Chiesa ortodossa: Gerarchia made in KGB (30 Giorni, marzo 1990)

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Il Patriarca di Mosca Kirill (o ‘Mikhailov’) ed il coronello Putin

30 Giorni, marzo 1990

Chiesa ortodossa

Gerarchia made in KGB

 

di Viktor Popkov

 

Il 30 dicembre 1989 il filosofo e teologo ortodosso Viktor Popkov è stato vittima di una feroce aggressione. “Sono 12 anni che mi occupo di problemi religiosi e della difesa dei diritti dei credenti e sono 12 anni che il Kgb si occupa di me. Penso – ha dichiarato Popkov il 5 gennaio scorso – che la causa immediata dell’aggressione possa essere stata la pubblicazione sul settimanale parigino Ruskaya Mysl di un mio saggio nel quale descrivo abbastanza dettagliatamente il ruolo del Kgb nella vita della Chiesa ortodossa russa”. Ecco ampi stralci dell’articolo in questione.

[I sottotitoli sono nostri]

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L’incontro di Gorbaciov con il patriarca Pimen al Cremlino nel 1988: un preciso segnale

Da alcuni anni la politica dello Stato nei riguardi della chiesa [ortodossa] ha preso una nuova direzione. Per la prima volta è stato ufficialmente riconosciuto che i credenti sono persone come tutte le altre e che la società è tenuta a rispettare le loro convinzioni. L’incontro di Gorbaciov con il patriarca Pimen al Cremlino nel 1988 è stato un preciso segnale. Il cambiamento della linea politica nei riguardi della chiesa richiedeva anche un rimaneggiamento al vertice del Consiglio per gli affari religiosi. E così fu che al posto di Kuroedov arrivò Kharcev, che non esitò a spiegare in un grande numero di interviste e articoli come intendeva sviluppare il dialogo fra Chiesa e Stato. Piovvero discorsi sui diritti dei credenti e sulla libertà religiosa nell’Urss. Questi discorsi aprivano alla chiesa la possibilità di prendere nuove iniziative.

Le ragioni del cambiamento

Le ragioni del cambiamento vennero ben presto svelate dallo stesso Kharcev in un discorso agli studenti dell’Alta scuola di partito di Mosca, un istituto speciale di studi superiori per funzionari del Pcus. Il discorso era stato pronunciato a porte chiuse, ma qualcuno stenografò il testo che fu poi pubblicato dal settimanale Russkaya Mysl a Parigi; Kharcev stesso confermò successivamente di avere spiegato ai futuri funzionari comunisti che conveniva legalizzare ciò che esisteva comunque, malgrado tutti i divieti e gli ostacoli frapposti dallo Stato.

I credenti, sentendosi esclusi dal corso normale della vita, diventavano immuni ad ogni influenza della società e finivano col condurre una loro vita clandestina: era negli interessi dello Stato superare questa divisione interna. Stava al partito, secondo Kharcev, curare la preparazione delle gerarchie ecclesiastiche alla stregua di tutti gli altri aspetti della vita interna del paese. Il mezzo proposto da Kharcev per arrivare ad un controllo totale di ogni manifestazione di vita religiosa nel paese era quello di registrare senza discriminazioni tutte le associazioni religiose che lo chiedessero. E su questo punto Kharcev era disposto ad entrare in conflitto diretto con le autorità locali, spesso contrarie.

Dietro dal Santo Sinodo e dal Consiglio per gli affari religiosi, il Kgb

Il Consiglio per gli affari religiosi è stato da sempre chiamato a realizzare la politica dello Stato nei confronti della Chiesa, funzione che continua a svolgere anche oggi. Agli incaricati del Consiglio sparsi per tutto il Paese le comunità religiose devono rivolgersi per la definizione di ogni loro problema. I vescovi dispongono di pochissimo potere reale, salvo quelli che sono membri del Santo Sinodo, l’organo che governa la Chiesa ortodossa russa. I destini della Chiesa ortodossa russa dipendono dunque in ultima analisi dal piccolissimo gruppo di vescovi che formano il Santo Sinodo presso il Patriarcato di Mosca e dal Consiglio per gli affari religiosi al quale questi vescovi obbediscono. Dietro ad entrambi sta un altro ente, che si mantiene volutamente nell’ombra: il Comitato per la sicurezza dello Stato, ovvero il Kgb.

