Cap. V, 14. Una vocazione specifica: la “consacratio mundi”

blank

I numerosi e violenti attacchi lanciati contro la TFP nel corso della sua storia, hanno fatto sì che l’associazione presieduta da Plinio Corrêa de Oliveira, nel difendersi, trovasse una eccellente opportunità per definire in maniera sempre più precisa la propria fisionomia.
Che cosa è dunque la TFP? Essa è innanzitutto una “scuola di pensiero” che attinge a un ampio patrimonio intellettuale, ricco di princìpi sia speculativi che operativi.

“Cosa è necessario nella scuola di pensiero della TFP? Innanzitutto, l’adesione totale ed entusiastica alla dottrina della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, espressa negli insegnamenti dei Romani Pontefici e del Magistero ecclesiastico in genere (attribuendo a ciascun documento, secondo la sua natura, tutta la misura di adesione prevista dal Diritto canonico). Inoltre, l’adesione a una serie di princìpi teorici, o teorico-pratici, dedotti con scrupoloso rigore logico dalla dottrina cattolica o dall’analisi della realtà – sia attuale che storica – seguendo metodologia e criteri accuratamente elaborati nella TFP, i cui fondamenti sono ampiamente esposti nel citato studio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Infine, l’adesione a una serie di princìpi operativi che sono andati formandosi dall’analisi attenta della pratica, durante decenni di azione comune. Anche questi princìpi hanno i loro fondamenti delineati in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (parte II, capp. da V a XII). Questi princìpi costituiscono nel loro insieme il patrimonio fondamentale della scuola di pensiero della TFP” (129).

Il termine “scuola di pensiero” non esaurisce tuttavia la vocazione della TFP, che, pur essendo nata come una semplice associazione civica, nello spazio di oltre 30 anni si è caratterizzata, sempre più in profondità, come una “famiglia di anime” non priva di analogie con una “famiglia religiosa”.

