Cap. V, 5. La denuncia dell’infiltrazione comunista nel clero

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Tra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, la sinistra internazionale sferrò in America Latina un’offensiva di grande portata: essa intendeva utilizzare il clero progressista e gli ambienti cattolici per scardinare i regimi politici ancora sostanzialmente conservatori. Essa trovò però sulla sua strada Plinio Corrêa de Oliveira e le TFP.
Quando, nel luglio del 1968, venne alla luce uno sconcertante documento del sacerdote belga Joseph Comblin (56), professore all’Istituto teologico di Recife, Plinio Corrêa de Oliveira reputò giunto il momento di reagire apertamente contro le infiltrazioni comuniste ormai dilaganti nel clero. Egli indirizzò una lettera a mons. Câmara, arcivescovo di Recife, in cui denunciava nel documento Comblin “l’incitamento alla sovversione nel Paese e alla rivoluzione nella Chiesa, (…) la calunnia contro il potere civile, la Gerarchia ecclesiastica, le Forze Armate e la Magistratura, e la configurazione di una descrizione grossolanamente falsificata della realtà nazionale” (57).
“Di tutte le campagne organizzate dal movimento Tradizione-Famiglia-Proprietà – secondo l’abbé Antoine – la più spettacolare è indubbiamente quella del luglio 1968” (58). In due mesi, tra luglio e agosto, i militanti della TFP raccolsero oltre un milione e mezzo di firme contro l’infiltrazione comunista nella Chiesa per le strade di 158 città del Brasile. Tra le firme, quelle di 19 arcivescovi e vescovi, di numerosi ministri, di decine di deputati e uomini politici. L’abbé René Laurentin, che si trovava di passaggio in Brasile, ricorda: “Delle squadre volanti raccolsero firme un po’ dappertutto, nelle stazioni ferroviarie, negli aereoporti, e in altri luoghi pubblici. Gli autori di questa iniziativa mi hanno assai cortesemente sollecitato, in un supermercato di Curitiba. Inalberavano uno stendardo di velluto rosso con l’insegna di un leone in piedi. Invitavano a mettere una firma ‘contro il comunismo’” (59). La petizione fu presentata ufficialmente in Vaticano il 7 novembre 1969; dalla Santa Sede non giunse mai risposta, ma il progressismo subì in Brasile una momentanea battuta d’arresto e il padre Comblin fu costretto ad abbandonare il Paese.
Nel gennaio 1969, in occasione di una conferenza tenuta agli studenti di Harvard, mons. Câmara propose l’ammissione della Cina comunista nell’ONU e l’integrazione di Cuba nel sistema latino-americano. La risposta della TFP non si fece attendere: “In un denso articolo apparso sul quotidiano “O Estado” di San Paolo – ricorda Sebastião A. Ferrarini nel suo libro La presse et l’archevêque rouge – il presidente del Consiglio nazionale della TFP (…) esprime tutto il suo disaccordo con le proposte sconcertanti del prelato, che, a suo dire, fa una tipica inversione di valori, seguendo l’esempio di Marx, dando il primato all’economia” (60). Fu dopo questa analisi del prof. Corrêa de Oliveira che mons. Câmara venne bollato in Brasile, e poi nel mondo intero, come ‘l’arcivescovo rosso’ (61).
Alla fine di 70 giorni di campagna, 40 carovane di militanti avevano visitato 514 città e diffuso 165 mila copie di “Catolicismo”.

 

Note:

[56] Joseph Comblin è nato nel 1923 a Bruxelles e dopo aver compiuto gli studi a Lovanio e a Malines dove venne ordinato sacerdote nel 1947, si trasferì nel 1958 in America Latina dove insegnò Teologia e Pastorale in numeri Istituti e Università. Tra le sue opere più note, in cui definisce l’uomo un “animale rivoluzionario”, cfr. Théologie de la Révolution, Editions Universitaires, Paris 1970.

[57] In “Catolicismo”, n. 211 (luglio 1968).

[58] C. Antoine, L’Eglise et le Pouvoir au Brésil, cit., p. 144. “L’occasione prossima dello scoppio delle operazioni è la pubblicazione di uno studio riservato fatto dal teologo belga padre Joseph Comblin su richiesta di dom Helder. (…) Inaugurata ufficialmente il 10 luglio, la campagna termina definitivamente il 12 settembre seguente. Durante questo periodo, i militanti della TFP raccolgono 1.600.000 firme per le strade di 158 città del Paese” (ivi, pp. 144-145). Secondo Marcio Moreira Alves : “La più grande campagna che essi (i militanti della TFP) hanno intrapreso contro mons. Helder Câmara e i suoi amici, ha ottenuto, secondo gli organizzatori, 1.600.368 firme, fra le quali quelle di 19 arcivescovi e vescovi, di numerosi ministri, di decine di deputati e uomini politici” (A Igreja e a politica no Brasil, cit., p. 230). “Il Brasile è diventato il centro di attività di ambienti reazionari della Chesa latino-americana” annota allarmato l’ultraprogressista Alvaro Delgado (Le clergé en révolte, cit., p. 72).

[59] René Laurentin, Nascita dell’America Latina, tr. it. Edizioni Paoline, Roma 1970, p. 164.

[60] Sebastião Antonio Ferrarini, A Imprensa e o Arcebispo vermelho (1964-1984), Edições Paulinas, São Paulo 1992, p. 63. In un’intervista rilasciata a Oriana Fallaci nell’agosto del 1970, Câmara si dichiarava “d’accordo con l’analisi della società capitalista” fatta da Marx, auspicando “una società rifatta daccapo. Su basi socialiste e senza spreco di sangue” (O. Fallaci, Intervista con la storia, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1980 (4a. ed.), pp. 577, 583).

[61] Tra i vescovi che in quell’occasione presero le distanze dalla TFP, il pubblico brasiliano notò con un certo stupore mons. Vicente Scherer e il cardinale di Salvador Eugenio Sales (cfr. “Catolicismo”, n. 212/214 (agosto-ottobre 1968)).

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