Vetrata dell’Apocalisse (Cattedrale di Bourges, Francia)
La prospettiva di Fatima, centrata sull’idea di un castigo dell’umanità, e quella monfortana del Regno di Maria, basata sull’idea di un’età di trionfo della Chiesa, vengono talvolta erroneamente definite come “apocalittiche” e “millenariste”.
Con il termine apocalittica si tende oggi a qualificare ogni prospettiva escatologica che preveda una catastrofe, più o meno imminente, nel corso della storia; con la parola millenarismo, ci si riferisce invece, in maniera generica, alla previsione di un “periodo aureo” nel futuro dell’umanità. In una accezione così larga, i due termini finiscono col comprendere ogni prospettiva relativa alla fine di un’epoca dell’umanità e all’instaurazione di una nuova civiltà, per indicare genericamente una disposizione psicologica al cambiamento radicale e all’ attesa di una “nuova era” (101).
Queste accuse vengono da alcuni estese alla teologia della storia di Plinio Corrêa de Oliveira, che alla scuola di Fatima e di san Luigi Maria prevede un grande trionfo della Chiesa e della Civiltà cristiana, dopo una crisi metaforicamente definita nel linguaggio quotidiano della TFP come “bagarre”. I termini di apocalittica e millenarismo, così maldestramente utilizzati, vanno dunque chiariti nel loro autentico significato alla luce della dottrina cattolica.
Millenarismo (102), o chiliasmo, è, in senso proprio, la dottrina escatologica, secondo cui Gesù Cristo regnerà visibilmente sulla terra con i suoi eletti per un periodo di mille anni tra una prima resurrezione dei Santi e la seconda, universale, alla fine del mondo. Questa teoria, fondata sull’interpretazione letterale di un passo dell’Apocalisse (103), fu sostenuta nei primi secoli della Chiesa da padri Greci e Latini come sant’Ireneo (104), san Giustino (105), Tertulliano (106), Lattanzio (107).
Sant’Agostino, che confessa di aver subito l’attrazione millenarista, ne respinge decisamente il sistema nel De Civitate Dei (108), così come san Tommaso nella Summa Theologica (109). “Sebbene il chiliasmo non sia stato catalogato come eresia – afferma il padre Allo – il sentimento comune dei teologi di tutte le scuole lo vede però come una dottrina ‘erronea’ alla quale qualche antico Padre ha potuto essere stato trascinato da certe condizioni delle età primitive” (110).
Il Sant’Uffizio, con decreto del 19-21 luglio 1944, ha affermato che il millenarismo, anche mitigato, inteso come il sistema secondo cui “Cristo Signore, prima del giudizio finale, sia che preceda che non preceda la risurrezione della maggior parte dei giusti, verrà in modo visibile, per regnare su questa terra, (…) non può essere insegnato senza pericolo (“tuto doceri non posset”)” (111).
Ogni cattolico minimamente familiarizzato con la storia della dottrina della Chiesa può facilmente comprendere come il “millenarismo” costituisce un’inconfondibile e ben definita dottrina, ben diversa dal messaggio di Fatima e dalle tesi di san Luigi Maria Grignion di Montfort e di Plinio Corrêa de Oliveira.
Si può invece parlare legittimamente di un’apocalittica cattolica, se con questo termine si intende la speculazione teologica sull’Apocalisse che è, per ogni cristiano, il libro profetico e ispirato che chiude il Nuovo Testamento (112). Esso descrive, in connessione con il presente, la storia futura, abbracciando il conflitto di tutti i tempi tra Gesù Cristo e l’eterno avversario, fino a “l’ultima persecuzione che, nell’imminenza del Giudizio finale, dovrà soffrire su tutta la terra la Santa Chiesa, cioè tutta la città di Cristo, da parte di tutta la città del diavolo” (113).
“Perché vi sarà allora una tribolazione si grande, quale non vi fu mai dal principio del mondo fino ad ora, né mai vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, non scamperebbe anima viva; ma in grazia degli eletti saranno abbreviati quei giorni” (114).
La storia del genere umano non si concluderà con una apoteosi conseguente ad un’irreversibile ascesa storica, ma con una catastrofe, una tirannide universale del male. “Nella tradizione della filosofia della storia propria dell’occidente – osserva un noto filosofo cattolico contemporaneo – lo stesso terminale del tempo porta il nome: signoria dell’Anticristo” (115). L’Anticristo, commenta mons. Antonino Romeo, “è il nemico capitale di Cristo” che alla fine dei tempi “sedurrà con satanici prodigi e astuzie molti cristiani” prima di essere annientato da Cristo nella Sua Parusia (116).
