Conferenza (15 novembre 1958) ai membri del Terz’Ordine Carmelitano di San Paolo del Brasile (di cui l’autore fu per tanti anni priore) e pubblicata sul “Mensageiro do Carmelo” (Anno XLVII, edizione speciale, 1959), dedicata proprio all’argomento dello scapolare del Carmelo e alla vera consacrazione alla Madonna
Statua della Madonna del Carmine, venerata nella sede dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, a San Paolo del Brasile
Andare oltre le esteriorità
Come Terziari Carmelitani, dobbiamo evitare di fermarci alle esteriorità. Lo scapolare è un oggetto materiale che simboleggia in modo sensibile il nostro vincolo spirituale con la Madonna.
Ma proprio perché tale simbolo rappresenta bene questa situazione, alcuni spiriti potrebbero facilmente cedere all’idea che il suo mero uso sia sufficiente per mantenerli uniti alla Madonna.
La stessa imposizione dello scapolare, fatta abitualmente in modo solenne e festoso, parla molto ai sensi e all’immaginazione. Perciò alcune persone potrebbero essere indotte a credere che il semplice fatto di riceverlo stabilisca tra loro e la Madonna un vincolo così profondo che, anche senza nessun onere da parte loro, le manterrebbe ipso facto unite alla Madonna come perfetti Terziari.
La condizione dell’uomo sulla terra è tale che perfino le cose più lodevoli sono suscettibili di abusi, non perché in esse vi sia qualcosa di male, ma perché il male risiede nell’uomo decaduto a causa del peccato originale.
Possiamo quindi dire che le esteriorità sono oltremodo utili, opportune, necessarie alla natura umana. Ma non vanno prese per il verso sbagliato, fermandosi solo alla realtà materiale del simbolo e dimenticando tutto ciò che esso significa.
L’apostolato laico nei nostri tempi
Dobbiamo compenetrarci dell’idea che il semplice possesso dello scapolare e la professione come membri del Terz’Ordine non costituiscono l’essenza del nostro vincolo con la Madonna. Queste esteriorità sarebbero vuote senza una speciale consacrazione interiore alla Vergine del Carmelo. È questo l’elemento fondamentale della nostra condizione di Terziari Carmelitani.
L’uso dello scapolare e la professione religiosa non sono che un oggetto materiale e un atto giuridico – tutte e due di grande significato ed importanza, intendiamoci – che esprimono questa consacrazione. Ma il punto principale è che il Terziario sia interiormente consacrato alla Madonna e viva questa consacrazione lungo tutto l’arco della sua esistenza con crescente intensità.
In cosa consiste concretamente questa consacrazione interiore? Come possiamo vivere questa consacrazione nei nostri tempi?
Il Terziario Carmelitano vive nel mondo. Egli è un laico e svolge il suo apostolato nel mondo. Questo apostolato consiste nell’operare nella società civile per promuovere la salvezza delle anime con tutti i mezzi leciti, compreso quello di permeare dello spirito della Chiesa tutti i valori dell’ordine temporale.
Non si tratta quindi di evitare gli affari del mondo, di fuggire nel deserto a fare l’eremita, di rinchiudersi nel silenzio sacrale di un monastero contemplativo. Non si tratta nemmeno di entrare a far parte d’un ordine religioso dedicato all’apostolato esterno. Si tratta, nel nostro caso, di vivere pienamente nel mondo, orientando a Dio i valori della società civile, creata pure da Lui e dalla quale si può esigere che Gli dia gloria. Si tratta di infondere a questi valori un vero carattere cristiano.
In queste condizioni, dobbiamo avere un’idea esatta di come la consacrazione alla Madonna si realizzi nel mondo. Ma parlare di “mondo” è troppo generico. Noi dobbiamo considerare la società civile come essa è concretamente nei giorni nostri, con le peculiarità cioè dei nostri tempi.
Per vivere i nostri tempi dobbiamo conoscerne gli aspetti positivi, certo. Ma non possiamo dimenticare gli aspetti negativi. Chi è il principe di questo mondo? Chi è il nemico che noi non possiamo servire? Chi è quell’altro “signore” che ci chiede pure di consacrarci a lui, con una consacrazione del tutto opposta e che esclude ogni consacrazione alla Madonna? Senza un deciso rigetto di questo “signore” e di ogni forma di servitù e di vassallaggio a lui, la nostra consacrazione alla Madonna non sarà veramente piena.