Il Kgb ha bisogno di avere fra il clero numerosi informatori ed è sempre impegnato nel reclutamento di seminaristi e sacerdoti

Lo scopo del controllo meticoloso esercitato da quest’organizzazione è a mio avviso quello di mantenere lo status quo in una situazione che sta rapidamente mutando e di individuare nell’ambiente ecclesiale quegli elementi che costituiscono una minaccia per questo status quo. Perciò il Kgb ha bisogno di avere fra il clero numerosi informatori ed è sempre impegnato nel reclutamento di seminaristi e sacerdoti. C’è una sezione speciale del Kgb preposta al controllo della Chiesa; fino a poco tempo fa era diretta dal generale Abramkin, il quale è ora diventato sostituto procuratore generale dell’Urss. La linea politica generale dello Stato nei riguardi della Chiesa e dei credenti è elaborata dalla sezione ideologica del Comitato Centrale del Pcus. Il ministero degli esteri ha fra i suoi funzionari alcuni “esperti” ai quali è affidato il compito di “istruire2 i gerarchi in partenza per l’estero. Tutte queste strutture rimangono immutate, e tutti gli enti nominati hanno avuto la loro parte nella preparazione dei vari progetti di legge sulla libertà di coscienza silenziosamente affiorati finora senza che si sapesse da dove provenivano. Perché possa esistere una vera libertà di coscienza, occorrerebbe che scomparissero innanzitutto queste strutture, ma finora non se ne parla. Ed è certamente per questa ragione che i vari progetti di legge, compreso l’ultimo e più “liberale” di tutti, non contengono reali elementi di libertà. Si legalizzano semplicemente quelle iniziative e quelle tendenze che già esistono di fatto.

Gli articoli di legge sono formulati in modo talmente impreciso e a volte incomprensibile da rendere inevitabile il perpetuarsi della prassi viziosa di circolari segrete che interpretano arbitrariamente la legge, imponendo la volontà del più forte.

L’atteggiamento della chiesa ortodossa russa di fronte ai cambiamenti nel paese

Qual è stato l’atteggiamento della chiesa ortodossa russa di fronte ai cambiamenti che avvenivano nel paese? La nuova linea introdotta e annunciata da Kharcev non ha incontrato i favori del Santo Sinodo. I suoi membri desideravano una cosa sola: essere lasciati in pace. Il governo della nostra chiesa si era abituato ad una certa routine con la quale era, tutto sommato, pienamente d’accordo. Le proposte di pubblicazioni religiose nuove, di creazione di un quotidiano ortodosso o di una maggiore attività di vescovi nelle diocesi e sacerdoti nelle parrocchie costituivano un disturbo ed erano viste come un pericolo. Come abbiamo detto all’inizio, il solo annuncio di una nuova politica dello Stato nei confronti della chiesa apriva molte nuove possibilità ma la gerarchia non ne ha voluto approfittare. È difficile formulare un giudizio sul comportamento dell’episcopato intero: forse alcuni vescovi nelle loro diocesi hanno saputo sfruttare l’occasione che si offriva; forse un giorno verremo a saperlo. Ma oggi dobbiamo constatare che il governo della chiesa o non ha fatto nulla per sviluppare iniziative nuove o ha intrapreso azioni dirette solo ad incrementare il prestigio di questo o quel vescovo agli occhi dell’opinione pubblica.

Per lunghi anni i membri del Santo Sinodo erano tenuti ad affermare che solo con l’avvento del regime sovietico la chiesa aveva ottenuto la vera libertà

A questo punto però bisogna chiedersi se i membri del Santo Sinodo fossero in grado di profittare delle possibilità del nostro oggi. Per lunghi anni si erano adattati alle condizioni durissime di un’esistenza in stato di semi soffocazione mentre erano tenuti ad affermare che solo con l’avvento del regime sovietico la chiesa aveva ottenuto la vera libertà. Anche il Patriarcato di Mosca, così ci sembra, desiderava solo mantenere lo status quo, nel quale tutto era noto, preciso, studiato e soppesato. In questo modo la chiesa avrebbe potuto continuare ad andare avanti per molti anni. E dunque i discorsi di Kharcev e di Gorbaciov non contenevano dal punto di vista della somma gerarchia nulla di particolarmente esaltante. Questa gerarchia sapeva obbedire agli ordini e non era assolutamente preparata a prendere delle iniziative. Dunque lo Stato che cercava dalla chiesa una collaborazione concreta ed attiva si è ritrovato di fronte all’insuccesso che esso stesso aveva preparato con i lunghi anni della sua guerra alla chiesa.

