Cap. I, 9. Una concezione militante della vita spirituale

blank

 

Dom Jean-Baptiste Chautard, autore della famosa opera “L’anima di ogni apostolato
Nel febbraio del 1919, a dieci anni, Plinio Corrêa de Oliveira iniziò i suoi studi nel Collegio São Luiz della Compagnia di Gesù, dove si formava la classe dirigente tradizionale di San Paolo (97). Tra l’educazione materna e quella del collegio vi fu, come vi deve essere, continuità e sviluppo. Nell’insegnamento dei gesuiti egli ritrovò l’amore per il metodo, già inculcatogli dalla governante tedesca Mathilde Heldmann (98), e soprattutto quella concezione militante della vita spirituale a cui la sua anima aspirava profondamente (99).
Il collegio fu il primo impatto con il mondo e il primo campo di battaglia. In esso il giovane Plinio trovò le “due città” agostiniane confuse come il grano e la zizzania, il frumento e la paglia, di cui parla il Vangelo (100) e comprese come la vita dell’uomo sulla terra sia una dura lotta, in cui “non sarà coronato se non colui che avrà combattuto” (101). “Vita militia est” (102). Che la vita spirituale del Cristiano sia un combattimento è uno dei concetti che con più insistenza ribadisce il Nuovo Testamento, soprattutto nelle Epistole paoline. “Il cristiano nacque per la lotta” (103) afferma Leone XIII. “La sostanza e il perno di tutta la vita cristiana consiste nel non assecondare i costumi corrotti del secolo ma nel combatterli e resistervi con costanza” (104).
Da sant’Ignazio, Plinio apprese che “l’anima di ogni uomo è un campo di battaglia nel quale si affrontano il bene e il male” (105). Tutti noi abbiamo, come conseguenza del peccato originale, inclinazioni disordinate che ci spingono al peccato; il demonio cerca di favorirle e la grazia divina ci aiuta a vincerle, trasformandole in occasione di santificazione. “Tra le forze che lo spingono verso il bene o verso il male sta in mezzo, come ago della bilancia, il libero arbitrio umano” (106). Plinio ci appare come uno dei ragazzi paulistani della sua generazione che il padre Burnichon, nella sua visita al Collegio di São Luiz nel 1910, descrive come “seri, gravi, riflessivi. Il loro volto difficilmente s’illumina, il riso pare esser loro poco familiare; in compenso, mi si assicura, possono stare fermi per cinque ore d’orologio, ad ascoltare discorsi accademici; ciò avviene talvolta. In definitiva, la razza prende dal clima una maturità precoce che ha i suoi vantaggi e inconvenienti, ma d’altra parte anche una flemma abituale che non esclude le impressioni vivaci e le esplosioni violente” (107).
Il giovane Plinio avvertì al São Luiz l’opposizione radicale tra l’ambiente familiare e quello dei compagni di collegio, già permeato di malizia e di immoralità. Come tanto spesso accade nelle scuole, i giovani che si imponevano agli altri erano quelli più smaliziati: la purezza era disprezzata ed irrisa, la volgarità e l’oscenità considerate segno di distinzione e di successo. A questa situazione egli reagì con tutta la sua forza. Comprese che quanto avveniva non era un caso ma la conseguenza di una mentalità opposta a quella della sua famiglia. Accettare questa mentalità, lo avrebbe portato a perdere, con la purezza, gli ideali che sbocciavano nel suo cuore. Comprese che il fondamento di tutto ciò che egli amava era la religione e scelse la strada di una lotta senza quartiere in difesa della concezione della vita in cui era stato plasmato. Si formò così in lui una convinzione che con il passare degli anni trovò fondamenti sempre più razionali:
“Era la concezione contro-rivoluzionaria della religione come forza perseguitata che ci insegna le verità eterne, che salva la nostra anima, che ci conduce al Cielo e che imprime nella vita uno stile che è l’unico a renderla degna di esser vissuta. Era inoltre l’idea che, quando fossi divenuto uomo, sarebbe stato necessario intraprendere una lotta per rovesciare quest’ordine di cose che reputavo rivoluzionario e malvagio, per stabilire un ordine di cose diverso, quello cattolico” (108).

Plinio terminò precocemente i suoi studi secondari nel 1925, a 17 anni. Più tardi, rievocando le angustie e l’isolamento interiore di quegli anni, si soffermerà su quella acuta crisi dell’adolescenza che ha costituito uno dei più importanti fenomeni della storia dell’umanità nel XIX secolo e una delle cause della sua profonda incoerenza.