Eccoci passati dall’enunciazione generica del problema alla domanda concreta: come possiamo realizzare la nostra consacrazione alla Madonna quali figli della Chiesa Militante del secolo XX?
Questa domanda ne implica un’altra: quali sono i valori autentici della società civile? Per rispondere a questa domanda prendo spunto da alcune considerazioni teoriche.
Dio, causa finale e causa esemplare dell’universo
Dio è il fine di tutte le cose. È quindi naturale che tutte le cose siano ordinate a Lui. E ciò si realizza quando tutto è ordinato al compimento della Legge di Dio, alla salvezza delle anime e all’esaltazione della Chiesa.
Questi principi sono così veri, chiari e conosciuti che non credo di dover soffermarmi sull’argomento. Vi è però un’altro principio, raramente proposto all’attenzione dei fedeli. Ed è su questo che vorrei parlare più a lungo.
Dio ha creato l’universo e poi ha concesso all’uomo la facoltà di poter completare diversi aspetti dell’ordine e della bellezza dell’universo, per mezzo della sua azione. Il poeta Dante rende molto bene l’idea quando dice che, se le creature sono figlie di Dio, le opere del genio umano sono le Sue nipoti. Nel creare l’universo, Dio aveva in mente un meraviglioso piano di armonia e di bellezza. Ma Egli realizzò appena una parte di quel piano, lasciandone il resto al genio e all’arbitrio dell’uomo.
Qual è questo piano?
Insisto sull’idea della bellezza nell’universo. La tendenza oggi è di considerare l’universo soprattutto come un’immensa macchina dal funzionamento perfetto.
Per esempio, quando si parla della saggezza del Creatore, si mette in risalto come le cose siano concatenate fra di loro in modo tale che non si distruggono, non si scontrano, bensì coesistono in armonia sostenendosi a vicenda. È una visione funzionale dell’universo, interamente valida, che però ne svela appena un aspetto, proprio quello più gradito al nostro secolo meccanicista ed ultra-tecnicista.
C’è però un’altro aspetto dell’universo che riguarda Dio in quanto causa esemplare, cioè in quanto Essere increato e infinitamente bello, la cui bellezza si rispecchia in mille modi nelle creature, tanto che non c’è nessuna creatura la quale, in un modo o nell’altro, non rifletta la bellezza increata di Dio.
La bellezza di Dio si rispecchia soprattutto nell’insieme, gerarchico e armonico, di tutte le creature. Sicché, in un certo senso, possiamo dire che non c’è mezzo migliore per conoscere la bellezza infinita e increata di Dio che contemplare la bellezza finita e creata dell’universo, visto non tanto in ogni essere isolato, ma nel suo insieme.
La Santa Chiesa Cattolica: immagine perfetta di Dio
Dio si rispecchia ancora, in modo eminente, in un’opera più nobile e più perfetta dell’universo stesso: il Corpo Mistico di Cristo, la società soprannaturale che noi veneriamo col nome di Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. La Chiesa di per sé costituisce un universo di elementi, variegati ed armonici, che cantano e riflettono, ognuno a modo suo, la santa ed ineffabile bellezza del Verbo Incarnato.
Nel contemplare sia l’universo che la Chiesa Cattolica, noi possiamo elevarci alla considerazione della bellezza santa, infinita, increata di Dio.
Vi sono alcune regole di estetica che possono aiutarci a comprendere la bellezza nell’universo, come punto di partenza per elevarci alla considerazione della bellezza increata di Dio. Quella fondamentale è la coesistenza armonica dell’unità nella diversità. In cosa consiste questa regola?
Anziché darne una definizione astratta, forse conviene considerarla concretamente in una creatura: il mare.
Il mare rispecchia la bellezza infinita di Dio
Il primo elemento che salta agli occhi è proprio l’unità. Tutti i mari comunicano fra di loro, costituendo un’immensa massa d’acqua che circonda la terra intera. Contemplando un tratto di mare in qualunque parte del mondo, una delle più belle riflessioni che possiamo fare è considerare che quella massa liquida che ci sta davanti non si esaurisce all’orizzonte, ma è seguita da immensità che si susseguono ad altre immensità, fino a formare un’unica immensità che è il mare, che si muove, gioca, ruzzola su tutta la superficie della terra.
Ma allo stesso tempo in cui mostra quella splendida unità, il mare impressiona anche per la sua grande varietà di aspetti.
