana, se possibile, da noi il calice, mio Dio, ma, se è indispensabile, dacci le forze per arrivare fino alla crocifissione.

 

XII stazione

Gesù muore sulla croce

Non sei più a terra, mio Dio. La croce lentamente si è levata. Non per elevarti, ma per proclamare ben alta la tua ignominia, la tua sconfitta, la tua distruzione.

Ma era il momento che si compisse quanto tu stesso avevi annunciato: "Quando sarò innalzato, attirerò a me tutte le creature" (Gv. 12, 32).

Sulla tua croce, umiliato, piagato, agonizzante, cominciasti a regnare su questa terra. In una visione profetica vedevi tutte le anime pie di tutti i tempi, che venivano a te. Vedevi la modestia e il pudore delle sante donne, che ivi partecipavano al tuo dolore e si santificavano con questo alimento spirituale. Vedevi le meditazioni di san Pietro e degli Apostoli sulla tua crocifissione, vedevi le meditazioni di Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Agnese, Cecilia, Anastasia, di tutti quei santi che la tua Provvidenza volle fossero quotidianamente e in tutto il mondo ricordati durante il sacrificio della Messa, poiché l'oblazione della loro santità è stata fatta in unione con l'oblazione della tua crocifissione. Vedevi i missionari benedettini che, portando la tua croce attraverso le selve dell'Europa, conquistavano più terre delle legioni romane. Vedevi San Francesco che dalla Verna ti adorava e udivi la predicazione di San Domenico. Vedevi sant'Ignazio ardente di zelo per il crocifisso, che riuniva attorno a te le falangi degli esercitanti negli Esercizi Spirituali. Vedevi i missionari che percorrevano il Nuovo Mondo per propagare il tuo crocifisso. Vedevi santa Teresa piangente ai tuoi piedi.

Vedevi la tua croce risplendere sulla corona dei re. Mio Dio, sulla croce è cominciata la tua gloria e non nella Risurrezione. La tua nudità è un manto regale. La tua corona di spine è un diadema inestimabile. Le tue piaghe sono la tua porpora. Cristo Re, com'è vero considerarti sulla croce come un re. Ma com'è certo che nessun simbolo esprime meglio l'autenticità di questa regalità quanto la realtà storica della tua nudità, della tua miseria, della tua apparente sconfitta!

 

 

XIII stazione

Gesù è deposto nelle braccia di sua Madre

La Redenzione si è consumata. Il tuo sacrificio è completo. Il capo ha sofferto quanto doveva soffrire. Rimaneva da soffrire anche alle membra del corpo. Vicino alla croce vi era Maria. Che dire della sua sofferenza?

Sembra che lo stesso Spirito Santo abbia evitato di descrivere il dolore pungente che inondava la Madre come riflesso dei dolore che sovrabbondò nel Figlio. Ella disse soltanto: "Voi tutti, o viandanti!, osservate e mirate, se c'è dolore uguale al mio" (Lam. 1, 12). Una sola parola lo può descrivere: non ve ne fu uno uguale in tutte le pure creature di Dio.

Madonna della Pietà! Così il popolo fedele invoca la Madonna quando la contempla seduta, con il divino cadavere del Figlio sulle ginocchia. Pietà, perché ella non è altro che compassione. Compassione del Figlio.

Compassione dei figli, perché non ha un solo figlio. Madre di Gesù, è diventata Madre di tutti gli uomini. Ed ella non ha compassione soltanto del Figlio, ma anche dei figli. Ella guarda i nostri dolori, le nostre sofferenze, le nostre lotte. Ella ci sorride nel pericolo, piange con noi nel dolore, allevia le nostre tristezze e santifica le nostre gioie. Il carattere proprio del cuore di Madre è un'intima partecipazione a tutto quanto fa vibrare il cuore dei figli. La Madonna è nostra Madre. Ella ama ciascuno di noi individualmente, anche il più miserabile e peccatore, più di quanto potrebbe farlo l'amore sommato di tutte le madri del mondo per un figlio unico. Persuadiamoci bene di questo. Ciascuno di noi. Me. Sì, me, con tutte le mie miserie e le mie infedeltà così aspramente condannabili, con i miei difetti ingiustificabili. Me ella ama così. E ama con intimità.

Non come una regina che non ha tempo per conoscere la vita di ciascuno dei suoi sudditi e quindi segue soltanto a grandi linee quanto fanno. Ella mi segue in tutti i particolari della mia vita. Conosce i miei piccoli dolori, le mie piccole gioie, i miei piccoli desideri. Non è indifferente a nulla.

Se sapessimo chiedere, se comprendessimo l'importunità evangelica come una virtù mirabile, come sapremmo essere minuziosamente importuni con la Madonna! Ed ella ci darebbe nell'ordine della natura, e soprattutto nell'ordine della grazia, moltissimo di più di quanto oseremmo supporre.

Madonna della Pietà! Tanto varrebbe, o quasi, dire Madonna della Santa Audacia. Perché, che cosa può stimolare la santa audacia, audacia umile, sottomessa e rassegnata, di un miserabile, più della pietà materna inimmaginabile di chi ha tutto?

 

XIV stazione

Gesù è posto nel Sepolcro

Mentre le pesanti pietre del sepolcro nascondono il corpo dei Salvatore agli sguardi di tutti, la fede vacilla nei pochi rimasti fedeli al nostro Signore.

Ma vi è una lampada che non si spegne, non trema, e che sola arde perfettamente in questa oscurità universale. E' la Madonna, nella cui anima la fede brilla intensamente come sempre. Ella crede. Crede assolutamente, senza riserve né restrizioni. Tutto sembra essere crollato. Ma ella sa che non è fallito niente. Tranquillamente attende la Risurrezione. La Madonna ha riassunto e compendiato in sé la santa Chiesa in questi giorni di così vasta diserzione.

La Madonna protettrice della fede. E' il tema di questa meditazione. Della fede e dello spirito di fede, cioè del senso cattolico. Oggi, agli occhi di molti, le possibilità di restaurazione piena di tutte le cose secondo la legge e la dottrina del nostro Signore Gesù Cristo sembrano così irrimediabilmente sepolte quanto agli Apostoli pareva irrimediabilmente sepolto il nostro Signore nel suo sepolcro. Ma quanti sono devoti alla Madonna ricevono da lei il dono inestimabile del senso cattolico. E perciò sanno che tutto è possibile e che l'apparente irrealizzabilità dei sogni apostolici più audaci e più nobili non impedirà un'autentica risurrezione se Dio avrà compassione del mondo, e il mondo corrisponderà alla grazia di Dio.

La Madonna c'insegna la perseveranza nella fede, nel senso cattolico e nella virtù dell'apostolato impavido - fides intrepida - anche quando tutto sembra perduto. La Risurrezione verrà presto. Felici quanti sapranno perseverare come lei e con lei. Avranno gioia, in una certa misura la gloria del giorno della Risurrezione.

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