Che cosa dovrebbe fare oggi sant’Ambrogio? – Discorso del Beato Cardinale Schuster (7-12-1950)

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Sant’Ambrogio, rappresentato con la frusta con la quale fustigava l’eresia (Carlo di Braccesco – 1495)

 

Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, “Al dilettissimo popolo”, Ed. San Paolo, 1996, pag. 340-350)

(RDM 39 (1950) pp. 21-27)

 

CHE COSA DOVREBBE FARE OGGI SANT’AMBROGIO?

Discorso tenuto nella basilica di Sant’Ambrogio, 7 dicembre 1950

 

È la ventiduesima volta che Schuster predica nell’antica basilica in occasione della ricorrenza del patrono della diocesi; anziché presentare la figura di Ambrogio come al solito sullo sfondo delle vicende del IV secolo, cerca di attualizzarla.

La storia può diventare permanente maestra di vita solo se «lo sguardo sul passato indirizzi saggiamente pel futuro». Il cardinale nota che è finito il tempo in cui gli stati «coadiuvavano l’opera riformatrice della Chiesa» mentre al presente la maggior parte delle nazioni è laica ed in qualche caso addirittura persecutrice. Non si tratta quindi solo dei governi ma anche delle popolazioni: «grandi masse vivono oramai fuori dei margini della vita cristiana». Si può persino dire che si è scavata una voragine tra la Chiesa e la società odierna.

Di fronte a questa distanza avverte che non può bastare l’attivismo con il quale si cerca di rincorrere il popolo con gli stessi mezzi usati dalle altre ideologie, ma occorre fondarsi direttamente su Cristo. A questo punto sono tre le indicazioni che offre per ridare questo senso profondo all’azione pastorale: «per me il mondo va riaccostato a Cristo colla santità sacerdotale, coll’Azione Cattolica [nota del nostro sito: come si vedrà più avanti, il beato Cardinale utilizza “Azione Cattolica” in un senso lato], e forse anche col sacrificio della persecuzione».

 

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Santo Ambrogio caccia gli ariani (Giovanni Ambrogio Figino, 1590)

 

Sono ormai venti anni che, col buono e col cattivo tempo, in pace ed in guerra, siamo soliti di ripetere in questa giornata il panegirico di S. Ambrogio.

Quest’anno cambiamo un po’ argomento; ed invece di dire quanto il Santo a suo tempo ha fatto per la Chiesa, studiamoci piuttosto di determinare quanto egli dovrebbe fare oggi, se vivesse ai nostri tempi.

(…) La storia è la maestra della vita, a condizioni tuttavia che lo sguardo sul passato indirizzi saggiamente pel futuro. Senza di che, la semplice notizia dei tempi che furono rassomiglia ad un’orrida statistica di morti, redatta ad uso dei moribondi.

C’è un pericolo al quale non sfuggono facilmente gli ecclesiastici specialmente le famiglie religiose. È il culto statico delle glorie degli avi, senza però che i successori si rendano troppo conto che tempi ed uomini camminano, e chi si ferma lungo la strada finisce per isolarsi dalla carovana.

Chiesa e Stato in altri tempi

(…) La Chiesa del Rinascimento, in quanto erede delle ricchezze spirituali e politiche del Medio Evo, si trovava di fronte ad una società sostanzialmente Cristiana, anche se grandi e piccoli non dimostravano sempre troppa coerenza tra la dottrina della Fede e la pratica della vita.

* * *

Anche gli Stati del secolo XVI coadiuvavano l’opera riformatrice della Chiesa; e bisognava, anzi, trattenerli perché non facessero troppo e non si sostituissero addirittura ai ministeri della sacra Gerarchia.

Guai allora a non santificare la festa, a non celebrare la Pasqua, ad attentare ai buoni costumi! Provvedevano subito il Podestà o il Governatore, distribuendo generosamente ai peccatori dei buoni tratti di corda, dei bandi, e sin dei patiboli e dei roghi.

Con governi siffatti, senza stampa corruttrice o spettacoli scandalosi, senza facilità di comunicazioni, senza massoneria, (…) o quinte colonne, era relativamente facile ad un Pastore di anime della statura del Borromeo il custodire la Fede nel proprio gregge.

Il mondo laico

Oggi invece la situazione della Chiesa nella società non solo è mutata, ma, sarei quasi per dire, capovolta.

Lo stato, nella maggior parte delle nazioni, si è proclamato laico, cioè areligioso, dove invece non si mostra addirittura persecutore. Tra le popolazioni, esistono bensì degli imponenti gruppi che rivivono egregiamente la loro Fede Cattolica di fronte ad altri che sono cattolici solo di tradizione ed abitudine.

