Cap. VI, 13. Antico e nuovo Ordo Missae

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Ampie cerchie di cattolici all’estero hanno sollevato una questione di coscienza di innegabile importanza. I lettori brasiliani sono stati scarsamente informati al riguardo, rendendo loro impossibile seguire i dibattiti di grande importanza per il futuro della Chiesa che si stanno sviluppando attorno a questo tema.

Poiché è dovere dell’etica giornalistica tenere il pubblico informato su tutto ciò che nella realtà contemporanea può legittimamente interessarlo, e poiché ci sembra che i nostri media cattolici non possano rimanere in disparte su questo tema, Catolicismo dedica a esso questo numero.

Si tratta di dubbi e perplessità espressi sulla recente riforma della Messa. Anche tra il clero e i teologi, c’è chi vede nel nuovo Ordo un’«apertura» verso i protestanti (nella foto in basso, una Cena luterana celebrata secondo la liturgia svedese).

Nella foto a destra, Paolo VI appare accanto ai sei protestanti che hanno partecipato come osservatori ai lavori della commissione pontificia incaricata di redigere il nuovo testo della Messa. Alla destra del Papa c’è il signor Max Thurian, un luterano del monastero di Taizé.

 

Nella lettera apostolica Ecclesia Dei del 2 luglio 1988, Giovanni Paolo II stabilisce che “dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962” (126). Egli chiede inoltre ai vescovi e a tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale di “garantire il rispetto delle giuste aspirazioni” di tutti quei fedeli cattolici “che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina”.
Questo importante documento tiene conto di quanto è accaduto nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II: il “caso Lefebvre”, culminato nelle illegittime consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988, non è che il preoccupante sintomo di un disagio diffuso conseguente alla riforma liturgica culminata nel Novus Ordo Missae del 1969 (127). “L’attrattiva teologica della Messa tridentina – ha affermato il cardinale Alfons Stickler – fa riscontro alle deficienze teologiche della Messa uscita dal Vaticano II” (128). Il risultato della riforma liturgica, secondo lo stesso cardinale Ratzinger, “nella sua realizzazione concreta (…) non è stata una rianimazione ma una devastazione” (129).
Quando, nel 1969, il nuovo Ordo Missae entrò in vigore, alcuni membri eminenti della gerarchia, così come molti teologi e laici, svolsero una serrata critica della nuova liturgia della Messa (130). Fin dall’ottobre di quell’anno, i cardinali Ottaviani e Bacci presentarono a Paolo VI un Breve esame critico del Novus Ordo Missae redatto da uno scelto gruppo di teologi di varie nazionalità. Nella lettera da loro indirizzata al Pontefice, si affermava che “il Novus Ordo Missae (…) rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i ‘canoni’ del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del mistero” (131).
A partire da quella data iniziarono a moltiplicarsi gli appelli di fedeli di ogni nazionalità che chiedevano il ripristino, o almeno la par condicio per la Messa tradizionale (132). Va ricordato tra l’altro un “memorandum” con cui nel 1971 oltre cento eminenti personalità di tutto il mondo chiedevano alla Santa Sede “di voler considerare con la massima gravità a quale tremenda responsabilità andrebbe incontro di fronte alla storia dello spirito umano se non consentisse a lasciar vivere in perpetuità la Messa tradizionale” (133).
Plinio Corrêa de Oliveira seguì con attenzione le fasi della polemica che si sviluppò sugli organi di stampa e su riviste specializzate (134). Il problema toccava ogni cattolico e, come tale, non poteva lasciare indifferente il pensatore brasiliano così attento e sensibile ad ogni tema che riguardasse in qualche modo la Chiesa. Egli studiò e fece studiare l’argomento, ma, su questo delicato punto, non assunse mai una posizione pubblica, né volle in alcun modo impegnare la sua associazione, lasciando l’ultima decisione alla coscienza dei singoli. Si trattava infatti di un campo strettamente teologico al di fuori della competenza specifica della TFP, limitata alla sfera temporale della Chiesa.
Si può forse riscontrare un’analogia tra la posizione che egli assunse nei confronti dell’Ostpolitik e quella verso il Novus Ordo di Paolo VI: in entrambi i casi, egli manifestò una “resistenza” a ciò che sentiva come danno alla fede e imposizione alla sua coscienza (135). Ma mentre la posizione assunta verso l’Ostpolitik fu pubblica, perché concerneva quell’ordine sociale che spetta ai laici instaurare secondo la dottrina della Chiesa, l’atteggiamento verso la nuova Messa restò privato e personale. Confortato dalle opinioni di numerosi e illustri pastori e teologi, Plinio Corrêa de Oliveira volle rimanere fedele alla tradizione liturgica in cui era stato educato, nella convinzione che il problema andasse comunque inquadrato nella più ampia crisi della Chiesa postconciliare, e solo in questo quadro potesse un giorno essere risolto.

 

Note:

[126] Cfr. il testo della Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II in AAS, vol. 80 (1988), pp. 1495-1497. Molti istituti religiosi riconosciuti dalla Santa Sede hanno ottenuto il permesso di celebrare la Santa Messa secondo il Messale Romano tradizionale. Tra questi, la Società di San Pietro, la Fraternità di San Vincenzo Ferreri, l’Opus Sacerdotale, i monaci benedettini del Monastero di Sainte Madeleine du Barroux, l’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote di Gricigliano.