La relazione stabilitasi nel corso degli anni tra il dottor Plinio e i membri della TFP è simile, infatti, a quella esistente tra il fondatore di un’istituzione religiosa e i propri discepoli. Qual’è l’attuale posizione di questa famiglia di anime nei confronti dell’autorità ecclesiastica? “E’ quella di tutta la libertà che la stessa Chiesa dà ai semplici nuclei in germe o alle società cattoliche nascenti” (130). Il Concilio Vaticano II ha dichiarato infatti la libertà di associazione all’interno della Chiesa affermando che “i laici hanno il diritto di creare e guidare associazioni” (131). “Nessun motivo – commenta il padre Anastasio Gutiérrez – esiste per negare tale libertà a scopo di perfezione cristiana e di apostolato laicale: anzi questi fini vengono esplicitamente ammessi per la libertà di associazione” (132).
Per il Diritto Canonico la TFP è un’associazione privata di laici sottomessi in rebus fidei et morum alla vigilanza che la Chiesa esercita su tutti i fedeli, considerati individualmente o associati fra loro. La natura giuridica di queste associazioni civiche non cambia per il fatto che in esse si realizzino pratiche religiose e che i suoi membri adottino forme di vita simili a quelle della vita consacrata (133).
“Data questa situazione, la TFP e la sua famiglia di anime hanno una caratteristica peculiare. In quanto associazione, la TFP è esclusivamente una società civile. I suoi membri, individualmente considerati, hanno la libertà di praticare ciò che vogliono come cattolici. La TFP si presenta così come un luogo in cui questi cattolici, individualmente considerati, vivono la loro religione secondo pratiche comuni che la Chiesa ha sempre proposto ai propri fedeli” (134).
Va notato che ciò che distingue le associazioni laicali da quelle ecclesiastiche non è il fine, che in entrambi i casi è religioso, ma il fatto di essere o non essere istituite sul piano ecclesiastico.
La finalità della TFP, espressa dall’art. 1 dei suoi Statuti, consiste nell’operare per la restaurazione dei princìpi fondamentali dell’ordine naturale e cristiano. Questa finalità non è diversa dalla missione di “instaurare omnia in Christo” (135) e di “consacrare il mondo” (136) a cui tanto spesso si sono riferiti i Pontefici di questo secolo e che il Concilio Vaticano II, nel Decreto Apostolicam Actuositatem, definisce “instaurationem Ordinis temporalis” (137). Lo stesso Giovanni Paolo II, citando il Concilio (138) afferma che “è compito in particolare dei fedeli laici portare la verità del Vangelo per influire sulle realtà della vita sociale, economica, politica e culturale. Essi hanno lo specifico compito della santificazione del mondo dall’interno impegnandosi nell’attività secolare” (139). Con queste parole egli non fa che ribadire quanto già fu esposto da Pio XII: “Il laico riceve, per grazia di Gesù Cristo, una vocazione specificamente laicale che lo destina a ricercare la santità e ad esercitare un apostolato che tratti di temi temporali ordinati secondo Dio” (140).
Plinio Corrêa de Oliveira, che fin dagli anni Trenta polemizzò con il progressismo per il ruolo indebito che esso attribuiva al laicato nei confronti del clero, è stato paradossalmente accusato di esagerare a scapito del sacerdozio, il ruolo dei laici nel servizio della Chiesa. La realtà è ben diversa.
Secondo la dottrina cattolica, ordine spirituale e ordine temporale sono realtà distinte, ma non separate, come già è implicito nella raccomandazione di Nostro Signore di rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio (141). Il principio liberale della separazione delle due sfere penetrò però, dopo la Rivoluzione francese, all’interno degli ambienti cattolici, con la conseguenza che, mentre in alcuni settori politici si immaginava una restaurazione temporale che potesse prescindere dalla grazia e dal soprannaturale, in altri settori ecclesiastici si tendeva, al contrario, a minimizzare sempre di più il ruolo della natura, della ragione, della libera cooperazione dell’uomo alla grazia divina. Erano i due errori del naturalismo e dello soprannaturalismo destinati ad esplodere dopo il pontificato di Pio XII. Questi equivoci si sono tradotti in enfatizzazioni unilaterali ed arbitrarie del ruolo del laicato o, per diametrum, del clero, nella società. Il Magistero della Chiesa, a cui Plinio Corrêa de Oliveira si uniformò costantemente, indica la strada di un armonico equilibrio.
L’azione del laicato non deriva da una tendenza naturale all’azione, ma dai caratteri del Battesimo e della Cresima, che impongono il dovere dell’apostolato (142), il quale non è altro che l’esercizio della carità cristiana che obbliga tutti gli uomini (143).
I laici formano una nazione santa, sono consacrati a Dio col Battesimo e con la Cresima, sono chiamati a onorare Dio con la santità della vita e con la partecipazione al culto della Chiesa; essi hanno la specifica missione di “consacrare” a Dio l’ordine temporale. “Dignità, consacrazione, missione che la Sacra Scrittura e la Tradizione compendiano e indicano con una sola parola: sacerdozio regale dei fedeli” (144). Plinio Corrêa de Oliveira ha sempre riecheggiato, su questo punto, la dottrina della Chiesa.
“La nostra mentalità moderna – osserva uno scrittore cattolico contemporaneo – fa fatica a capire come dei laici abbiano potuto in passato svolgere un ruolo importante nel campo spirituale senza che il clero se ne adombrasse” (145). Egli ricorda i casi di san Benedetto e san Francesco d’Assisi, che fondarono e governarono i loro ordini senza mai giungere al sacerdozio, così come sant’Ignazio che, ben prima di accedervi, predicò i suoi Esercizi e riunì i primi compagni. Si potrebbero aggiungere altri esempi, come quello del celebre barone de Renty (146), gentiluomo laico e padre di famiglia che diresse spiritualmente alcuni monasteri di religiose.
Prevalentemente laici furono i monaci dei primi secoli, gli ordini militari e ospedalieri del Medioevo, gli istituti insegnanti nati a partire dal secolo XVII.
“Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, – afferma a sua volta Giovanni Paolo II – la vita consacrata per natura sua non è né laicale né clericale (147), e per questo la ‘consacrazione laicale’, tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici (148). Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro” (149).
In questa prospettiva, la TFP, accanto a membri e simpatizzanti sposati, ne conta moltissimi che hanno rinunciato al matrimonio, scegliendo uno stato di vita che non è quella del sacerdote, né del religioso. La castità perfetta, insegna Pio XII nell’enciclica Sacra Virginitas, non è riservata solo ai religiosi, ma può essere consigliata anche ai semplici laici, “uomini e donne” (150). L’invito alla perfetta castità è del resto continuamente raccomandato dalla Chiesa come una scelta che realizza uno stato di vita superiore al matrimonio, finalizzato a una missione di opere di carità, o di insegnamento, o di apostolato (151).
Anche Giovanni Paolo II ha sottolineato con frequenza l’importanza della continenza e della castità nella vita cristiana. Il cristiano coerente con il Vangelo “deve insistere in alti ideali, anche se vadano contro l’opinione corrente”. “Gesù Cristo (…) disse che la via della continenza, di cui Egli stesso dà testimonianza con la sua vita, non solo esiste ed è possibile, ma è particolarmente valida e importante per il Regno dei Cieli. E così deve essere, dal momento che lo stesso Gesù Cristo l’ha scelta per sé” (152).