“L’atteggiamento tenuto dal secolo XIX davanti alla Religione e alla Morale fu un atteggiamento essenzialmente contraddittorio. (…) Religione e Morale non erano considerate necessarie e obbligatorie per tutti gli uomini in qualunque età. Al contrario, per ogni sesso, età o condizione sociale, c’era una situazione religiosa e una condotta morale opposta a quella che lo stesso secolo XIX prescriveva per un sesso, età o condizione sociale differente. Il secolo XIX ammirava la ‘fede del carbonaro’, nella sua semplicità e purezza; ma ridicolizzava come irresponsabile preconcetto la fede dello scienziato. La Fede, l’ammetteva nei bambini; ma la condannava nei giovani e negli adulti e, al massimo, la tollerava nei vecchi. Esigeva la purezza dalla donna; ma esigeva l’impurità dall’uomo. Esigeva la disciplina dall’operaio; ma applaudiva lo spirito rivoluzionario dell’intellettuale” (109).

In quest’occasione, rivolgendosi ai colleghi della generazione più giovane, Plinio lancerà loro un vibrante appello alla lotta e all’eroismo.

“Bisogna concepire la vita non come una festa ma come una lotta. Il nostro destino è di diventare eroi, non sibariti. È questa verità sulla quale mille volte abbiamo meditato, che vengo oggi a ripetervi. (…) Collocate Cristo al centro della vostra vita. Fate convergere in Lui tutti i vostri ideali. Di fronte a questa grande battaglia, che è la nobilissima vocazione della vostra generazione, il Salvatore ripeteva la famosa frase: ‘Domine, non recuso laborem’” (110).

Nel 1926 Plinio Corrêa de Oliveira, seguendo le orme familiari, si iscrisse alla Facoltà di Diritto dell’Univerità di San Paolo. Giovane di spirito contemplativo e di grandi letture, accanto alla cultura giuridica egli continuò a coltivare quella filosofica, morale e spirituale. Tra le opere che in questi anni incisero profondamente sulla sua formazione furono il Trattato di Diritto Naturale del padre Luigi Taparelli d’Azeglio (111) e L’anima di ogni apostolato (112) di dom Giovanni Battista Chautard. Quest’opera, che restò uno dei suoi libri prediletti, costituiva un prezioso antidoto all’“eresia dell’azione” (113) che iniziava a caratterizzare l’epoca. Ad essa, dom Chautard contrappone la vita interiore da lui definita come “lo stato di un’anima che reagisce per regolare le sue naturali inclinazioni, e si sforza di acquistare l’abitudine di giudicare e di regolarsi in tutto secondo i dettami del Vangelo e gli esempi di Gesù Cristo” (114). Plinio Corrêa de Oliveira amò e visse profondamente questo spirito, fin dagli anni dell’adolescenza. Pur dedicandosi giovanissimo all’azione e all’apostolato pubblico, non dimenticò mai di cercare la vita interiore, attraverso un esercizio assiduo e costante delle facoltà dell’anima.
Sullo sfondo confuso degli anni Venti, che vedevano la nascita e la diffusione del comunismo e del fascismo e l’affermazione di una way of life americana antitetica a quella tradizionale, l’ideale di restaurazione della Civiltà Cristiana, additato da san Pio X, appariva lontano. Nel cuore del giovane studente brasiliano si era formata però, in questi stessi anni, la consapevolezza di una vocazione (115). Essa si collegava in maniera misteriosa e provvidenziale alla missione incompiuta del grande Papa che fin dalla sua prima enciclica E supremi Apostolatus, del 4 ottobre 1903, aveva scelto come programma del suo pontificato e mèta per il secolo ventesimo che si apriva la divisa Instaurare omnia in Christo (Ef. 1, 10).
Restaurare in Cristo “non solo ciò che appartiene propriamente alla divina missione della Chiesa di condurre le anime a Dio, ma anche ciò che (…) da quella divina missione spontaneamente deriva: la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli gli elementi che la costituiscono” (116).
Lo stesso Plinio Corrêa de Oliveira avrebbe un giorno definito la sua vocazione con queste parole:
“Quand’ero ancora molto giovane, considerai estasiato le rovine della Cristianità. Ad esse affidai il mio cuore; voltai le spalle al mio futuro e, di quel passato carico di benedizioni, feci il mio Avvenire…” (117).

 

Note:

[97] Il Collegio São Luiz fu fondato nel 1867 a Itu e trasferito a São Paulo in un maestoso edificio al n. 2324 della Avenida Paulista. Era allora rettore del Collegio il padre João Baptista du Dréneuf (1872-1948) (cfr. A. Greve s.j., Fundação do Colégio São Luiz. Seu centénario, 1867-1967, in “A.S.I.A.”, n. 26 (1967), pp. 41-59). Tra i suoi professori il giovane Plinio ebbe il padre Castro e Costa, che seguì la sua battaglia in difesa dell’Azione Cattolica e che poi ritrovò a Roma negli anni ‘50 (cfr. J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. II, p. 259).

[98] Mathilde Heldmann era originaria di Regensburg, ed era stata governante in alcune case aristocratiche europee. “Uno dei maggiori benefici che ci fece mammà, fu di assumere la Fraülein” ricordò successivamente Plinio Corrêa de Oliveira (J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. I, p. 203).