[127] Il 3 aprile 1969 apparve la Costituzione apostolica Missale Romanum che constava di due documenti: la Institutio generalis missalis Romani e il nuovo Ordo Missae propriamente detto ossia il nuovo testo della Messa e delle rubriche che lo accompagnano. Uno dei suoi principali artefici, mons. Annibale Bugnini, segretario del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, nel suo libro La riforma liturgica (1948-1975) (Edizioni Liturgiche, Roma 1983), rivendica il ruolo svolto da Paolo VI in cui indica “il vero realizzatore della riforma liturgica”: “Il Papa ha visto tutto, ha seguito tutto, ha esaminato tutto, ha approvato tutto” (p. 13).

[128] Card. Alfons M. Stickler, L’attrattiva teologica della Messa Tridentina, Conferenza tenuta a New York all’associazione “Christi fideles” nel maggio 1995.

[129] Card. J. Ratzinger, Klaus Gamber. L’intrépidité d’un vrai témoin, prefazione a mons. Klaus Gamber, La réforme liturgique en question, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1992, p. 6.

[130] Tra i numerosi studi critici sulla “Nuova Messa” e la Riforma liturgica, per la maggior parte composti da studiosi laici, segnaliamo: A. Vidigal Xavier da Silveira, La nouvelle Messe de Paul VI qu’en penser?, cit.; Jean Vaquié, La Révolution liturgique, Diffusion de la Pensée Française, Chiré-en-Montreuil 1971; Louis Salleron, La Nouvelle Messe, Nouvelles Editions Latines, Paris 1976 (1971); Wolfgang Waldstein, Hirtensorge und Liturgiereform, Lumen Gentium, Schaan (Fl) 1977; mons. K. Gamber, Die Reform der Römischen Liturgie, F. Pustet, Regensburg 1979 (quest’opera nella versione francese (cit.) contiene prefazioni dei cardinali Silvio Oddi, Joseph Ratzinger e Alfons M. Stickler); Michael Davies, Pope Paul’s New Mass, The Angelus Press, Dickinson (Texas) 1980.

[131] Lo studio, promosso da “Una Voce-Italia”, è stato ripubblicato dalla stessa associazione assieme a un Nuovo esame critico del “Novus Ordo Missae” opera di un liturgista e teologo francese (Il Novus Ordo Missae: due esami critici, “Una Voce”, suppl. al n. 48-49 del notiziario gennaio-luglio 1979).

[132] Tre pellegrinaggi internazionali di cattolici si svolsero a Roma per riconfermare la fedeltà alla Messa tradizionale e al catechismo di San Pio X (cfr. Guglielmo Rospigliosi, La manifestazione dei cattolici tradizionalisti riconfermano la fedeltà al messale e al catechismo, in “Il Tempo”, 19 giugno 1970). Una raccolta degli appelli fino al 1980 in … Et pulsanti aperietur (Lc 11, 10), FI-Una Voce, Clarens 1980.

[133] Tra i firmatari figuravano: Romano Amerio, Augusto Del Noce, Marius Schneider, Marcel Brion, Julien Green, Henri de Montherlant, Jorge Luis Borges, gli scrittori inglesi Agatha Christie, Robert Graves, Graham Green, Malcolm Mudderidge, Bernard Wall, il violinista Yehudi Menuhin. Cfr. il testo e l’elenco dei firmatari in “Una Voce”, n. 7 (luglio 1971).

[134] Cfr. ad esempio O direito de saber, in “Folha de S. Paulo”, 25 gennaio 1970 e “Catolicismo”, n. 230 (febbraio 1970) in cui egli informava il pubblico brasiliano sulle prime manifestazioni di resistenza al Novus Ordo. Mons. de Castro Mayer pubblicava da parte sua una Carta Pastoral sôbre o Santo Sacríficio da Missa, pubblicata sul n. 227 (novembre 1969) di “Catolicismo”. Nel 1971, apparve un ampio e documentato articolo a cura di Gregorio Vivanco Lopes, Sôbre a nova missa: repercussões que o público brasileiro ainda não conhece, in “Catolicismo”, n. 242 (febbraio 1971).

[135] Il padre domenicano Roger-Thomas Calmel, in un articolo apparso sul numero di novembre del 1971 di “Itinéraires”, trattando il problema dell’assistenza alla Nuova Messa, affermava che “le condizioni dell’obbligo legale sono state annullate”, restando invece l’obbligo grave di confessare apertamente la fede nella Messa cattolica (L’assistance à la Messe suivie de l’apologie pour le Canon Romain, in “Itinéraires”, n. 157 (novembre 1971), p. 6). Cfr. anche A Missa Nova: um caso de consciência, compilado soba a responsabilidade dos padres tradicionalistas da Diocese de Campos, Artpress, São Paulo 1982.

[136] George Tyrrell, Lettre a Henri Brémond, Aubier, Paris 1971, p. 287.

[137] P. Corrêa de Oliveira, A guerra e o Corpo Místico, in “O Legionário”, n. 610 (16 aprile 1944)

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