La vita cristiana è, in questa prospettiva, invocazione e “attesa” della Parusia (117), descritta nell’Apocalisse: la seconda venuta “con potenza e con gloria” (118) del Signore per compiere il suo Regno messianico, con la sconfitta dell’Anticristo e l’instaurazione della Gerusalemme celeste. La liturgia dell’avvento, come quella pasquale, esprime l’attesa implorante di questa venuta che spinge i cristiani ad “essere sempre pronti” (119).
“In effetti – commenta il cardinale Billot – basta aprire appena il vangelo per ammettere che la Parusia è davvero l’alfa e l’omega, il principio e la fine, la prima e l’ultima parola della predicazione di Gesù, che ne è la chiave, la soluzione, la spiegazione, la ragion d’essere, la sanzione; insomma, che è l’evento supremo al quale tutto il resto è riferito e senza il quale tutto il resto crolla e sparisce” (120).
Questa apocalittica cattolica, sempre predicata dalla Chiesa, non ha nulla a che vedere con il millenarismo antico, né con quello moderno le cui origini sono da certi studiosi individuate nel pensiero di Gioacchino da Fiore, o nel suo travisamento.
Si è discusso molto sulla figura, ancora avvolta da un’ombra di mistero, dell’abate calabrese (121). Egli elaborò una teologia della storia in cui, seguendo lo schema trinitario, distingue tra un’età del Padre, iniziata con Adamo, un’età del Figlio, che ha in Cristo il suo compimento, e una terza età dello Spirito Santo, annunciata da san Benedetto. Ciò che in lui o nella sua “posterità” (122) è eterodosso, non fu però la scansione trinitaria della storia, né l’attesa di un’ “età nuova”, ma la negazione, se vi fu, dell’unità divina delle Persone, della perennità del Vangelo di Cristo e della missione salvifica della Chiesa nella “terza età”. Da Gioacchino, secondo alcuni studiosi, deriverebbe un processo di immanentizzazione dell’escatologia cristiana destinato ad animare la moderna utopia di un’auto-redenzione dell’uomo (123).
Quel che è certo è che inizia nel XIV secolo un’apocalittica che rappresenta l’antitesi della teologia della storia cristiana. Il millenarismo moderno si sviluppa con l’ala sinistra della Rivoluzione protestante, a partire da Thomas Müntzer e dagli anabattisti, e propone una rivoluzione terrena intesa ad instaurare il Regno di Dio nell’ordine puramente temporale. L’idea umanistica di “Rinascita” (124), come quella protestante di “Reformatio” (125), esprimono l’attesa escatologica di un’età nuova caratterizzata dalla fine della Chiesa cattolica e del Papato, spesso identificato con l’Anticristo. Più che di millenarismo, si tratta di un “messianismo” che caratterizza le sètte dell’ambiente anglosassone e germanico, permea le origini della filosofia moderna, sfocia nella Rivoluzione francese (126) Il mito ottocentesco del progresso, quello della società senza classi marxista, quello nazionalsocialista del “Terzo Reich” e quello ecologico dei “verdi” (127), possono essere ricondotti a questo filone di messianismo laico: esso presuppone la negazione del peccato originale e della missione della Chiesa e la “autoredenzione” dell’umanità nella storia e attraverso la storia (128).
L’opposizione non potrebbe essere più netta: l’escatologia cristiana vuole sacralizzare la società e la storia ordinandola a Dio; il messianismo laico vuole un’implicita divinizzazione dell’uomo e delle strutture sociali per realizzare il “Regno di Dio” sulla terra, nella sua assoluta perfezione (129).
Nulla ha di comune con il millenarismo, l’idea di un’età storica in cui il cattolicesimo raggiunga la sua pienezza, realizzando il motto e l’auspicio di san Paolo e dei grandi pontefici di questo secolo: “Instaurare omnia in Christo” (130).
Note:
[101] Cfr. ad esempio Jean Séguy, Millénarisme, in Catholicisme, vol. IX (1982), coll. 158-165; id., Sur l’apocalyptique catholique, “Archives de Sciences Sociales des Religions”, n. 41 (1978), pp. 165-172.
[102] Sul millenarismo: cfr. le voci di H. Lesêtre, in DB, vol. IV (1908), coll. 1090-1097; Gustave Bardy, in DTC, vol. X (1929), coll. 1700-1763; Antonio Piolanti, in EC, vol. VIII (1952), coll. 1008-1011; Maurilio Adriani, in ER, vol. IV (1972), coll. 383-387. Cfr. anche Ted Daniels, Millennialism: An International Bibliography, Garland, New-York-London 1992; Il Millenarismo. Testi dei secoli I-II, a cura di Carlo Nardi, Nardini Editore, Fiesole 1995.