Una prima varietà è quella dei movimenti. Ora il mare si presenta calmo e tranquillo, sembrando di voler soddisfare tutti i desideri di pace, di serenità e di riposo della nostra anima. Ora esso si muove discretamente, soavemente, formando sulla superficie piccole onde che sembrano voler giocare con noi per farci sorridere e rilassare il nostro spirito, presentandoci le deliziose e piacevoli realtà della vita. Ora si mostra maestosamente impetuoso, alzandosi in sublimi movimenti, scagliandosi con furia contro gli scogli, traendo dagli abissi colossali masse d’acqua che sommergono le isole e invadono i continenti. Sembra in preda ad una furia inarrestabile, che canta col fragore delle acque scatenate una grandezza imprigionata nelle sue profondità, e che nessuno avrebbe mai intuito nei momenti di dolcezza.
Vi è nel mare una seconda varietà, quella estetica. A volte esso è così diafano che possiamo attraversarlo con lo sguardo come se fosse un cristallo, scorgendone perfino il fondo. A volte si presenta invece cupo, impenetrabile, profondo, misterioso. A volte ostenta immense superfici aperte, che si perdono in panorami sconfinati. A volte invece è circoscritto dagli accidenti geografici e forma piccoli golfi chiusi nei quali, per così dire, ci si mostra nell’intimità, facendosi piccolo per farsi gustare meglio.
Un’altra varietà del mare è quella dei suoi rumori. Ora il suo mormorio sembra una carezza che culla e addormenta. Ora il suo rumore, in sottofondo, è come la conversazione d’un vecchio amico che si è ascoltata mille volte. Ora invece esso parla col ruggito dominatore d’un re che vuole imporsi sugli elementi.
Pure il modo in cui il mare si “comporta” sulla spiaggia è incredibilmente vario. Ora piomba sulla sabbia risoluto e sbuffante. Ora arriva con passo pigro, in onde che si succedono con languido incedere. Ora invece sembra fermo, contentandosi di lambire appena la terra.
Tutte queste varietà del mare, però, non avrebbero nessun nesso, e quindi nessun incanto, se non si presentassero sul grande sfondo d’una unità fissa, invariabile e grandiosa. Questa è la bellezza dell’unità nella diversità.
La diversità del mare è in questo modo bella perché non è una qualsiasi diversità, bensì una diversità armonica. In cosa consiste?
Diversità armonica nel mare
Un primo elemento è che questa diversità fino all’opposizione. Cioè, essa è così ampia che i suoi aspetti estremi giungono ad essere opposti e come contraddittori fra loro. Questa diversità, proprio perché riunisce in una sola gamma estremi così disparati, possiede una suprema armonia, un’indiscutibile bellezza. Noi non riscontreremmo tanta bellezza nel mare se non fosse, per esempio, così estremamente furioso, così estremamente maestoso, ma anche così estremamente calmo. Il mare armonizza l’estremo della calma con l’estremo della furia.
Un secondo elemento è che questa diversità basata sugli opposti deve comportare una certa simmetria. Se il mare, per esempio, fosse estremamente furioso in alcuni momenti ma appena un po’ calmo in altri, vi sarebbe uno squilibrio, la sua bellezza non sarebbe perfetta. Affinché il contrasto sia perfetto, il mare deve essere tanto furioso in alcuni momenti quanto è calmo in altri.
Abbiamo poi le varietà armoniche delle gamme intermedie. Ci sono certi stati di transizione fra una fase a l’altra, nei quali non possiamo dire che il mare sia in un certo modo o in un altro. Egli sta passando da un estremo all’altro, con tutta una ricchissima gamma di situazioni intermedie così splendidamente sfumate ed armoniche che spesso il linguaggio umano non riesce nemmeno a cogliere.
Prendiamo l’esempio d’un mare che comincia a calmarsi dopo la tempesta. Chi si è trovato nella calma! Chi lo paragona invece al mare calmo dirà: il mare è ancora agitato! È una sorta di contraddizione di aspetti opposti che coesistono in una situazione intermedia.
Un ultimo elemento è la continuità. Da un estremo all’altro il mare non procede a sbalzi, ma attraversa tutte le gamme intermedie, con maggior o minor velocità, in una sequenza di sfumature successive. Quando questa sequenza è perfetta, a volte può anche sembrare che il mare non muti, salvo poi, dopo un certo tempo, accorgersi che si ha davanti un panorama nuovo. In questo caso, i cambiamenti sono stati così delicati ed impercettibili, che eccedono la nostra capacità sensoriale.
