Gli storici hanno sottolineato le gravi conseguenze, sul piano geopolitico, dello smembramento dell’Impero austro-ungarico. Non sono state però ancora messe in luce le conseguenze che ciò comportò sul piano della mentalità e dei costumi. Fu come un soffio vitale che improvvisamente si affievolì in Europa. L’atmosfera di stabilità e di sicurezza che, come ricorda Stefan Zweig (87), era stato un contrassegno di fondo della Belle Epoque, si dissolse rapidamente. Un vento di incertezza e di inquietudine investì il vecchio continente. Fino al 1914 l’Europa aveva una superiorità incontestata. Dopo la guerra essa “dubita di se stessa, della legittimità del suo dominio, della superiorità della sua civiltà e del suo avvenire” (88). Opere dai titoli un tempo impensabili, come Il declino dell’Europa del geografo Albert Demangeon e Il tramonto dell’Occidente dello scrittore tedesco Oswald Spengler, divengono veri e propri best-seller.
Nel mondo iniziò ad affermarsi il “mito americano” (89). “Mentre l’Europa sembrava affondare nel caos, l’America toccava lo zenith dello splendore wilsoniano. Gli Stati Uniti avevano raggiunto il loro apogeo” (90). L’America incarnava una nuova way of life, che aveva il suo modello luccicante e artificiale in Hollywood, la città californiana sede del nuovo impero del cinema. Negli anni Venti, “les années folles” o secondo la formula britannica i “Roaring Twenties”, l’Europa subì trasformazioni sociali che modificarono profondamente abitudini e costumi dei suoi abitanti. L’americanizzazione fu imposta soprattutto dal cinema (91), che divenne lo svago più popolare, accanto agli sport di massa, diffusi dalla stampa e dalla radio, come il calcio e la boxe.
Il nuovo stile di vita, che rappresentava l’antitesi dello spirito della Belle Epoque, non toccava solo le classi alte, ma si estendeva a quelle medie e a una larga frazione della classe operaia. Ne era simbolo l’emancipazione della donna, che in molti paesi europei, come la Francia e l’Italia, ancora non votava, ma proponeva una immagine di sé “moderna” e aggressiva, ben diversa dal modello femminile tradizionale. È una nuova donna che taglia i capelli “à la garçonne”, accorcia le gonne e le maniche, guida e va al mare, mentre il tipo umano maschile è costituito dall’uomo pratico e dinamico, che insegue il successo, sulla scia del self-made man americano. Il mito del denaro si impone implacabilmente nella società accanto a una ricerca sfrenata del piacere. La vita subisce una forte democratizzazione in ogni aspetto: il tratto sociale, le mode, il linguaggio.
Anche in Brasile, negli anni Venti, si iniziava ad avvertire una trasformazione nel gusto. “Questo decennio fu per noi – ricorderà Plinio Corrêa de Oliveira – quello della ‘vita flautata’, dello spreco fastoso, del caffè a caro prezzo, dei viaggi continui in Europa, delle orge e della mancanza di ogni preoccupazione. (…) Il ristagno mentale brasiliana era completo. Il famoso jazz-band, lo shimmy, il cinema e lo sport, monopolizzavano tutti gli animi” (92).
Egli definirà l’“americanismo” “uno stato d’animo subcosciente, e talvolta cosciente, che eleva il godimento della vita a supremo valore umano, e cerca di concepire l’universo e di organizzare la vita in modo esclusivamente voluttuoso” (93).
Nel Centro di San Paolo, le sale superiori dei magazzini Mappin espongono al pubblico i mobili inglesi, più moderni e “igienici” di quelli francesi. Il “football” comincia a raccogliere la simpatia dei giovani, mentre una nuova visione edonista della vita ha il suo simbolo in Rio, la città delle spiagge e del carnevale. La Settimana di Arte Moderna che si tiene a San Paolo nel 1922 con il patrocinio dell’élite sociale paulista (94), già prefigura la rivoluzione nell’architettura di cui sarà simbolo Oscar Niemeyer, l’architetto comunista che progetterà Brasilia. In quello stesso anno viene costruito a San Paolo il “grattacielo Martinelli”, il maggiore dell’America del Sud; l’architetto russo Gregori Warchavchik inizia quell’international style che avrebbe stravolto le tipiche caratteristiche dei centri urbani brasiliani (95), mentre Le Corbusier diviene l’ideale dei nuovi architetti dell’America Latina. La trasformazione radicale della città, in meno di vent’anni, riflette quella altrettanto profonda dei costumi e delle idee (96). La famiglia Corrêa de Oliveira, in cui, sotto l’influsso della madre, si formava il giovane Plinio, rappresentava però un lembo di Ancien Régime che sopravviveva e si opponeva ai flutti della modernità.