[103] “Vidi un angelo scendere dal cielo; aveva la chiave dell’abisso e una grande catena sulla sua mano. Afferrò il drago, il serpente antico, che è il diavolo e Satana, e lo legò per mille anni; e lo gettò nell’abisso, lo chiuse e lo sigillò su lui, perché non traviasse più le nazioni fino a che siano compiuti i mille anni. Dopo di ciò deve essere sciolto per poco tempo. (…)” (Apoc. 20, 1-5).
[104] S. Ireneo, Adversus Haereses, V, 32-35, in PG, vol. VII, coll. 1210-1221.
[105] S. Giustino, Dialoghi con Trifone, 80-81, in PG, vol. VI, coll. 664-669.
[106] Tertulliano, Adversus haereses, 5, 32, 1.
[107] Lattanzio, De Divinis Institutionibus, VII, 24, in PL, vol. VI, col. 808.
[108] S. Agostino, De Civitate Dei, libro XX, cap. 7, in PL, vol. XLI, coll. 667-668.
[109] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, III, q. 77, art. 1, ad. 4.
[110] E. B. Allo o.p., Saint Jean, L’apocalypse, J. Gabalda et C., Paris 1933, 3a. ed., p. 323.
[1111] AAS, vol. 36 (1944), p. 212; Denz-H, n. 3839. “Il decreto afferma dunque che il millenarismo (o chiliasmo), anche se mitigato o spirituale, secondo il quale Cristo ritornerebbe visibilmente sulla terra per regnarvi, prima del giudizio universale, preceduto o meno della resurrezione di un certo numero di giusti, questa dottrina non può essere insegnata senza imprudenza riguardo la fede” (G. Gilleman, s.j., Condamnation du millénarisme mitigé, in “Nouvelle Revue Théologique”, t. 67 (maggio-giugno 1945), p. 240).
[112] Mons. A. Romeo, Apocalisse, in EC, vol. I (1948), coll. 1600-1614.
[113] S. Agostino, De civitate Dei, libro XX, cap. 11.
[114] Mt. 24, 21-22.
[115] Josef Pieper, Sulla fine del tempo, tr. it. Morcelliana, Brescia 1959, p. 113. Al termine della storia si prospetta, secondo Pieper, l’immagine di un “pseudo-ordine mantenuto con l’uso della forza” (ivi, p. 121). Lo stato mondiale dell’Anticristo sarà uno stato totalitario in senso estremo (ivi, p. 123).
[116] A. Romeo, Anticristo, in EC, vol. I (1948), col. 1433 (coll. 1433-1441). Cfr. anche A. Arrighini, L’anticristo, la venuta e il regno del vicario di Satana, Fratelli Melita, Milano 1988. Per una recente meditazione sul tema, cfr. card. Giacomo Biffi, Attenti all’Anticristo! L’ammonimento profetico di V. S. Solovëv, Piemme, Casale Monferrato 1991.
[117] J. Chaine, Parousie, in DTC, vol. XI (1932), coll. 2043-2054; A. Romeo, Parusia, in EC, vol. IX (1952), coll. 875-882.
[118] Mt. 24, 30.
[119] S. Bernardo di Clairvaux, In adventu Domini sermones VII, in PL, vol. 183, coll. 35-56.
[120] Card. Louis Billot s.j., La Parousie, Beauchesne, Paris 1920, p. 10.
[121] Su Gioacchino da Fiore (1130-1202) e il gioachimismo la bibliografia è abbondante. Cfr. i numerosi studi dedicati da mons. Giovanni Di Napoli all’abate calabrese: La teologia trinitaria di Gioacchino da Fiore, in “Divinitas”, n. 3 (ottobre 1976); id., L’ecclesiologia di Gioacchino da Fiore, in “Doctor communis”, n. 3 (settembre-dicembre 1979); id., Teologia e storia in Gioacchino, in Storia e messaggio in Gioacchino da Fiore, Atti del Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti (19-23 settembre 1979), Centro di Studi Gioachimiti, S. Giovanni in Fiore 1980, pp. 71-150. Cfr. anche Marjorie Reeves, Beatrice Hirsch-Reich, The Figure of Joachim of Fiore, Clarendon Press, Oxford 1972; Delno C. West e Sandra Zimdars-Swartz, Joachim of Fiore: a Study in Perception and History, Indiana University Press, Bloomigton 1983; Bernard McGinn, L’abate calabrese. Gioacchino da Fiore nella storia del pensiero occidentale, tr. it. Marietti, Genova 1990.