 

blank

La vocazione specifica della TFP, quella di laici che operano per la “consecratio mundi”, può suscitare perplessità per la sua novità e specificità all’interno della Chiesa. D’altra parte, “Sant’Antonio non ebbe probabilmente molti precursori, quando partì per il deserto”, scrive il padre Henry sottolineando il fatto che lo Spirito Santo può suscitare qualcosa di “interamente inedito nella Chiesa” (153). Non esiste, infatti, secondo i teologi, opera di misericordia per la cui esecuzione non si possa istituire un ordine religioso (154). Per questo la Chiesa racchiude nel suo seno materno una meravigliosa varietà di ordini, congregazioni e famiglie religiose anche secolari, ognuna delle quali, rispondendo alle varie esigenze dei tempi e delle anime, ha messo in luce aspetti diversi della radicalità evangelica e della vita della Chiesa (155). Tutte si richiamano al “carisma” del proprio fondatore (156).
“Che siano canonizzati, o meno – commenta il padre Olphé-Galliard – i fondatori sono i portatori di un carisma che li abilita a suscitare una famiglia spirituale destinata a perpetuare la linfa della loro stessa santità. L’autenticità di quest’ultima si riconosce sia dalla fecondità della loro fondazione, sia dall’esempio della loro personale esperienza” (157).

 

Note:

[129] P. Corrêa de Oliveira, A réplica da autenticidade, cit., pp. 132-133.

[130] A. Sinke Guimarães, Servitudo ex caritate, cit., p. 266.

[131] Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Apostolicam Actuositatem sull’Apostolato dei laici del 18 novembre 1965, n. 19.

[132] A. Gutiérrez c.m.f., voce Istituti di perfezione cristiana, in DIP, vol. V (1988), col. 85 (coll. 75-106).

[133] Nel libro Refutação da TFP a uma investida frustra, cit., si legge che: “la TFP può essere considerata come una confraternitas laicalis, cioè come una associazione di cattolici, con finalità religiose, che non è eretta né governata dalla autorità ecclesiastica e i cui membri la dirigono pertanto liberamente secondo i propri statuti sociali” (vol. I, pp. 319-320). Cfr. anche Commissão de estudos da TFP, A TFP: uma vocação, TFP e famílias, TFP e famílias na crise espiritual e temporal do século XX, Artpress, São Paulo 1986, vol. I, pp. 271-272; A. Sinke Guimarães, Servitudo ex caritate, cit., pp. 157-160. “Così, – commentò lo stesso dottor Plinio – la TFP si definisce perfettamente come un’associazione civica davanti alle leggi civili e come una confraternitas laicalis favanti alle leggi ecclesiastiche, almeno fino a quando studi approfonditi del nuovo Codice di Diritto Canonico non suggeriscano una terminologia più adeguata” (P. Corrêa de Oliveira, A réplica da autenticidade, cit., p. 219). Sulla natura della TFP davanti al Diritto Canonico cfr. anche G. A. Solimeo e L. S. Solimeo, Analyse par la TFP brésilienne d’une prise de position de la CNBB sur la ‘TFP et sa famille d’âmes’, cit.

[134] A. Sinke Guimarães, Servitudo ex caritate, cit., pp. 159-160.

[135] S. Pio X, Lettera Notre Charge Apostolique, cit.

[136] Cfr. Pio XII, Discorso del 5 ottobre 1957 per il II Congresso Mondiale dell’Apostolato dei Laici, in DR, vol. XIX, pp. 459-460.

[137] Cfr. J. Collantes s.j., La fede della Chiesa cattolica, cit., p. 320.

[138] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Lumen Gentium, n. 31.

[139] Giovanni Paolo II, Discorso a Vescovi Statunitensi del 2 luglio 1993, in “L’Osservatore Romano”, 4 luglio 1993.

[140] Pio XII,  Enciclica Sacra Virginitas del 25 marzo 1954, in DR, vol. XVI, pp. 371-398.

[141] Lc. 20, 25; Mc. 12, 17; Mt. 22, 21.

[142] Pio XI, Lettera Ex officiosis litteris del 10 novembre 1933 in IP, Il laicato, cit., p. 532.

[143] Pio XI, Lettera Vos Argentinae Episcopos del 4 dicembre 1930, in IP, Il laicato, cit., p. 320.