Vi è, infine, un elemento non tanto visibile nel mare, ma molto vistoso nel firmamento: la diversità nel progresso.
Possiamo scorgere nel firmamento una varietà di aspetti che vanno dall’aurora fino alla notte. Il giorno sorge incantevole, pieno di energia, fresco. Man mano che avanza, va guadagnando colori, forza e maestà, fino a raggiungere la gloriosa pienezza del meriggio. Poi va declinando lentamente fino a sprofondare nella tristezza del tramonto. Finalmente, prende il suo aspetto notturno, che conserva fino ai primi bagliori dell’aurora.
Possiamo menzionare anche un altro principio che conferisce al firmamento la sua particolare bellezza: è il principio monarchico, cioè la disposizione delle molteplici forme della varietà attorno a un elemento o punto centrale, in funzione del quale esse si armonizzano e si spiegano a vicenda. È questo, per esempio, il ruolo del sole nel firmamento.
Ecco i vari princìpi di bellezza esistenti in due splendide creature di Dio: il mare e il firmamento.
La Vergine Santissima: apice della bellezza dell’universo
La dottrina cattolica ci insegna che la bellezza di queste creature è un’immagine di Dio, puro Spirito infinitamente perfetto. Ma, visto che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, essa è anche un’immagine dell’uomo. I vari aspetti del mare e del firmamento, per esempio, fanno pensare all’anima umana in alcuni suoi atteggiamenti, soprattutto quando essa riflette veramente la santità di Dio Nostro Signore.
Queste regole di estetica circa l’universo che ho appena spiegato, servono quindi anche per considerare la bellezza della santità nell’uomo e, soprattutto, nella più alta delle creature: la Madonna. La Madonna, così spesso paragonata al firmamento o al mare, possiede un’anima d’una immensità insondabile, un’anima nella quale tutte le forme di virtù e di bellezza coesistono in una perfezione supereminente, e della quale noi non possiamo farci un’idea esatta. La Madonna è proprio quell’oceano, quel firmamento di virtù davanti al quale rimaniamo estasiati, allibiti e che dobbiamo cercare di amare e di imitare.
Possiamo riscontrare nella Madonna la stessa unità nella varietà nei molteplici doni con i quali Dio l’ha onorata. Ella è madre di clemenza e di misericordia, ma è anche “terribile come un esercito schierato a battaglia” (1. Cantico dei Cantici, 6,3.); Ella è salute degli infermi, ma è anche la Madonna dei dolori; Ella è ausilio dei cristiani ma anche rifugio dei peccatori. Ella è celebrata per la sua imparagonabile umiltà, e ciononostante tutti i veggenti che hanno avuto la gioia di contemplarLa rilevano concordi la Sua sovrana maestà.
Nella Madonna si armonizzano perfettamente gli aspetti più contrastanti e perfino apparentemente inconciliabili. Per esempio, vi può essere un contrasto più radicale di quello d’essere la Vergine Madre? Ella è Vergine delle vergini. Ma potrebbe benissimo essere chiamata pure Madre delle madri. Nessuna è più pienamente Vergine di Lei. Nessuna è più pienamente Madre di Lei.
La consacrazione alla Madonna nei giorni nostri
La consacrazione alla Madonna consiste nel darsi a Lei. E, giacché noi possiamo realizzare in noi stessi, in qualche modo, le virtù che in Lei rifulgono in modo eccelso, darsi a Lei significa servirLa e cercare di imitarLa. La conoscenza della Madonna, l’ammirazione per la Madonna, il servizio alla Madonna e il desiderio di imitarLa sono quindi gli elementi della perfetta consacrazione.
Ma dobbiamo procedere ad un’altra domanda: come possiamo vivere questa consacrazione nelle condizioni concrete dei nostri giorni?
La società deve essere tale che gli stessi principi di bellezza universale che abbiamo appena spiegato, e che poi si traducono in principi di moralità e di santità, si riflettano non solo nelle anime ma in tutto ciò che circonda l’uomo.
Per una misteriosa affinità, le forme, i suoni, i colori, gli aromi possono esprimere stati d’animo dell’uomo. Bisogna quindi che esprimano stati d’animo virtuosi, affinché l’uomo possa trarre dagli ambienti nei quali vive risorse per la sua santificazione. Gli ambienti devono contenere immagini di Dio che parlino ai sensi, devono essere tali da stimolare nell’uomo la pratica della virtù, devono suscitare in lui l’appetenza della bellezza increata di Dio, che lui poi vedrà faccia a faccia nella gloria dei Cieli.