[122] Occorre distinguere tra l’abate calabrese e la sua “posterità”, di cui sono stati tracciati itinerari filosofici e letterari che arrivano fino ai nostri giorni. Il padre de Lubac che ha cercato di seguire le tracce del gioachimismo nel corso dei secoli, afferma che “la storia della posterità spirituale di Gioacchino è anche, e per la maggior parte, la storia dei tradimenti del suo pensiero” (Henri de Lubac s.j., La posterità intellettuale di Gioacchino da Fiore, tr. it. Jaca Book, Milano 1981-1984, vol. I, p. 84). Cfr. anche Marjorie Reeves-Warwick Gould, Joachim of Fiore and the Myth of Eternal Evangel in the Nineteenth Century, Clarendon Press, Oxford 1987.
[123] Così per esempio Eric Voegelin, La nuova scienza politica, tr. it. Borla, Torino 1968, con una Introduzione di A. Del Noce; id., Il Mito del mondo nuovo. Saggi nei movimenti rivoluzionari del nostro tempo, tr. it. Rusconi, Milano 1970.
[124] Cfr. Harry Levin, The Myth of the Golden Age in the Renaissance, Faber & Faber, London 1969; Gustavo Costa, La leggenda dei secoli d’oro nella letteratura italiana, Laterza, Bari 1972.
[125] Sull’apocalittica protestante, soprattutto tra le sètte inglesi del XVII secolo, cfr. Bernard S. Capp, Fifth Monarchy Men: a Study in Seventeenth Century English Millenialism, Bowman and Littlefield, Totowa 1972; Eric Russel Chamberlin, Anti-Christ and the Millennium, Saturday Review Press, New York 1975; William B. Ball, A Great Expectation: Eschatological Thought in English Protestantism, E. J. Brill, Leiden 1975; Paul Christianson, Reformers in Babylon: English Apocalyptic Visions from the Reformation to the Eve of the Civil War, University of Toronto Press, Toronto 1978; Catherine Firth, The Apocalyptic Tradition in Reformation Britain 1530-1645, Oxford University Press, New York 1979; Robin Bruce Barnes, Prophecy and Gnosis: Apocalypticism in the wake of the Lutheran Reformation, Stanford University Press, Stanford 1988.
[126] Cfr. Renzo De Felice, Note e ricerche sugli “Illuminati” e il misticismo rivoluzionario (1789-1800), Storia e Letteratura, Roma 1960; Clarke Garrett, Respectable Folly Millenarians and the French Revolution in France and England, John Hopkins University Press, London 1975, su cui D. Menozzi, Millenarismo e rivoluzione francese, in “Critica Storica”, vol. 14 (1977), pp. 70-82.
[127] Cfr. Romolo Gobbi, Figli dell’Apocalisse, Rizzoli, Milano 1993, pp. 264-281.
[128] Sull’utopia moderna cfr. Walter Nigg, Das ewige Reich, Artemis, Zürich 1954; E. Gilson, La Città di Dio e i suoi problemi, tr. it. Vita e Pensiero, Milano 1959; T. Molnar, L’utopia, eresia perenne, cit.; Bronislaw Baczko, L’utopia, tr. it. Einaudi, Torino 1979; Cfr. inoltre Alexander Cioranescu, L’avenir du passé. Utopie et littérature, Gallimard, Paris 1972; Massimo Baldini, La storia delle utopie, Armando, Roma 1994.
[129] Cfr. padre Reginald Grégoire, Rapporti tra apocalittica medievale e messianismi laici odierni, in Storia e messaggio in Gioacchino da Fiore, cit., pp. 225-244. Il messianismo laico, osserva il padre Grégoire, “crea un sentimento di soddisfazione, di ammirazione per l’uomo capace di creare la propria felicità nell’intimo di quella umanità medesima. L’Assoluto non possiede più alcun significato. E’ l’apogeo del naturalismo” (ivi, p. 237). Questo naturalismo è destinato a trovare la sua espressione non solo nell’ateismo politico marxista e nazista, ma anche in alcune forme della “teologia della liberazione” che cercano la realizzazione puramente storica del Regno di Dio. Sul millenarismo postmedievale, cfr. anche la voce Chiliasmus IV di Richard Bauckham in TRE, vol. 7 (1981), pp. 737-745.
[130] Ef. 1, 10.