Le suddivisioni dell’episcopato della chiesa ortodossa russa

Possiamo suddividere l’episcopato della Chiesa ortodossa russa grosso modo in tre gruppi.

Uno è il Santo Sinodo, del quale abbiamo già parlato; il suo scopo principale è la sopravvivenza della chiesa in quanto organizzazione.

L’altro è quello che si è costituito intorno al patriarca Pimen; è un gruppo che in parte trae la sua forza dall’estrema debolezza del Patriarca, che basa le sue scelte e le sue decisioni esclusivamente su simpatia ed antipatie personali. Ma questo gruppo è soprattutto forte per le enormi somme di denaro che gli passano per le mani e delle quali non deve rendere conto a nessuno. Gli abusi in questo campo sono stati impressionanti e si capisce che certi organismi statali proteggano sia la struttura che permette questo flusso di denaro incontrollato sia i personaggi sui quali la struttura si regge: ne traggono un ottimo profitto.

Infine nel terzo gruppo rientrano tutti gli altri vescovi. alcuni di loro pensano alla propria carriera ecclesiastica; altri vedono nella diocesi un posto estremamente redditizio; altri ancora (ma temo siano una minoranza) cercano di servire Dio e la chiesa rimanendo nel luogo dove sono capitati.

L’arrivo di un uomo nuovo alla presidenza del Consiglio per gli affari religiosi, dopo la defenestrazione di Kharcev, da principio era stata accolta molto favorevolmente dal vertice del Patriarcato. Ma il grigio burocrate Christoradnov ha subito messo i puntini sulle “i”. Kharcev si era premurato di manifestare il suo rispetto per il Patriarca non convocandolo mai nei suoi uffici del boulevard Smolenskij. Se un incontro era giudicato indispensabile, era lui a recarsi dal Patriarca. Quando i rappresentanti del Santo Sinodo si sono recati al Consigli per presentare i loro omaggi al nuovo presidente, il suo segretario ha annunciato che non sarebbero stati ricevuti se non ci fosse stato con loro il Patriarca. Così qualcuno si è dovuto precipitare a prendere l’anziano capo della chiesa di Mosca per portarlo dal nuovo boss. Ciò non toglie che per carattere e temperamento Christoradnov sia molto più in sintonia con la somma gerarchia moscovita di quanto lo fosse il sanguigno, irascibile e superattivo Kharcev.

Come lo Stato esercita il controllo sulla chiesa ortodossa

Soffermiamoci ora sul come lo Stato esercita il controllo sulla chiesa. Come non sono cambiati gli enti controllori, così rimangono immutati anche i loro metodi. L’assenso per l’ordinazione di un sacerdote è dato dall’incaricato locale del Consiglio per gli affari religiosi. Prima di dare il suo consenso egli esamina la candidatura con l’ufficio locale del Kgb e con il reparto psichiatrico dell’ospedale cittadino o regionale che, con la scusa di rilasciare un certificato di buona salute psichica, deve fornire il “ritratto psicologico” del futuro sacerdote. Di regola l’incaricato del Consiglio non fa altro che mettere la sua firma sotto la decisione del Kgb.

Ogni sacerdote si trova successivamente in una situazione di estrema difficoltà. L’ultimo progetto di legge sulla libertà di coscienza contiene un articolo (forse uno dei più importanti) in virtù del quale le tasse che deve pagare un membro del clero sono equiparate a quelle di impiegati di associazioni pubbliche in generale. Per ora la situazione è ben diversa: le tasse che deve pagare un prete ammontano almeno alla metà del suo stipendio, spesso di più. Allora subentra un meccanismo elementare e ben oleato di pressione. Se il prete si “comporta bene” dal punto di vista del Consiglio per gli affari religiosi, e quindi del Kgb, la sua parrocchia pagherà queste tasse per lui. Se “sgarra”, i pagamenti cessano. Se il sacerdote continua ad essere troppo zelante, viene trasferito in un’altra comunità religiosa, lontano dalle grandi città, in luoghi considerati una sorta di confino per i preti, spesso con pochi fedeli e una chiesa semidistrutta. Infine, se il sacerdote insiste nei suoi propositi di catechizzazione e di predicazione, quasi certamente egli verrà messo in pensione d’ufficio. La maggior parte dei sacerdoti, però, cede prima di arrivare allo scontro finale. In quasi tutti i casi del genere c’è tra il Consiglio per gli affari religiosi e il vescovo del luogo l’accordo più completo. Il vescovo non solo non difende il “suo” sacerdote, spesso è il primo a chiederne l’allontanamento, non foss’altro che per evitare delle noie. D’altronde i vescovi godono di situazioni veramente privilegiate e sono tassati come un comune cittadino sovietico proprio per i loro speciali meriti di fronte allo Stato.