[99] Sulla concezione “militante” della spiritualità cristiana, cfr. Pierre Bourguignon, Francis Wenner, Combat spirituel, in DSp, vol. II,1 (1937), coll. 1135-1142; Umile Bonzi da Genova, Combattimento spirituale, in EC, vol. IV (1950), coll. 37-40; Johann Auer, Militia Christi, in DSp, vol. X (1980), coll. 1210-1233.

[100] Mt. 13, 24-27.

[101] II Tim. 11, 5.

[102]Gb. 7, 1.

[103]Leone XIII, Enciclica Sapientiae Christianae del 10 gennaio 1890, in IP, vol. III, La pace interna delle nazioni, (1959), p. 192.

[104]Leone XIII, Enciclica Exeunte iam anno del 25 dicembre 1888, in IP, Le fonti della vita spirituale, cit., vol. II, pp. 345, 358 (pp. 337-359).

[105]P. Corrêa de Oliveira, Lutar varonilmente e lutar até o fim, in “Catolicismo”, n. 67 (luglio 1956), p. 2.

[106] Ivi.

[107] Joseph Burnichon, Le Brésil d’aujourd’hui, Perrin, Paris 1910, p. 242.

[108]P. Corrêa de Oliveira, Memorias, inedite.

[109]P. Corrêa de Oliveira, Discorso in chiusura dell’anno 1936 al Collegio Arcidiocesano di San Paolo, in “Echos”, n. 29 (1937), pp. 88-92.

[110] Ivi.

[111] Sul padre gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862) autore del celebre Saggio teoretico di diritto naturale, La Civiltà Cattolica, Roma 1949, 2 voll. (1840-1843), in cui i rapporti tra diritto, morale e politica vengono acutamente analizzati alla luce della dottrina cattolica, cfr. Robert Jacquin, Taparelli, Lethielleux, Paris 1943 e la voce di Pietro Pirri, s.j., in EC, vol. XI (1953), coll. 1741-1745.

[112] Dom Jean-Baptiste Chautard, L’anima di ogni apostolato, tr. it. Edizioni Paoline, Roma 1958. “È impossibile leggere le mirabili pagine di questo libro, la cui unzione ricorda talvolta l’ ‘Imitazione di Cristo’, senza percepire i tesori di squisitezza che la sua grande anima custodiva” (P. Corrêa de Oliveira, Almas delicadas sem fraqueza e fortes sem brutalidade, in “Catolicismo”, n. 52 (aprile 1955)). Dom Jean Baptiste Chautard nacque a Briançon il 12 marzo 1858. Fu religioso cistercense della stretta osservanza, eletto nel 1897 abate della Trappa di Chambaraud (Grenoble) e nel 1899 di quella di Sept-Fons (Moulins). Nel suo lungo governo fu costretto ad occuparsi dei problemi temporali relativi al suo ordine che dovette difendere contro la politica antireligiosa del suo tempo. Perfetto modello di quell’unione di vita contemplativa ed attiva tracciato nell’Anima di ogni apostolato, riuscì ad imporsi, con la sua personalità, al ministro Clemenceau, convincendolo a mitigare il suo atteggiamento contro gli ordini contemplativi. Morì a Sept-Fons il 29 settembre 1935.

[113] L’ “eresia dell’azione”, intesa come una visione del mondo attivistica e naturalistica che misconosce il ruolo decisivo della grazia nella vita dell’uomo, era stata una delle caratteristiche dell’ “americanismo cattolico” di fine ottocento, condannato da da Leone XIII nella Lettera Testem Benevolentiae del 22 gennaio 1899 (in Acta Leonis XIII, vol. XI, Roma 1900, pp. 5-20). Cfr. Emanuele Chiettini, Americanismo, in EC, vol. I (1950), coll. 1054-1056; G. Pierrefeu, Américanisme, in DSp, vol. I (1937), coll. 475-488; H. Delassus, L’americanismo e la congiura anticristiana, tr. it. Tip. S. Bernardino, Siena 1903; Thomas McAvoy, The Americanist Heresy in Roman Catholicism 1895-1900, University of Notre Dame Press, Notre Dame (Ind.) 1963; Robert Cross, The emergence of Liberal Catholicism in America, Harvard University Press, Harvard 1967; Ornella Confessore, L’americanismo cattolico in Italia, Studium, Roma 1984.

[114]J.-B. Chautard, L’anima di ogni apostolato, cit., p. 37.

[115] “Illos quos Deus ad aliquid eligit, ita praeparat et disponit ut id ad quod eliguntur, inveniantur idonei” (S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, III, 27, 4c). La vocazione è la forma speciale nella quale Dio vuole che i suoi eletti si sviluppino. Eletti, cioè scelti e dunque preparati e disposti per essere idonei allo scopo cui Dio li destina dall’eternità.

[116]S. Pio X, Enciclica Il fermo proposito del 11 giugno 1905, in IP, vol. IV, Il laicato, (1958), p. 216.

[117] Queste parole di Plinio Corrêa de Oliveira appaiono, scritte di suo pugno, come epigrafe del libro Meio seculo de epopeia anticomunista, cit.

Avanti

Indice

Contato