Stalin non è la Russia, Hitler non è la Germania

Legionário, San Paolo (Brasile), N.º 619, 18 de junho de 1944

Non esageriamo! (titolo orignale)

di Plinio Corrêa de Oliveira

 

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Sbarco delle truppe americane a Dunkerque (Francia) nelle prime ore del 6 giugno 1944

 

Gli eventi che si sono svolti in Francia confermano fortemente le osservazioni che abbiamo fatto all’inizio del mese sulla politica militare di Adolph Hitler.

Come abbiamo detto, Hitler non è più il padrone della vittoria, ma in una certa misura è il padrone di dare la vittoria a chi vuole. E questa vittoria, consapevolmente, deliberatamente, criminalmente, questo malfattore pubblico la sta consegnando nelle mani della Russia. Alla fine della sua lunga e sanguinosa avventura politica e militare, Adolf Hitler, che un tempo aveva cercato di trascinare dietro di sé l’intera Europa nel miraggio di una crociata anticomunista, consegna a Stalin lo scettro del dominio universale. Ciò dimostra che l’anticomunismo di Hitler non è altro che un bluff di propaganda politica e che, in fondo, i nazisti preferiscono la vittoria del totalitarismo rosso a quella delle democrazie occidentali.

Si conferma la vecchia tesi del “Legionario”: comunismo e nazismo sono fratelli e ogni tentativo di appoggiarsi all’uno per combattere l’altro fa sostanzialmente il gioco di entrambi.

Hitler, che non può più tenere il merito per sé, preferisce che sia nelle mani di Stalin piuttosto che di Churchill o Roosevelt. Stalin preferirebbe certamente che fossero nelle mani di Hitler piuttosto che sulla fronte delle potenze “borghesi”. Volendo la vittoria per sé, ciascuno dei due dittatori, finché non riesce a ottenerla, preferirebbe vederla nelle mani del suo doppio.

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Questo va affermato, ripetuto e proclamato in un momento in cui alcuni propagandisti sovietici in Brasile cominciano a silurare subdolamente il prestigio dei combattenti anglo-americani.

A sentire loro, la Russia bolscevica sarebbe il più grande dei colossi, il fattore decisivo della vittoria.

D’altra parte, le potenze “borghesi”, infettate dal liberalismo, dalla pigrizia e dalla disorganizzazione, avrebbero fornito un contributo del tutto secondario al successo della guerra. E da tutto ciò si dedurrebbe che solo il comunismo ha un’organizzazione politica e sociale perfetta. La prova del nove, della superiorità bolscevica, sarebbe stata data a Stalingrado.

Questa audace affermazione non può prescindere da alcune avvertenze.

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Diciamo innanzitutto che facciamo una distinzione fondamentale tra Russia e comunismo. Molti russi potrebbero non capire questa distinzione, così come certi italiani non capirebbero che noi distinguiamo tra Mussolini e l’Italia, certi francesi non sopporterebbero che noi attaccassimo Pétain pur amando ardentemente la Francia, e molti tedeschi non potrebbero mai capire come, pur essendo furiosamente antinazisti, potessimo affermare di essere sinceramente desiderosi del bene della nazione tedesca.

Questa distinzione tra un Paese e gli avventurieri che si impadroniscono della sua guida, o tra quel Paese e il regime politico sotto la cui oppressione geme, è tuttavia elementare.

Che certi russi bianchi, ieri anticomunisti e oggi entusiasti del successo delle truppe sovietiche, ci capiscano o meno, la verità è che il comunismo non è la Russia, così come non è il Messico, così come non sarebbe il Brasile se fosse malauguratamente introdotto qui.

Il comunismo è un tipo di organizzazione politica e sociale diametralmente opposta alla dottrina politica e sociale della Chiesa. È quindi l’opposto della civiltà cristiana. È la civiltà anticristiana, o la civiltà dell’anticristo.

Essere un buon russo non significa applaudire il comunismo, ma combatterlo per liberare la Russia da esso il prima possibile. Se, dunque, vogliamo combattere il comunismo in modo inflessibile e intransigente, non lo facciamo perché non amiamo il popolo russo, ma al contrario: perché lo amiamo ardentemente in Nostro Signore Gesù Cristo con quella carità universale – cattolica – che abbraccia tutti i popoli creati da Dio.

