Cap. IV, 16. Oltre i confini del Brasile: una scuola di pensiero e di azione

blank

 

Alcuni dei principali temi toccati da Plinio Corrêa de Oliveira furono trattati anche da altri pensatori cattolici contemporanei, genericamente definiti “tradizionalisti”. Basti qui ricordare i nomi del filosofo belga Marcel De Corte (126), del fondatore francese della “Cité Catholique” Jean Ousset (127), del filosofo italiano Augusto Del Noce (128), dello storico svizzero Gonzague de Reynold (129), del pensatore spagnolo Francisco Elías de Tejada (130).
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione non fu però solo un’opera intellettuale, ma anche il germe vitale di un movimento destinato a svilupparsi ed estendersi in tutto il mondo. Plinio Corrêa de Oliveira si distingue da molti intellettuali tradizionalisti contemporanei proprio per il ruolo che egli attribuì al pensiero vivo, destinato a comunicarsi attraverso l’azione personale e ad organizzarsi nell’apostolato di conquista. Questa inedita unione di pensiero e di azione, non fu compresa da alcuni ambienti tradizionalisti, abituati a conciliare la dottrina contro-rivoluzionaria con una prassi politica ispirata a diverse teorie. Ciò accadde soprattutto in Francia, dopo l’esperienza dell’Action Française.
La Francia, fille aînée de l’Eglise, è stata la patria della Contro-Rivoluzione cattolica che qui ha espresso i suoi ingegni più penetranti, dal padre Pierre de Clorivière a mons. Henri Delassus. Ma tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX, sotto l’influenza di Charles Maurras (131) e con la nascita dell’Action Française, si operò una “svolta” del pensiero tradizionalista francese in senso positivista e naturalista (132). Uno dei suoi esponenti, Louis Dimier, nel corso delle lezioni tenute nel 1906 presso l’Istituto dell’Action Française, annoverava tra i “maestri della contro-rivoluzione” autori quali Sainte-Beuve, Balzac, Taine, Renan e perfino il socialista Proudhon (133). Ciò accadeva negli stessi anni in cui all’interno della Chiesa si sviluppava il modernismo sociale del Sillon condannato da san Pio X. L’analogia tra modernismo e Action Française non è sfuggita ad un autore contro-rivoluzionario come Augustin Cochin che l’ha così riassunta: “Il modernista, spingendo il movimento al suo fine, vorrebbe porre la Chiesa al posto di Dio. Anche oggi c’è chi pone il corpo prima dello spirito e l’ordine prima del fine: Maurras difende il corpo per via dell’ordine che presenta; Le Roy (134) compromette lo spirito. E’ la stessa dottrina: intellettuale in Le Roy, materialista in Maurras” (135).
Inizialmente alcuni cattolici controrivoluzionari, come un padre de Pascal (136) e un dom Besse (137), collaborarono con l’Action Française, apprezzandone il dinamismo e l’efficacia dell’intervento. Si trattò però di una collaborazione sullo stretto piano della prassi, condizionata alla fedeltà del movimento alla Chiesa. Ma l’Action Française, nella sua evoluzione da movimento politico a scuola di pensiero, vide la dottrina maurrassiana prevalere su quella contro-rivoluzionaria (138).
L’atteggiamento prudente di san Pio X, che riassunse il suo giudizio sugli scritti di Maurras nella formula damnabiles sed non damnandos, costituisce un punto di riferimento ineliminabile (139). Papa Sarto approvò la condanna di Maurras, ma ne rinviò la promulgazione pubblica, giudicandola inopportuna in un momento di aperto conflitto con il governo francese. I seguaci di Maurras misero l’accento sul secondo termine, che manifesta però solo un giudizio contingente, di carattere diplomatico, designante un’opportunità e non una valutazione. Nel damnabiles di San Pio X resta tutta la sostanza di un chiaro giudizio dottrinale, che non consente oggi a nessun vero cattolico di rifarsi a Maurras come a un maestro.
Il giudizio di Plinio Corrêa de Oliveira sull’Action Française, formulato più volte del “Legionário” fu coerente con la posizione del Magistero della Santa Sede (140). Tra la dottrina della Chiesa e quella professata dai capi dell’Action Française, al di là di affinità o convergenze sul piano strettamente politico, esisteva una incompatibilità di fondo.
Accanto all’ipoteca maurrassiana (141), gravò su alcuni ambienti della cultura tradizionalista francese del dopoguerra, la traccia di errori antichi come il giansensismo e il gallicanesimo, ostili a quello spirito cattolico romano che è anzitutto universalità e capacità di comprendere il bene, ovunque si manifesti e con le legittime modalità proprie ad ogni realtà. Ma ciò che ha caratterizzato questi ambienti, è stata soprattutto una mentalità disfattista e rinunciataria, mal conciliantesi con le tesi combattive e cariche di speranza di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (142).
Per quanto singolare possa apparire, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione ebbe in Europa il suo influsso più profondo, oltre che nella penisola iberica, soprattutto in Italia, paese privo di una cultura tradizionalista nel senso stretto del termine.
Il pensiero contro-rivoluzionario europeo riassumeva infatti la sua visione nella formula “Trono e Altare”, ossia nella fedeltà alla Chiesa e alle dinastie che nel corso della storia incarnarono la tradizione cattolica. In Italia però, dopo la liquidazione delle dinastie preunitarie da parte del Piemonte Sabaudo e la successiva invasione di Roma del 1870, il fossato apertosi tra il Papato e Casa Savoia non aveva lasciato spazio per un legittimismo contro-rivoluzionario. Anche dopo la caduta della monarchia, i monarchici si attestarono su posizioni liberal-nazionalistiche, mentre i cattolici venivano deviati verso la Democrazia Cristiana, responsabile del trasbordo a sinistra del mondo cattolico nel dopoguerra (143). In tal modo, nella terra scelta dalla Provvidenza per porvi la Cattedra di Pietro, veniva a mancare un’azione politica autenticamente cattolica e il Partito Comunista più forte e organizzato d’Occidente, seguendo la lezione di Antonio Gramsci, poté sviluppare quella strategia del compromesso storico che ha avuto il suo esito, nel maggio del 1996, con la conquista del potere da parte dei neo-comunisti.
Mentre l’Italia veniva investita dalla contestazione, attorno ai principi di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, tradotta e fatta pubblicare dal piacentino Giovanni Cantoni (144), nacque il gruppo di Alleanza Cattolica e, nel 1973, la rivista “Cristianità”. A Rivoluzione e Contro-Rivoluzione si ispirarono successivamente altri gruppi e movimenti, tra i quali il Centro Culturale Lepanto, fondato a Roma nel 1982 (145).