[144] P. G. Rambaldi s.j., Sacerdozio gerarchico e sacerdozio non gerarchico, in “Civiltà Cattolica”, vol. 102 (1951), n. II, pp. 354-355 (pp. 345-357).

[145] Daniel Raffard de Brienne, L’Action catholique, Renaissance Catholique, Paris 1991, p. 8.

[146] Sul barone Gaston de Renty (1611-1649), più volte superiore della Compagnia del S.mo Sacramento e promotore della rinascita cattolica in Francia nel secolo XVII, cfr. la celebre biografia del padre Jean Baptiste Saint-Jure s.j., La vie de monsieur Renty, ou le modèle d’un parfait chrétien, Le Petit, Paris 1651, e recentemente Yves Chiron, Gaston de Renty. Une figure spirituelle du XVIII siècle, Editions Résiac, Montsûrs 1985; Raymond Triboulet, Gaston de Renty, 1611-1649, Beauchesne, Paris 1991, id., voce in DSp, vol. XIII (1987), coll. 363-369.

[147] Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 588, §. 1.

[148] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis, n. 10.

[149] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Vita Consecrata, del 25 marzo 1996, suppl. a “L’Osservatore Romano”, 26 marzo 1996.

[150] Pio XII, Enciclica Sacra Virginitas del 25 marzo 1954, cit., p. 163.

[151] Per conservare la virtù della castità, la TFP raccomanda un’estrema vigilanza. Sconsiglia in particolare ai suoi giovani di frequentare spiagge, piscine miste, discoteche, luoghi di dissipazione e di promiscuità che mettono ad evidente rischio la purezza. Questa vigilanza, espressione di genuino spirito cattolico, costituisce uno dei punti che più irritano il cosiddetto “movimento antisette”, ideologicamente dipendente dal pansessualismo freudiano.

[152] Giovanni Paolo II, Udienza del 31 marzo 1982, in Insegnamenti, cit., vol. I (1982), p. 1047.

[153] A. M. Henry o.p., Obéissance commune et obéissance religieuse, suppl. a “La vie spirituelle”, 15-9-1953, b. 26, VI (1953), p. 258.

[1] Paul Philippe, Les fins de la vie religieuse selon saint Thomas d’Aquin, Fraternité de la Très-Sainte-Vierge Marie, Atenas 1962, p. 88.

[154] Pio XII, nella sua Allocuzione al I congresso mondiale per l’Apostolato dei Laici del 14 ottobre 1951 (in DR, vol. XII, pp. 291-301), insiste su quest’ampia libertà che la Chiesa lascia ai fedeli di scegliere la strada da essi giudicata più conveniente.

[155] L’espressione “carisma dei fondatori” è entrata nel linguaggio magisteriale ufficiale con l’Evangelica Testificatio n. 11 (1971). Essa indica i doni di natura e di grazia elargiti al fondatore di una famiglia spirituale per realizzare la propria missione. Sui “fondatori” cfr. Juan Maria Lozano, c.m.f., El fundador y su familia religiosa. Inspiración y carisma, Publicaciones Claretianas, Madrid 1970; Fabio Ciardi, I fondatori uomini dello spirito. Per una teologia del carisma del fondatore, Città Nuova, Roma 1982; id., In ascolto dello spirito. Ermeneutica del carisma dei fondatori, Città Nuova, Roma 1996; A. Sinke Guimarães, Servitudo ex Caritate, cit., pp. 184-210; Elio Gambari s.m.m., J. M. Lozano c.m.f., Giancarlo Rocca s.s.p., Voce Fondatore, in DIP, vol. IV (1977), coll. 96-101; Michel Olphé-Galliard s.j., voce Fondatore, ivi, coll. 102-108; G. Damizia, sub voce, in EC, vol. 5 (1950), pp. 1474-1475; J. F. Gilmont, Paternité et médiation du fondateur d’Ordre, in “Revue d’Ascétique et de Mystique”, vol. 40 (1964), p. 416 (pp. 393-426); Francisco Juberías, c.m.f., La paternidad de los fundadores, in “Vida Religiosa”, vol. 32 (1972), pp. 317-327.

[156] M. Olphé-Galliard s.j., Voce Fondatore, cit., col. 102.

[157] Ivi, col. 103.

[158] Ivi.

[160]59 Ef. 3, 5.

[161] S. Bernardo di Clairvaux, De Laude novae militiae, in Franco Cardini, I poveri cavalieri del Cristo, Cerchio, Rimini 1994, p. 132.

[162] P. Corrêa de Oliveira, Estilo, in “Folha de S. Paulo”, 24 settembre 1969.

Avanti

Indice

Contato