Ecco la grande missione dei laici che vivono nel mondo: organizzare l’ordine temporale in modo tale che formi le anime attirandole verso il Cielo. È chiaro che questo ordine temporale avrebbe una consonanza profonda con la Rivelazione, con gli insegnamenti e leggi della Chiesa, così come con i dettami della vera scienza. Sarebbe perciò il Regno di Cristo, il Regno di Maria sulla terra.
Torno dunque alla domanda: nel nostro secolo, in cosa consiste il servizio alla Madonna? Consiste nel salvare le anime con tutti i mezzi leciti, fra i quali voglio accentuare questo: ordinare tutte le cose secondo lo spirito che ho appena descritto, costruendo in questo modo la cultura e la civiltà cristiana. Sia l’una che l’altra, in fondo, non sono che la disposizione delle cose affinché siano in questa vita un riflesso di Dio, orientando quindi le anime per la vita eterna.
Essere consacrato alla Madonna e servirLa significa sostenere, promuovere e difendere contro eventuali nemici la cultura e la civiltà cristiana, che costituiscono quella pace in terra promessa agli uomini di buona volontà dagli angeli a Betlemme. L’unica pace che gli uomini di buona volontà possono avere sulla terra è la pace di Cristo nel Regno di Cristo per Maria.
Possiamo dunque dire che il vero Terziario Carmelitano, consapevole di cosa implichi la sua consacrazione, è non solo una persona di spiccata vita interiore, ma anche un autentico soldato della cultura e della civiltà cristiana.
Problemi dell’apostolato nel secolo XX
Per comprendere ancor meglio come dobbiamo servire la Madonna nel nostro secolo, dobbiamo considerare certe particolari circostanze di questa epoca storica.
Noi viviamo in un processo rivoluzionario che, iniziatosi col Protestantesimo e l’Umanesimo nel secolo XVI, ha ottenuto un grande trionfo con la Rivoluzione francese nel secolo XVIII. Questo processo giunge adesso al suo culmine con l’affermarsi del comunismo. Siamo quindi nel vortice di una lunga serie di apostasie. E in questo consiste il carattere dominante degli avvenimenti nei giorni nostri, delle circostanze nelle quali la Chiesa vive, agisce e lotta attualmente.
In tutti i tempi la Chiesa ha dovuto affrontare avversari. Ma forse mai essa è stata costretta a subire un attacco così furibondo che la colpisce in ogni punto della sua dottrina, dei sui costumi, delle sue istituzioni e delle sue leggi. Mai i suoi nemici avevano ostentato una tale coerenza, una tale unità di intenti e un tale rancore come ai nostri giorni. I testi pontifici in questo senso sono talmente numerosi che non serve qui menzionarli.
Dunque, da qualsiasi angolazione noi consideriamo il panorama odierno, dobbiamo collocare al centro questo fenomeno, cioè l’offensiva plurisecolare delle forze del male contro la Chiesa, offensiva che oggi è arrivata al suo parossismo. Viviamo, come ho detto poc’anzi, in un processo rivoluzionario che corrode una realtà gloriosa, luminosa ma ormai agonizzante: la Civiltà cristiana.
Abbiamo quindi un nemico da contrastare e un patrimonio da difendere. Questo patrimonio è l’immenso e inestimabile tesoro delle tradizioni tramandateci da venti secoli di Civiltà cristiana. Un patrimonio che non va considerato come un valore statico ma, al contrario, come un qualcosa che si è man mano costruito nel corso dei secoli. Anche noi, con la nostra fedeltà e la nostra lotta, accresciamo questo tesoro della tradizione. Davanti a noi c’è la Rivoluzione, che rappresenta esattamente il contrario di tutto ciò che amiamo. Noi dobbiamo combatterla in tutte le sue manifestazioni.
Ecco un aspetto essenziale dell’apostolato cattolico nei giorni nostri. Questo aspetto merita un’ulteriore spiegazione.
Il cattolico deve essere un uomo del suo tempo?
Dicono che il cattolico debba essere un uomo del suo tempo, con lo sguardo aperto ad ogni forma di progresso, adattandosi in tutta la misura del possibile al mondo nel quale vive.
Nessuno oserebbe dire che queste affermazioni siano in sé false. Ma dobbiamo saper distinguere un’accettazione intelligente e piena di discernimento, da un’accettazione sprovveduta, sconsiderata, frutto di debolezza che assume non solo gli aspetti buoni dell’epoca, ma anche tutto ciò che lo spirito della Rivoluzione vi ha instillato, a volte subdolamente.