Note:
[87] “Se tento di trovare una formula comoda per definire quel tempo che precedette la prima guerra mondiale, il tempo in cui sono cresciuto, credo di essere il più conciso possibile dicendo: fu l’età d’oro della sicurezza; (…) Nessuno credeva a guerre, a rivoluzioni e sconvolgimenti. Ogni atto radicale ed ogni violenza apparivano ormai impossibili nell’età della ragione” (S. Zweig, Il mondo di ieri, tr. it. Mondadori, Milano 1946, pp. 9, 10). Questo vale anche per l’Italia: cfr. Augusto Guerra, L’età della sicurezza, Laterza, Bari 1970.
[88] René Rémond, Il XX secolo, tr. it. Rizzoli Editore, Milano 1976, p. 50. Cfr. anche Carlo Curcio, Europa, storia di un’idea, 2 voll., Vallecchi, Firenze 1958, vol. II, pp. 789-880; Jean Guiffan, Histoire de l’Europe au XX siècle, 1918-1945, Editions Complexe, Bruxelles 1995.
[89] Cfr. la Appendice I della II parte di P. Corrêa de Oliveira, Nobility and Analogous Traditional Elites in the Allocutions of Pius XII, Hamilton Press, 1993, The United States: An Aristocratic Nation Whithin a Democratic State, pp. 135-330. Cfr. anche A. Frederick Mark, Manifest Destiny and Mission in American History, Alfred A. Knopf, New York 1963; Ernest Lee Tuveson, Redeemer Nation: The Idea of America’s Millennial Role, University of Chicago Press, Chicago 1968. Nella seconda metà del XXmo secolo, mentre il processo rivoluzionario avanzava, gli Stati Uniti esercitarono un ruolo simile a quello dell’Europa nei secoli precedenti. Plinio Corrêa de Oliveira, ricorda un suo discepolo, “paragonava questo ruolo a quello svolto dall’Austria nel secolo XIX”. Così come l’impero asburgico rappresentava il principale bersaglio dell’internazionale liberale del tempo, l’impero americano ha finito col costituire la “bestia nera” dell’internazionale progressista, che vede in essi il simbolo della conservazione e dell’anticomunismo. In questo nuovo contesto, egli “passò a sostenere gli atteggiamenti anticomunisti degli U.S.A., come pure la pressione sul Governo fatta da alcune forze interne al Paese per ottenere una politica ferma contro l’espansionismo cino-sovietico. Questa sua posizione non implicava nemmeno da lontano l’accettazione dell’ American way of life come consenso all’influenza liberalizzante dell’americanismo. Implicava solo l’obiettiva constatazione che gli U.S.A. sono oggi una potenza senza la quale è impossibile sperare di arrestare l’avanzata politico-militare del comunismo internazionale” (Julio Loredo, Lettera all’autore).
[90] P. Corrêa de Oliveira, A dynamite de Christo, in “O Legionário”, n. 321 (5 novembre 1938).
[91] Negli anni venti i suoi eroi sono Charlie Chaplin, Buster Keaton, Douglas Fairbanks, Rodolfo Valentino, Gloria Swanson, Mary Pickford.
[92] P. Corrêa de Oliveira, A dynamite de Christo, cit.
[93] P. Corrêa de Oliveira, O coração do sabio está onde há tristeza, in “Catolicismo”, n. 85 (gennaio 1958), p. 2.
[94] J. de Azeredo Santos, Semana de arte moderna: precursora dos “hippies”, in “Catolicismo”, n. 256 (aprile 1972), p. 7.
[95] Nel 1925 Warchavchik pubblicò nel “Correio da Manhã” di Rio l’articolo A cerca da Arquitetura moderna in cui presentava Le Corbusier al pubblico brasiliano. Fu lui a costruire la prima “casa modernista” del Brasile, nella Rua Santa Cruz in San Paolo.
[96] L’urbanistica di San Paolo mutò sotto la prefettura di Fabio Prado (1935-1938), ma soprattutto quando l’urbanista Francisco Prestes Maia (1896-1965), fu nominato prefetto di San Paolo dal 1938 al 1945, e nuovamente dal 1961 al 1965. La sua filosofia urbanistica è esposta in opere come São Paulo, metrópole do século XX (1942) e O plano urbanístico da cidade de São Paulo (1945).