 

Note:

[126] Di Marcel De Corte (1905-1994), cfr. Philosophie des moeurs contemporaines, Editions Universitaires, Bruxelles 1944; Fenomenologia dell’autodistruttore, tr. it. Borla, Torino 1967. Su De Corte cfr. Miguel Ayuso Torres, Danilo Castellano, Juan Vallet de Goytisolo, In memoriam Marcel De Corte, in “Verbo”, nn. 327-328 (1994), pp. 761-794.

[127] Jean Ousset (1914-1994), Pour qu’il règne, Dominique Martin Morin, Paris 1986. L’opera di Ousset, che apparve la prima volta nel 1957, ebbe numerose edizioni in Francia e diverse traduzioni. Il movimento La Cité Catholique, fondato da Ousset nel 1947, si trasformò nel 1963 nell’ Office International des Oeuvres de Formation Civique et d’Action Culturelle selon le Droit Naturel et Chrétien. Esso ha avuto il suo maggiore sviluppo intellettuale in Spagna, attorno alla rivista “Verbo” diretta da Juan Vallet de Goytisolo (cfr. Estanislao Cantero, A los treinta anos, in “Verbo”, nn. 301-302 (gennaio-febbraio 1992), pp. 7-16).

[128]Su Augusto Del Noce (1910-1989), autore, oltre alle opere già citate, di L’epoca della secolarizzazione (Giuffré, Milano 1970) e Il suicidio della Rivoluzione (Rusconi, Milano 1979), cfr. Rocco Buttiglione, Augusto Del Noce. Biografia di un pensiero, Piemme, Casale Monferrato 1991; R. de Mattei, Augusto Del Noce y el suicidio de la Revolución, in “Verbo”, nn. 337-338 (1995), pp. 871-886.

[129] Del conte Gonzague de Reynold (1880-1970), cfr. soprattutto L’Europe tragique, Spes, Paris 1934; La formation de l’Europe, Plon, Paris 1944-1952, 10 voll.

