Cap. V, 13. Culto debito e indebito secondo la Chiesa

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Le accuse di “culto” indebito al dottor Plinio e a donna Lucilia provenienti da parte laicista e progressista possono essere difficilmente comprese, ma meno ancora lo possono essere quando esse giungono da ambienti cattolici, soprattutto “tradizionalisti”.
Il secolo XX è stato infatti l’epoca della divinizzazione dell’uomo, intronizzato sugli altari un tempo dedicati a Dio: uomini politici, campioni sportivi, cantanti, sono stati oggetto di un culto che può essere definito “fanatico” proprio per i suoi caratteri sregolati che lo hanno fatto sconfinare nell’idolatria. Se esiste un culto indebito reso agli uomini, esistono però forme debite di culto, come quelle riservate ai santi o, sul piano naturale, ad uomini particolarmente illustri. Il culto, nella sua essenza, è un atto di stima e nel suo significato più vasto non rappresenta altro che l’espressione del sentimento interiore con cui un uomo riconosce l’eccellenza di un altro uomo (117). L’eccellenza dei santi li rende degni di un culto detto di dulia o venerazione, diverso e inferiore dal culto supremo di adorazione o latria dovuto solo alla SS.ma Trinità e all’umanità di Gesù Cristo. La Chiesa cattolica, definendo i precisi ambiti di questo culto, ne ammette la legittimità contro la negazione, di matrice ereticale, della devozione ai santi (118).
Solo alla Chiesa spetta stabilire, in maniera infallibile, chi è “santo” e promuoverne pubblicamente il culto. E’ lecito però tributare, a coloro che sono morti in fama di santità, un culto “privato”, la cui esistenza è richiesta del resto dalle autorità ecclesiastiche per i processi di beatificazione e canonizzazione. “Onoriamo i servitori – definì Papa Giovanni XV nel più antico processo di canonizzazione della Chiesa – affinché l’onore ridondi al Signore, che ha detto ‘Chi accoglie voi, accoglie me’ (Mt. 10, 40)” (119) . “Ogni genuina attestazione di amore resa ai santi – recita la Lumen Gentium – tende e termina per sua natura a Cristo stesso, ‘corona di tutti i santi’ e attraverso di lui a Dio, che nei suoi santi viene riconosciuto mirabile e viene glorificato” (120).
Questo culto privato non è altro che la manifestazione di devozione che sgorga spontaneamente dal cuore dei fedeli prima che la Chiesa si pronunci ufficialmente sul merito. Tali espressioni di devozione, autorizzate dalla Chiesa, non nascono improvvisamente all’indomani della morte. La “fama di santità” circonda spesso il futuro santo quando egli è ancora vivo: così fu per pressoché tutti i grandi santi all’interno della Chiesa; così è oggi per personaggi non ancora canonizzati, come Padre Pio, attorno al quale si è creata, quando ancora era vivo, un’atmosfera di entusiastica venerazione, che spingeva alcuni a parlare di “fanatismo” (121).
Per limitarci ad un solo altro esempio, basti ricordare lo strepitoso entusiasmo che circondò don Bosco nel suo viaggio a Parigi del 1883. Il beato don Rua faceva quest’esplicita dichiarazione nel Processo per la Causa di Beatificazione: “Se andava nelle Chiese per tenervi qualche conferenza, era tanta la folla che vi accorreva, che dovevasi accompagnare in tre o quattro per aprirgli il passo ed arrivare al pulpito; e talvolta si dovettero mettere le guardie alle porte, per allontanare il pericolo di qualche disgrazia per il troppo concorso. Se si vedeva per le piazze e per le vie, era tosto circondato da folla immensa, che in pieno giorno si prostrava per implorare la sua benedizione. Alla sua abitazione, fin dalle ore più mattutine, era un accorrere continuo di gente, che si stimava fortunata di vedere un santo” (122).
Non intendiamo dedurre la santità di Plinio Corrêa de Oliveira dalle manifestazioni di ammirazione e di devozione dei suoi discepoli, ma solo sottolineare la piena armonia di tali espressioni di entusiasmo con la dottrina e la prassi della Chiesa.
In questa prospettiva si può comprendere, oltre ai tributi di affetto che circondavano fin da vivo la persona del dottor Plinio, la speciale venerazione nata all’interno della TFP nei confronti della madre del fondatore, donna Lucilia, dopo la sua morte.
Donna Lucilia Ribeiro dos Santos ebbe una vita nascosta fino a 1967, quando per la prima volta, a causa di una grave malattia che aveva colpito il figlio, molti amici riempirono la sua casa e furono ricevuti da lei. In questo difficile periodo ella, che aveva allora 91 anni, dispensò ai compagni del dottor Plinio un’accoglienza che lasciava trasparire, come egli stesso ricorda, “il suo affetto materno, la sua rassegnazione cristiana, la sua illimitata bontà di cuore e l’affascinante gentilezza dei bei tempi della San Paolo che fu” (123). I giovani rimasero incantati dal suo tratto così semplice e affettuoso: “Le tenue e belle luci del crepuscolo e dell’aurora si trovavano sempre unite nel suo sorriso” (124).
Pochi mesi dopo, il 21 aprile 1968, donna Lucilia morì (125). Per sessant’anni ella aveva offerto l’esempio di un quotidiano esercizio di virtù, da cui il figlio trasse vigore e modello: quella perfezione nella vita ordinaria che costituisce il segreto della “piccola via” tracciata da santa Teresa del Bambin Gesù (126). Anche tra le pareti domestiche è possibile infatti una “piccola via” alla santità e di questa, nella sua lunga vita, donna Lucilia, a detta di tutti coloro che la conobbero, fu un’incarnazione vivente.
Non stupisca il paragone tra Lucilia Ribeiro dos Santos e la carmelitana di Lisieux. Senza la pubblicazione della Storia di un’anima, nessuno avrebbe immaginato quali vette di santità e di amor di Dio aveva raggiunto una suora, morta a 24 anni, nel corso di una ordinaria vita di convento. Nel caso di donna Lucilia non è stato un libro a rivelarci gli splendori della sua anima, ma la vita stessa del figlio, come uno specchio che ne rifletté e sviluppò le virtù.
Dopo la sua morte, all’interno della TFP qualcuno pensò di ricorrere alla intercessione di donna Lucilia e, in maniera spontanea e misteriosa, cominciò a fiorire un culto privato sulla sua tomba (127).
Domandare l’intercessione di una persona non significa evidentemente proclamare ufficialmente la sua santità. Un grande teologo e maestro spirituale contemporaneo come il padre Royo Marín, dopo aver attentamente studiato la biografia di donna Lucilia, non ha però esitato ad affermare che quest’opera descrive “la vita di una vera santa, in tutta l’ampiezza del termine” (128).

