Legionario, São Paulo, 4 aprile 1943, n. 556, pag. 2
di Plinio Corrêa de Oliveira
Un amico del «Legionario», parlando con me qualche giorno fa, mi ha informato che sta diventando nuovamente necessario un lavoro di chiarimento dell’opinione cattolica sul legame esistente tra i problemi politici, sociali ed economici e la dottrina cattolica. In realtà, penso che tra i cattolici non ci sia argomento più dibattuto di questo. Tuttavia, comprendo l’osservazione del mio amico. L’ambiente moderno è talmente impregnato dell’idea che la religione costituisca nella vita degli uomini e dei popoli un compartimento stagno, senza alcun contatto con altre attività che non siano la mera celebrazione degli atti di culto e – al massimo – la pratica dei doveri che la Legge di Dio e della Chiesa impone a ciascun individuo, che di tanto in tanto è opportuno rinnovare la vera nozione cattolica sull’argomento. E, per il “Legionario”, si tratta di una necessità semplicemente vitale.
In effetti, non so quale giudizio dare del nostro giornale [“Legionario”] un cattolico per il quale le attività della Chiesa cessano nei confini dei templi e della sacrestia, si rinchiudono tra le mura delle opere di assistenza materiale agli indigenti e, al massimo, si estendono solo alla ristretta sfera della vita individuale di ciascuno di noi. All’interno di una tale concezione della vita del cattolico, il settimanale religioso dovrebbe concentrare le sue pubblicazioni su argomenti di pietà, di formazione spirituale, su notizie di fatti ed eventi di carattere strettamente ecclesiastico, e, se volesse essere eccellente e veramente superare i limiti del necessario, pubblicherebbe qualche piccolo romanzo a puntate, essenzialmente innocuo, come è ovvio, la cui lettura piacevole compenserebbe il lettore della noia della lettura degli altri argomenti.
Grazie a Dio, siamo lontani dall’essere tra coloro che parlano con disprezzo dei “limiti delle sacrestie” come limiti di cose estremamente insipide, sterili e poco interessanti. Tutta la vita delle opere sociali cattoliche è nella vita soprannaturale di coloro che le dirigono e di coloro che lavorano per esse. Guai agli sforzi che non entrano mai nella sacrestia! Sono destinati a fallire, perché la sacrestia, la Chiesa, sono le fonti da cui deve attingere tutto ciò che vuole vivere della vita soprannaturale del cattolicesimo.
Tuttavia, c’è una verità parallela a questa, che non deve essere dimenticata. Le cose che nascono nella Chiesa o nella sacrestia e che non riescono a varcare la soglia dell’una o dell’altra non sono nate completamente. La Chiesa e la sacrestia sono fonti. E quando le acque sgorgano da una fonte feconda non formano solo una piccola pozza d’acqua intorno ad essa: da ruscello si trasforma in fiume e scorre alla ricerca dell’oceano. In altre parole, la vera vita di pietà si espande necessariamente. E se non si espande, non è vera.
Capiamo quindi che, se un giornale di pietà riesce a formare lettori veramente pii, divorati dal vero zelo della Casa di Dio, ben presto questo zelo produrrà opere, irradierà influenza, cercherà di modellare, secondo lo spirito cristiano, le istituzioni e i costumi. E se il giornale cattolico vorrà seguire l’impulso di devozione e apostolato dei suoi lettori, sarà costretto ad ampliare il proprio ambito, smettendo di essere esclusivamente pio.
Pertanto, l’alternativa è chiara: ad eccezione dei giornali o delle riviste specializzate nella pietà, o la stampa cattolica forma un pubblico devoto che la trascinerà in campi diversi da quello della pietà, oppure il giornale cattolico, anche se tratta solo di pietà, in realtà non è devoto.
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L’errore di valutazione di alcuni lettori deriva da un ragionamento basato su premesse semplicistiche. Dato che l’apostolato è un’opera per la salvezza delle anime, e dato che alla Chiesa interessa solo il culto di Dio e la salvezza delle anime, ci si chiede: che cosa c’entra la politica con tutto questo? Che cosa importa alla salvezza delle anime un’elezione generale in Inghilterra, un articolo di giornale scritto in Svizzera sull’espansione dell’influenza giapponese in Indocina, il problema dell’unità sindacale o la Carta dell’Atlantico? Non sarebbe preferibile abbandonare questo campo sterile, fatto di questioni velenose, di ambizioni ferite, di delusioni e di rancori?
Non sarebbe più generoso e più nobile occuparsi esclusivamente della formazione pia e morale dei fedeli?
A questa domanda risponderemo: «principalmente», sì; «esclusivamente», no e mai. Ne vedremo il motivo in un altro articolo.
(*) Nota del compilatore: si intenda Politica con la “P” maiuscola e non nel senso di “politica di partito”, nell’accezione negativa del termine.