[130] Di Francisco Elias de Tejada (1917-1978), cfr. La monarchia tradizionale, tr. it. Edizioni dell’Albero, Torino 1966. Su questa figura, cfr. il recente studio di M. Ayuso Torres, La filosofía jurídica y política di Elías de Tejada, Fundación Francisco Elías de Tejada, Madrid 1994.

[131] Charles Maurras (1869-1952), fondatore del giornale e del movimento di Action Française, esercitò una grande influenza su varie generazioni di intellettuali francesi. Un ampio quadro della sua opera in Eugen Weber, L’Action française, Stock, Paris 1964. Cfr. anche Robert Havard de la Montagne, Histoire de l’Action Française, Amiot-Dumont, Paris 1950; Colette Capitan Peter, Charles Maurras et l’idéologie d’Action Française, Seuil, Paris 1972; Victor Nguyen, Aux origines de l’Action française. Intelligence et politique à l’aube du XXe. siècle, Fayard, Paris 1991.

[132]La “svolta” è stata ben descritta da R. Gambra Ciudad in La monarquía social y representativa en el pensamiento tradicional, Rialp, Madrid 1964, pp. 21-31 e nella voce Tradicionalismo, in GER, vol. XXII (1975), pp. 671-673. Gambra distingue tra un tradizionalismo di destra, cattolico e contro-rivoluzionario, e un tradizionalismo di sinistra che, influenzato da Comte, arriva, attraverso Taine e Renan, all’Action Française. Cfr. anche R. de Mattei, Augustin Cochin e la storiografia contro-rivoluzionaria, in “Storia e Politica”, vol. 4 (1973), pp. 570-585.

[133] Louis Dimier, Les maîtres de la contre-révolution au XIX siècle, Nouvelle Librairie Nationale, Paris 1907, pp. 115-135 (Balzac), pp. 161-184 (Sainte-Beuve), pp. 187-208 (Taine), pp. 209-230 (Renan), pp. 279-303 (Proudhon).

[134 Edouard Le Roy (1870-1954), seguace di Bergson, fu il filosofo che tentò di dare una base dottrinale al modernismo. Molte opere del padre Garrigou-Lagrange furono scritte proprio per confutarne il fondamentale agnosticismo.

[135] A. Cochin, Abstraction révolutionnaire et réalisme catholique, Desclée de Brouwer, Paris-Lille 1960, pp. 54-55. “Il metodo dell’Action Française – osserva Stéphane Rials – non ignora la trascendenza, ma ne effettua un trattamento utilitaristico attraverso l’interpretazione positivista L’Umanità di Comte diventa la Nazione di Maurras. La trascendenza si piega alla dimensione orizzontale, l’immanenza è idolatrata, la Provvidenza è negata” (Révolution et Contre-Révolution au XIX siècle, cit., pp. 48-49).

[136] Del Padre Georges de Pascal (1840-1918), si vedano tra l’altro, Enseignement social, vues sociales d’un homme de tradition, Rondelet, Paris 1899; Révolution et Contre-Révolution, le centenaire de 1789 et les conservateurs catholiques, avec une lettre de M. le Marquis de La Tour du Pin, Impr. de Saudaux, Paris 1898. Cfr. A. de Lavalette Mobrun, Le père de Pascal, Jouve, Paris 1918.

[137] Jean-Martial Besse (1861-1920), storico ed erudito benedettino, tenne nel 1909 la cattedra di Sillabo all’Institut d’Action Française. Di lui, oltre L’Eglise et les libertés, cit., cfr. Eglise et Monarchie, Jouve, Paris 1910; Le catholicisme libéral, Desclée, Paris 1911; Les Religions laiques, Nouvelle Librairie Nationale, Paris 1913.

[138] Questo aspetto è stato avvertito da Jean Madiran: “Alla generazione di cattolici formati cattolicamente, e giunti all’Action Française in forza di un ‘compromesso per l’azione’, successe una generazione che aveva una formazione maurrassiana e non era più sensibile a ciò che poteva esservi di urtante, e in ogni caso inaccettabile per un cristiano, nel pensiero di Maurras” (J. Madiran, L’Intégrisme, histoire d’une histoire, Nouvelles Editions Latines, Paris 1964, p. 97).