 

Note:

[117] Luigi Oldani, Culto, in EC, vol. IV (1950), col. 1040 (coll. 1040-1044).

[118] La legittimità e utilità del culto dei santi è stata definita dal Concilio di Trento nella sua sessione XXV (Denz.-H, nn. 1821-1824). Cfr. anche P. Sejourné, Saints (culte des), in DTC, vol. XIV (1939), coll. 870-978; Justo Collantes s.j., La fede della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 577-590.

[119] Giovanni XV, Enciclica Cum conventus esset, del 3 febbraio 993 ai vescovi e agli abati di Francia e di Germania per la canonizzazione del vescovo Ulrico di Augusta, in Denz.-H, n. 675.

[120] Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, del 21 novembre 1964, in Denz.-H, n. 4170.

[121 Furono in particolare bollati come fanatici per il loro “culto” e denunciati per superstizione e disobbedienza all’autorità ecclesiastica, i “gruppi di padre Pio” tuttora attivi e diffusi. Ciò non impedì che il 20 marzo 1983 si aprisse, su richiesta dell’episcopato polacco, la causa di beatificazione, oggi in corso, del cappuccino di Pietrelcina. Cfr. Rino Cammilleri, Storia di Padre Pio, Piemme, Casale Monferrato 1993, pp. 169-182.

[122] Giovanni Battista Lemoyne, Vita di San Giovanni Bosco, Società Editrice Internazionale, Torino 1977, p. 528. Cfr. anche Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di Francesco Traniello, SEI, Torino 1987.

[123] Cfr. “O Estado de S. Paulo”, 22 agosto 1979.

[124] J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. III, p. 187.