Però, nelle diverse nazioni, le grandi masse vivono oramai fuori dei margini della vita cristiana e della zona d’influenza della Chiesa, assolutamente ignoranti di qualsiasi istruzione catechistica. Per molti, l’ideale della vita va divenendo prevalentemente edonistico. Il secolo delle macchine ha preso nei suoi ingranaggi anche l’uomo, disconoscendone anzitutto lo spirito, per non vederne che la carne e la materia.

Quando a siffatta gente noi seguitiamo ancora a predicare sul Papa, sul Sacro Cuore e la sua grande promessa, sulla Madonna del Carmine o sulle stigmate di S. Francesco, ecc. sciupiamo il più delle nostre parole.

La gente non c’intende più, perché parliamo un linguaggio di altri tempi, ed esprimiamo concetti addirittura inafferrabili.

Tra la Chiesa, vigile custode delle sue divine tradizioni, e la società odierna si è scavata in mezzo una vasta voragine. Mentre la Città di Dio è rimasta chiusa nelle sue inespugnabili mura, i popoli se ne sono andati per la loro via; tanto che oggi il pensiero e lo spirito evangelico esulano da tutte le forme della vita moderna, della scienza, dell’arte, della politica, della giurisprudenza.

Il mondo pensa della Chiesa quello che i nostri comunisti dicono del Vaticano: è uno stato estero, che non ci riguarda.

Da una parte, bisogna compatirli questi uomini, come faceva anche S. Paolo, quando tuttavia osservava che Satana, principe di questo mondo, ha accecati i suoi adepti, in modo che ai loro occhi non rifulga più lo splendore del Vangelo di Cristo. Fare delle teorie sulla gamma dei colori dell’iride innanzi a dei ciechi, è un gettare via il tempo, quando pure non sembri di voler quasi schernire la loro infelicità.

Uscire o rientrare?

Che fare dunque? Uscire o rientrare? Al principio del Medio Evo non ostante tutti gli sforzi dei Padri della Chiesa per galvanizzare il mondo Romano che si dissolveva per tabe senile, prevalse nei più ardenti la tendenza alla fuga. Ed ecco l’esodo degli Antoni, dei Pacomi e dei Benedetti verso gli eremi ed i monasteri, dove ricostruirono come in miniatura la polis cristiana, in sostituzione dell’altra che veniva travolta dalla rabbia bellica dei barbari invasori.

Oggi questo abbandono del mondo laico da parte della Chiesa non è più consigliabile; anzi, non è neppure possibile. Bisogna quindi andare alle masse per ricristianizzarle. Ma come? Ecco l’ardua questione.

Non pochi giovani dal cuore infiammato di zelo hanno creduto di dover fare concorrenza al diavolo sulla stessa pista. Ed eccoli nelle parrocchie per attribuire il primato delle attività assistenziali e ricreative, per erigere delle Colonie Alpine, delle Cooperative, per aprire dei cinema, per ampliare dei campi sportivi, ecc.

Le intenzioni saranno certamente buone, ma il risultato finora è stato scarso; né fa meraviglia giacché il frutto della vita cristiana matura solamente sull’albero soprannaturale di Cristo.

Ben diversa era la tecnica dell’Azione Cattolica, – chiamandola così – nei primi secoli della Chiesa, quando alle reclute della Fede si offriva lo spettacolo dei loro fratelli esposti per Cristo alle fiere nel Circo, e le gare nello stadio erano quelle che vi sostenne a mo’ di esempio S. Agata quando venne persino straziata collo strappo delle mammelle. Eppure, proprio allora Tertulliano scriveva: «Semen est sanguis Christianorum», il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani.

Ritorno alla mia prima domanda: che fare oggi, che il mondo, dietro l’esempio del figliuol prodigo, se ne è andato in “Regionem longinquam» ed è tornato in gran parte pagano? Il problema è senza dubbio gravissimo ed andrebbe forse approfondito in un’assise plenaria dell’Episcopato cattolico.

Azzardo momentaneamente tre osservazioni: per me il mondo va riaccostato a Cristo colla santità sacerdotale, coll’Azione Cattolica, e forse anche col sacrificio nella persecuzione.