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Detto questo, notiamo che l’Inghilterra e gli Stati Uniti hanno ormai sbarcato un numero enorme di truppe in Francia, e nonostante tutto questo, nonostante la pressione militare in Italia, in Russia, i nazisti resistono enormemente alle forze di sbarco sul territorio gallico.

Perché? Evidentemente perché fin dall’inizio Hitler ha avuto a disposizione innumerevoli truppe concentrate in Francia, innumerevoli risorse, sia in termini di munizioni che di cibo, il tutto per far fronte a un’invasione alleata, effettuata su due piedi.

Dobbiamo riconoscere i generali anglo-americani come dei veri codardi? Dobbiamo riconoscere che i leader delle nazioni anglosassoni, nostri alleati, sono dei cretini e degli imbecilli? O dobbiamo convenire che Adolf Hitler ha davvero lasciato immense risorse in Occidente, e che quindi ha combattuto contro la Russia a Est solo con mezzi che erano ben lontani dal rappresentare la forza totale dell’esercito tedesco? In quest’ultimo caso, come non riconoscere che i russi, a differenza dei francesi, non hanno dovuto affrontare la totalità delle risorse militari teutoniche, e che quindi la resistenza della Russia non ha tutto il significato che si vuole attribuirle?

Non neghiamo che la Russia abbia resistito con valore all’impeto nazista. Neghiamo che da ciò si debba dedurre che la Russia da sola abbia vinto i nazisti, nostri comuni avversari; che le nazioni borghesi abbiano interamente fallito; e che gli attuali eventi militari possano in un modo o nell’altro dimostrare la superiorità del regime bolscevico sul regime in cui viviamo.

La Russia ha combattuto con successo e coraggio, è vero, ma solo contro una parte delle forze tedesche. Avrebbe resistito a tutto l’impeto dei nazisti se questi avessero fatto pace con l’Inghilterra e fossero stati in grado di disarmare il fronte occidentale?

Questo è un problema molto serio.

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Notiamo innanzitutto che la Russia si ritirò molto di fronte al primo impulso nazista. Si ritirò così tanto, infatti, che, se non avesse avuto l’immenso territorio che possiede, se fosse stata una nazione più piccola, sarebbe stata letteralmente spazzata da una parte all’altra.

Dopo aver calcolato l’entità della ritirata russa, ci si chiede: se le truppe sovietiche fossero state costrette a difendere il Belgio, ci sarebbero riuscite? Ovviamente no.

La Russia si è quindi affidata a un primo fattore indipendente dal regime, ovvero l’estensione del suo territorio. Se questo “magnifico”, “fantastico”, “meraviglioso” regime fosse vissuto in un piccolo Paese, sarebbe stato rovesciato al primo attacco nazista.

Non è stato nemmeno il comunismo a creare l’altro grande fattore della vittoria: il generale Winter, come ha argutamente detto la stampa. Senza questo generale, grazie alla cui azione difensiva e ritardatrice fu possibile per i russi preparare la resistenza, cosa sarebbe successo? Il fallimento che hanno avuto al primo contatto con le truppe finlandesi.

Aiutata dall’inverno, dall’estensione territoriale, dall’immobilizzazione di innumerevoli truppe naziste, dall’imminenza di un’invasione europea e dall’agitazione dei popoli europei conquistati, la Russia riuscì, dopo immensi disastri, a reagire finalmente. Ha reagito valorosamente: applaudiamola. Ha reagito con successo: ringraziamo Dio, perché tutto sarebbe stato meglio o meno peggio del trionfo nazista nel mondo.

Ma non esageriamo: il successo russo, che consideriamo con così sincera soddisfazione, è lontano, lontano, lontano dal servire come argomento per il regime comunista.

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Queste discussioni sono ingrate in un momento in cui il nostro primo compito deve indubbiamente consistere nell’eliminare Hitler, il nemico numero uno della civiltà cristiana e del Brasile. Ecco perché è opportuno porre fine una volta per tutte a questi speciosi metodi di propaganda bolscevica.

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