[125] Donna Lucilia morì alla vigilia dei suoi 92 anni, il 21 aprile 1968. “Con gli occhi ben aperti, perfettamente conscia del solenne momento che si avvicinava, si sollevò un poco, fece un gran segno di Croce e, nella piena pace dell’anima e nella fiducia nella misericordia divina, si addormentò nel Signore” (J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. III, p. 201).

[126] “Nella mia piccola via non v’è posto che per delle cose ordinarie. Bisogna che ciò che faccio, lo possano fare anche le piccole anime” (S. Teresa di Gesu’ Bambino, Gli scritti, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1979, n. 227, pp. 216-217). Sulla “piccola via”, cfr. André Combes, Introduzione alla spiritualità di S. Teresa del Bambino Gesù, tr. it. Libreria Fiorentina, Firenze 1949, pp. 243-273.

[1]27 La TFP brasiliana fu accusata di aver voluto promuovere un culto indebito alla madre del fondatore attraverso la recita di alcune litanie ad essa indirizzate (per un’esaustiva confutazione di  queste accuse cfr. G. A. Solimeo, Un comentário anti-TFP. Estudo acerca de um Parecer concernente a uma Ladainha, appendice a Refutação da TFP a uma investida frustra, cit., pp. 391-463). Durante qualche tempo, circolò infatti, tra alcuni cooperatori dell’associazione, una litania con invocazioni a donna Lucilia composta da due adolescenti nel tardo 1977. La litania fu proibita dal prof. Corrêa de Oliveira non appena egli ne venne a conoscenza anche a causa di improprietà di linguaggio e bizzarrie di espressione, chiaramente dovuti alla giovane età e alla inesperienza degli autori. Il padre Vittorino Rodríguez, dopo averla esaminata così commentò: “Diverse invocazioni sono un po’ ingenue, altre troppo stravaganti o tecniche e altre alquanto ambigue, e da ciò il malinteso. Per tutto ciò mi pare opportuno che il Dottor Plinio le abbia proibite. Ciononostante, mi sembra esagerato qualificare alcune invocazioni come eterodosse o blasfeme, senza badare alla relatività del linguaggio in esse impiegato” (Refutação da TFP a uma investida frustra, cit., p. 395). Se l’associazione, per altro, avesse voluto promuovere ed organizzare tale culto, lo avrebbe fatto in ben altro modo da quello ad essa addebitato. Del resto cosa pensare di una giovane suora, che avesse invocato e fatto invocare dalle sue consorelle il proprio direttore spirituale appena morto, con una serie di litanie in cui, chiamandolo “san Claudio”, lo avesse di volta in volta definito: “specchio di tutte le virtù”, “immagine vivente di perfezione, “torrente delle consolazioni divine”,  campo del Paradiso della Chiesa”,  giglio piantato in una terra vergine”, “santuario delle grazie”, “la cui lingua è stata come l’organo dello Spirito Santo” , “sole di perfezioneseme dell’Evangelo”, “voce degli apostoli”, “fiaccola del mondo”,  “scudo della fede cattolica”? Le litanie sono quelle che Margherita Maria Alacoque, compose e fece recitare in convento per il suo direttore spirituale, Claudio de la Colombière, appena scomparso. La suora sarebbe divenuta una grande santa e anche il suo padre spirituale sarebbe stato canonizzato dalla Chiesa, ma solo molti anni dopo la redazione delle litanie. I censori del Tribunale che esaminò le cause di beatificazione dei due santi non giudicarono che questo fatto potesse nuocere alla loro canonizzazione, dimostrando così quella saggezza della Chiesa di cui sono tante volte sprovvisti alcuni suoi figli, animati da zelo amaro più che da vera carità ed amore per il bene.

[128] J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. I, p. 9. “La domanda concreta è questa: fu donna Lucilia una vera santa, in tutta l’ampiezza del termine? O, in altro modo: le sue virtù cristiane hanno raggiunto il grado eroico indispensabile per essere riconosciuta dalla Chiesa con una beatificazione e canonizzazione? All’esame dei dati rigorosamente storici offertici con grande abbondanza dalla biografia che presentiamo, – conclude il padre Royo Marín – oso rispondere con un sì rotondo e senza il minimo dubbio” (ivi, vol. I, p. 11).

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