 

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Sant’Ambrogio proibisce all’Imperatore Teodosio di entrare nella Cattedrale di Milano  (Antonio van Dycj – 1619)

 

L’attrarre delle anime a Dio per mezzo del Cristo è opera esclusiva della grazia del Paraclito, giusta quel del Vangelo:

«Nemo venit ad me nisi Pater qui misit me traxerit eum», Nessuno viene a me, se non lo attrae il Padre che mi ha inviato. Il Divin Salvatore ha sempre insistito su questo carattere soprannaturale della vocazione cristiana, attribuendo costantemente al Padre il dono delle anime che egli gli concedeva, perché desse loro la vita eterna. «Omne quod dat mihi Pater ad me veniet». Viene a me ciascuno che mi è stato donato dal Padre. Ma il Padre, nel fare tali doni, che cosa esige mai dal figlio? Ascoltiamo la stessa Paterna voce nel Salmo secondo, quando dice: «Postula a me et dabo tibi gentes haereditatem tuam». Tu domandami, ed io ti darò in eredità tutte quante le nazioni.

Non dice il divin Padre: ordina ai tuoi discepoli di allargare i campi sportivi, di istruire compagnie calcistiche, o simili, ma dichiara semplicemente: tu prega, e questo ordine passa evidentemente alla Chiesa ed io ti darò dei popoli in retaggio.

Lievitare le masse

Come seconda condizione di apostolato, ho enunciato l’Azione Cattolica. Mi ci ha indotto quella parabola del Vangelo, dove si descrive la buona massaia che impasta il suo lievito entro tre staia di farina. Essa la sera va a dormire, ma la mattina trova che tutta quella pasta è ormai ben lievitata.

L’opera della Gerarchia si svolge necessariamente sopra e fuori del laicato. S. Gregorio Magno argutamente scriveva che tanto dista la vita del Sacerdote da quella dei semplici fedeli, quanto il pastore di pecore nella campagna romana si differenzia dal gregge.

Il Vangelo ci parla invece di un lievito che dalla buona massaia deve essere impastato colla farina; e questo non lo può fare che l’Azione Cattolica, la quale importa precisamente la collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico. Attenti però a non invertire i termini! Metto sull’avviso, perché il pericolo in Italia sarebbe gravissimo.

I preti facciano i preti

Bisogna permeare dello spirito di Cristo le famiglie, le scuole, i Comuni, i Parlamenti, le officine, i grandi stabilimenti e gli istituti bancari.

Noi Sacerdoti non possiamo tuttavia penetrare in tutti questi ambienti. Ad un tale che qualche anno fa mi domandava, perché anche noi non indossassimo la tuta ed andassimo a lavorare, ho semplicemente risposto: sto qui in Chiesa, per non lasciare morire vostra nonna senza i Sacramenti; per dare a vostra mamma la consolazione di assistere alla S. Messa ed alla predica, per accogliere ad ogni ora i poveri e per soccorrerli del mio meglio; sto qui per ricevere adesso anche voi e per sciogliere le vostre obbiezioni. «Avete ragione» mi disse, e si congedò con rispetto.

Ammesso, quindi, che il Clero debba stare al suo posto di lavoro, nel sacro Tempio, senza travestirsi per voler simulare un altro, chi porterà come diceva S. Paolo, il soave profumo di Cristo attraverso le molteplici vie della polis terrena, nelle università, per esempio, nei giganteschi stabilimenti, negli innumerevoli gangli dell’odierno organismo sociale? Ecco il vasto campo dell’Azione Cattolica, che Dio ha suscitato nella Chiesa all’undicesima ora, quando appunto l’azione della Gerarchia è divenuta insufficiente.

È sempre la Chiesa la buona massaia evangelica, quella che

impasta il lievito; il quale poi esercita l’azione sua nelle tre staia di farina in modo quasi impercettibile sino a che la pasta non sia tutta sollevata e ben fermentata.

Il Regno di Dio è tra voi

La parabola non poteva meglio descrivere le diverse fasi dell’evangelizzazione dell’Orbe. Il lievito è lo spirito del S. Vangelo; la massaia è la Chiesa, la quale impasta, o meglio «abscondit in farinae stadiis tribus» [Nasconde nella farina tre misure (di lievito)].

I risultati della propaganda cristiana nella società non sono generalmente spettacolosi, né taumaturgici. La trasformazione degli spiriti avviene in misura imponderabile: abscondit mulier.

Non ci lasciamo dunque prendere dalla smania delle adunate oceaniche e delle riviste spettacolose. Anche il corpo umano non cresce punto a vista d’occhio; quanto più quello mistico di Cristo!

Il Regno di Dio è in mezzo a voi, simile a quell’aura di cui discorreva il Salvatore con Nicodemo, aura inafferrabile, perché tu non sai donde esso venga e dove vada.