[139] Il 2 gennaio 1914 la Congregazione dell’Indice giudicò che cinque libri di Maurras (Chemin de ParadisAnthineaLes amants de VeniseTrois idées politiques, L’avenir de l’intelligence) e la rivista “L’Action Française” da lui diretta meritassero la condanna. San Pio X reputò opportuno rinviare la promulgazione del decreto del 29 gennaio 1914, ma la scomunica fu poi emessa da Pio XI nel 1926. Nel 1939, dopo la firma, da parte del consiglio direttivo dell’Action Française, di una dichiarazione di sottomissione, le sanzioni, relative al giornale, furono tolte da Pio XII (cfr. Decreto del S. Uffizio del 10 luglio 1939; risposta della Sacra Penitenziera del 24 luglio dello stesso anno; rimase in vigore la condanna degli scritti di Maurras elencati dall’Indice). Cfr. anche Lucien Thomas, L’Action française devant l’Eglise. De Pie X à Pie XII, Nouvelles Editions Latines, Paris 1965; Michael Sutton, Nationalism, positivism and catholicism: the politics of Maurras and French catholics, Cambridge University Press, London 1982; Oscar L. Arnal, Ambivalent alliance. The catholic church and the Action française. 1899-1939, Pittsburgh 1985; André Laudouze, Dominicains français et Action Française, Les Editions Ouvrières, Paris 1989.

[140] Quando la scomunica fu revocata da Pio XII, egli pose fine alla polemica con queste parole: “Non c’è peggior male della pretesa di essere più cattolico del Papa. Roma ha parlato: la questione è chiusa. Che nessuno si abbandoni a entusiasmi incondizionati o a severità inopportune” (P. Corrêa de Oliveira, Action Française, in “O Legionário”, n. 359 (30 luglio 1939)). Cfr. anche id., A Action Française e a Liga das Nações, in “O Legionário”, n. 276 (26 dicembre 1937); id., “Action Française”, in “O Legionário”, n. 349 (21 maggio 1938).

[141] Cfr. ad esempio il numero speciale della rivista “Itinéraires”, n. 122, avril 1968, dedicato a Maurras, con articoli di Jean Madiran, Henri Charlier, Jean Ousset, Pierre Gaxotte, Roger Joseph, V. A. Berto, Henri Rambaud, Gustave Thibon, Jean-Baptiste Morvan, Jacques Vier, Louis Salleron, Georges Lafly, Marcel De Corte.

[142] Una descrizione di questa mentalità nel volumetto La mano che estingue, la voce che addormenta, a cura dell’Ufficio Tradizione, Famiglia, Proprietà, Roma 1996.

[143] Per un’analisi di questo itinerario, cfr. R. de Mattei, Il centro che ci portò a sinistra, Fiducia, Roma 1994 e il manifesto del Centro Culturale Lepanto Prodi il Kerensky italiano? in “Il Tempo” e “Il Giornale” del 14 maggio 1996. Cfr. anche Giovanni Cantoni, La lezione italiana, Cristianità, Piacenza 1980.

[144] La prima traduzione italiana dell’opera, per le edizioni dell’Albero, risale al 1969. La seconda, con un saggio introduttivo di G. Cantoni, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, apparve nel 1972 per le edizioni di “Cristianità”. La terza, con una postfazione di Plinio Corrêa de Oliveira dal titolo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione vent’anni dopo, nel 1977. “In quest’opera – scriveva Giovanni Cantoni nella sua introduzione – sono tutti gli elementi che ci permettono di definirla come l’espressione in forma di tesi del pensiero contro-rivoluzionario nell’età della Rivoluzione culturale. (…) Il contributo che l’opera può dare allo sviluppo di un movimento contro-rivoluzionario cattolico in Italia è incalcolabile, purché vi sia chi la raccolga e la usi; meditandola e non solo leggendola; praticandola, e non solo studiandola; diffondendola e non solo servendosene privatamente” (Introduzione, cit., pp. 49, 50). Di G. Cantoni cfr. anche Plinio Corrêa de Oliveira al servizio di un capitolo della dottrina sociale della Chiesa: il commento del Magistero alla “parabola dei talenti”, in “Cristianità”, n. 235 (novembre 1994).

[145] Il Centro Culturale Lepanto, fondato a Roma nel 1982 dall’autore di queste pagine, si è affermato in Italia e in Europa per i suoi interventi dottrinali su temi come il Nuovo Concordato (1985), il Trattato di Maastricht (1992), il pericolo islamico (1993), la legalizzazione del matrimonio omosessuale (1994), la denuncia della collaborazione tra cattolici e neo-comunisti in Italia (1995-1996).

Avanti

Indice

Contato