Última Hora, Rio de Janeiro, 21 gennaio 1981
di Plinio Corrêa de Oliveira
Il fatto che i sostenitori della totale uguaglianza al punto di partenza e della disuguaglianza basata esclusivamente sul merito entrino in contraddizione con sé stessi è stato sottolineato alla fine del nostro articolo precedente.
Il segno più evidente di questa contraddizione è il loro favore all’abolizione dei premi e delle punizioni nelle scuole e all’esistenza di cimiteri dove tutte le tombe sono uguali. Negherebbero così i corollari naturali del merito dimostrato durante la vita scolastica o l’intera esistenza.
Tuttavia, la loro contraddizione più sorprendente si manifesta quando, allo stesso tempo, si dichiarano entusiasti dell’istituzione della famiglia. Questa, infatti, è sotto molti aspetti la negazione categorica dell’uguaglianza dei punti di partenza. Vediamo perché:
C’è un fatto naturale, misterioso e sacro, che è intimamente legato alla famiglia. È l’ereditarietà biologica. È evidente che alcune famiglie sono più dotate di altre da questo punto di vista, e che ciò dipende spesso da fattori estranei alle cure mediche o all’educazione altamente igienica. L’ereditarietà biologica ha importanti ripercussioni sull’ordine psicologico. Ci sono famiglie in cui si trasmette, attraverso molte generazioni, il senso artistico, il dono della parola, l’abilità medica, la capacità agli affari e così via. La natura stessa – e quindi Dio, che è l’Autore della natura – abbatte, attraverso la famiglia, il principio dell’uguaglianza del punto di partenza.
Inoltre, la famiglia non è un semplice trasmettitore di doti biologiche e psicologiche. È un’istituzione educativa e, nell’ordine naturale delle cose, la prima delle istituzioni pedagogiche e formative. Pertanto, chi viene educato da genitori altamente dotati dal punto di vista del talento, della cultura, dei modi o – cosa fondamentale – della moralità, avrà sempre un punto di partenza migliore. L’unico modo per evitare ciò è sopprimere la famiglia, educando tutti i bambini in scuole egualitarie e statali, secondo il regime comunista. Esiste quindi una disuguaglianza ereditaria più importante di quella patrimoniale, che deriva direttamente e necessariamente dall’esistenza stessa della famiglia.
E l’eredità patrimoniale? Se un padre ha veramente il cuore di un padre, amerà per forza, più degli altri, suo figlio, carne della sua carne e sangue del suo sangue. Così agirà secondo la legge cristiana se non lesinerà sforzi, sacrifici e veglie, per accumulare un patrimonio che metta suo figlio al riparo dalle tante disgrazie che la vita può portare. In questo sforzo, il padre avrà prodotto molto più di quanto avrebbe prodotto se non avesse avuto figli. Alla fine di una vita di lavoro, quest’uomo muore, felice di lasciare il figlio in condizioni favorevoli. Immaginiamo che, nel momento in cui muore, lo Stato intervenga e, in nome della legge, confischi l’eredità per imporre il principio dell’uguaglianza dei punti di partenza. Questa imposizione non è una frode nei confronti del defunto? Non calpesta uno dei valori più sacri della famiglia, un valore senza il quale la famiglia non è famiglia, la vita non è vita, cioè l’amore paterno? Sì, l’amore paterno, che offre protezione e assistenza al figlio – al di là dell’idea di merito, semplicemente, sublimemente, per il semplice fatto di essere figlio.
E questo vero crimine contro l’amore paterno, che è la soppressione dell’eredità, può essere commesso in nome della religione e della giustizia?
Nota: Traduzione senza revisione dell’autore.