Il granello caduto nel solco

Viene finalmente la terza condizione per lo sviluppo organico del mistico corpo del Salvatore: perché cioè la gran massa venga riaccostata a lui: Paolo direbbe meglio: «perché venga innestata a lui».

Lo dico col cuore stretto d’angoscia, ma debbo pur dirlo coll’Evangelo. Se il chicco di frumento che viene seminato nel solco dapprima non muore, rammollisce e si apre nell’«humus», rimane sterile e solitario. Se invece muore, diviene fecondo e reca frutto copioso.

Quanto costa Roma cristiana?

Quando ripenso a quelle migliaia di Martiri che in antico hanno santificato il nostro suolo di Roma, inzuppandolo col loro sangue, allora mi spiego i successivi trionfi di Papa Silvestro sotto Costantino.

Così sta accadendo anche adesso; e quando vedo l’Angelico Pio XII che in sedia gestatoria attraversa la piazza di S. Pietro, formicolante di turbe acclamanti, ripenso agli altri due Pii, VI e VII, che per quelle stesse strade furono trascinati via da Roma e tradotti in carcere in Francia.

Oggi, le associazioni di Azione Cattolica nel recarsi al Vaticano attraverso Ponte sant’Angelo osannano al Romano Pontefice. Quanto, tuttavia, sono costate alla Chiesa tali acclamazioni! Ero ancora pargoletto, quando nella notte del 12 luglio 1881, la mamma mi condusse al passaggio della salma di Pio IX per Ponte sant’Angelo dove la Gioventù Cattolica riuscì a stento ad impedire che il cadavere fosse gettato nel Tevere! «La carogna del Papa a fiume».

Non sono già episodi del secolo X, ai tempi di Papa Formoso, ma episodi di ieri, che potrebbero rinnovarsi anche domani. 

Per l’Oriente cristiano

Quando in un avvenire, che speriamo non lontano, gli Stati Orientali stringeranno un buon accordo colla Sede Apostolica, allora, o diletti fedeli, ricordatevi di quel Cardinale, di quegli Arcivescovi, Sacerdoti, Religiose e fedeli che adesso col carcere, coi lavori forzati, coll’esilio in Siberia, colle crocifissioni, stanno meritando i futuri trionfi della Religione. A tale prezzo, e non meno, Cristo e la Chiesa sogliono riscattare le anime.

Che cosa dobbiamo fare?

Veniamo ora alle conclusioni.

Ho domandato: che cosa dovrebbe fare S. Ambrogio adesso?

Credo d’aver dimostrato, che oggi il peggior errare che potrebbe commettere la sacra Gerarchia sarebbe quello di lasciare aperta la voragine che oramai la separa dal mondo, ricaduto nel neopaganesimo.

L’Incarnazione perenne

Ad esempio del Divin Salvatore, è necessario che adesso anche la Chiesa si incarni, si umanizzi e vada agli uomini, rivestendo modi e linguaggi contemporanei, «Et habito inventus est homo» [E con la forma sia trovato l’uomo] salva tuttavia sempre la sua divinità.

Il Sacerdozio santo

Quando però dico Chiesa, non intendo parlare di un’astrazione metafisica: Chiesa siamo noi Cristiani, noi Sacerdoti o Vescovi che Dio chiama ancora una volta alla redenzione del mondo.

Noi lo potremo fare, ma ad una condizione essenziale: ci bisogna soprattutto un Clero santo, ed un’Azione Cattolica ben formata ed organizzata.

Il Sacrificio perpetuo

Questo Clero e quest’Azione Cattolica dovranno tuttavia prepararsi a soffrire molto, giacché restiamo sempre degli agnelli inermi in mezzo a lupi furiosi.

La tecnica del lavoro non deve essere altra da quella indicata dal Vangelo nella parabola della massaia che impasta il pane.

Se oggi la Chiesa riuscirà di bel nuovo a lievitare di spirito evangelico la società contemporanea penetrandola tutta, il prodigio seguirà infallibilmente. Lo promette il Divin Redentore: donec fermentatum est totum [Fino a che sia lievitato tutto].

La pienezza del mistico Corpo di Cristo

Il mondo, purtroppo, resterà sempre mondo: ma noi almeno avremo ben compiuto la nostra missione, conferendo al mistico Corpo di Cristo quella pienezza di sviluppo preordinato dal Padre.

A lui insieme col Figlio e col Paraclito, sia onore nei secoli. Amen.

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