Le radici di questa situazione affondano nell’epoca staliniana

Questa dunque è la situazione odierna della chiesa ortodossa russa. Le radici di questa situazione affondano nell’epoca staliniana quando il metropolita Serghej Stragorodskij fece la sua scelta imponendola a tutti. Si trattava di conservare in vita la chiesa come organizzazione; il prezzo da pagare era il seguente: ridurre la sua esistenza al mero espletamento delle funzioni religiose e obbligare la gerarchia a testimoniare continuamente il falso in favore dello Stato ateo.

Conseguenza di questa scelta fatta allora, e, da allora sempre mantenuta, è oggi il drammatico contrasto tra la testimonianza della chiesa e la realtà, la riduzione della dottrina della fede ad una prassi pedagogico-moralistica per i credenti. Quest’ultimo fenomeno deriva direttamente da una concezione storpia della natura stessa della chiesa. La chiesa, rimanendo astrattamente fedele e anzi legatissima ai più ferrei dogmi ortodossi, con la sua vita, con la sua politica e con le dichiarazioni dei suoi dirigenti tende a distruggere la personalità umana e ad annullare il valore del mondo nel quale l’uomo è chiamato a vivere.

La religiosità dell’homo sovieticus

C’erano stati dopo Serghej tentativi di compromesso, cedimenti e sforzi per salvare almeno qualche isolotto di libertà di fronte all’aggressione del potere. Alla fine però la conclusione è stata che per conservare la chiesa come organizzazione era lecito rinunciare a tutto ad eccezione dell’integrità dogmatica dell’ortodossia. Per molti questa è diventata la tentazione. Chi era rimasto in vita dopo la bufera delle persecuzioni vedeva nella purezza dogmatica il minimo indispensabile da salvare. L’apparente semplicità e ragionevolezza di questa scelta si è dimostrata l’inganno più feroce. Dall’orizzonte del cristiano sono svaniti uno dopo l’altro la famiglia, il lavoro, ogni attività creativa, i principi morali e la dignità umana. L’unica via di comunione con Cristo è diventata l’ascetismo mistico e la morte. Lo spirito non infondeva più vita nei corpi: la chiesa si trasformava in una reliquia, immacolata e santa ma consegnata ad un mondo blasfemo. Nella chiesa di oggi troviamo un nuovo tipo di religiosità che non è nato con il regime sovietico, ne troviamo infatti tracce nelle epoche precedenti, ma che sotto il regime sovietico è diventato maggioritario. Il nuovo uomo religioso respinge la responsabilità che accompagna la piena realizzazione della persona. Riduce il suo rapporto con Dio ad una mera prassi liturgica e morale tesa alla giustificazione della propria esistenza. Il mondo fuori dalla chiesa ha perso ai suoi occhi il valore che gli deriva dall’essere opera di Dio. È recepito unicamente come un terribile peso, un principio malefico che fin dall’inizio porta in sé il germe del male. Al cristiano nella chiesa è stata tolta la sua parte di responsabilità per il mondo, quella responsabilità che fa parte della libertà donata all’uomo da Dio. Così il cristiano ha finito con il diventare molto simile a quell’homo sovieticus che lo Stato aveva tentato in tutti i modi di produrre.

Nota del nostro sito: Consultare gli articoli di Plinio Corrêa de Oliveira sulla “Chiesa ortodossa”:

* Studio delle trame e delle manovre del Cremlino per infiltrare i comunisti nella “Chiesa ortodossa” russa: i metodi sovietici vengono già applicati tra noi cattolici? – Folha de S. Paulo, 19 settembre 1971

* “Chiesa ortodossa”: trovata la formula per portarla al degrado e infine alla totale ignominia / Folha de S. Paulo, 3 ottobre 1971 – Il binomio «paura-simpatia»

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