Se vogliamo essere pienamente uomini del nostro tempo, dobbiamo saper tracciare questa linea divisoria con molta chiarezza.
Ogni epoca dice di voler prendere le distanze da quella precedente correggendone i difetti. Ma capita anche che spesso se ne voglia distanziare perché dissente dai suoi valori. E qui ci vuole discernimento. Riguardo all’epoca immediatamente anteriore alla nostra, noi non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo né accettare tutto né rigettare tutto. Dobbiamo analizzare con attenzione i diversi elementi.
Nessun’epoca passata deve rimanere intoccata. È sempre possibile, per mezzo di un vero progresso, abolirne i difetti e migliorarne i valori. Ma questo non basta. Noi non possiamo perdere di vista che molte delle trasformazioni in atto oggigiorno non rappresentano affatto un lavoro intelligente per depurare e perfezionare le tradizioni che abbiamo ricevuto dai nostri padri ma, al contrario, costituiscono un deliberato sforzo di distruzione sistematica o di corrosione insidiosa dei valori della Civiltà cristiana.
In una lettera indirizzata al cardinale Carlos Mota, arcivescovo di San Paolo, mons. Dell’Acqua, allora Sostituto alla Segreteria di Stato della Santa Sede, affermava che, per effetto del laicismo, il mondo contemporaneo aveva ormai perso quasi completamente il senso cristiano della vita.
Richiamo l’attenzione di lor signori su queste ultime parole. Noi sappiamo che l’uomo non può rimanere privo di qualsiasi senso. Se egli perde il senso cristiano, è giocoforza che lo rimpiazzi con un senso non cristiano. Dobbiamo quindi concludere che la stragrande maggioranza degli uomini di oggi sono segnati, in grado minore o maggiore, da un senso non cristiano della vita, quando non addirittura da un senso anticristiano. Noi stessi, figli del nostro tempo, siamo esposti al rischio di recepire nel nostro spirito, a volte anche velatamente, alcune infiltrazioni di questo senso anticristiano della vita.
Troppo frequentemente ci troviamo attorno persone che pensano di avere il vero spirito cattolico perché ricevono ogni tanto i sacramenti e praticano alcuni atti di pietà. Eppure, i loro modi di pensare, di sentire e di agire sono segnati da uno spirito opposto a quello della Chiesa. Anche se in grado ovviamente minore, questo succede perfino con persone devote. In queste condizioni, c’è motivo per essere diffidenti perfino verso noi stessi.
Con grande diligenza dobbiamo dedicarci al compito di discernere ciò che nella nostra epoca è buono da ciò che è cattivo. Ci spinge il timore di dilapidare, anche se per sbaglio, qualcosa di quel deposito di tradizioni cattoliche che abbiamo ricevuto dai nostri padri e che dobbiamo trasmettere non solo intatto, ma accresciuto.
Dobbiamo, sì, correggere giudiziosamente il passato. Ma cambiarlo senza discernimento, sconsideratamente, in ogni caso, e a volte perfino solo per la smania di cambiare, ecco un atteggiamento che va decisamente respinto. Niente di più estraneo alla vera consacrazione alla Madonna di questa negligenza nel proteggere la tradizione cristiana.
Se un membro del Terzo’Ordine Carmelitano si consegna al mondo senza ritegno, sappia che egli serve due signori, egli non è un vero Carmelitano e la sua consacrazione non è una vera consacrazione.
Respingendo dunque formalmente l’idea che dobbiamo conservare intatto il passato, affermiamo che mai come oggi nella storia della Civiltà cristiana fu così difficile discernere fra i veri valori del passato e quello che nei giorni nostri deve essere rettificato.
Significato e valore della vera tradizione
Per illustrare questo punto, niente meglio delle luminose parole di Papa Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana il 19 gennaio 1944. Il Santo Padre spiega molto bene in cosa consista un rinnovamento fatto secondo lo spirito della Chiesa, animato da un profondo amore alla tradizione:
“Le cose terrene scorrono come un fiume nell’alveo del tempo: necessariamente il passato cede il posto e la via all’avvenire, e il presente non è che un istante fugace che congiunge l’uno con l’altro. È un fatto, è un moto, è una legge; non è in sé un male. Il male sarebbe se questo presente che dovrebbe essere un flutto tranquillo nella continuità della corrente, divenisse una tromba marina, sconvolgendo ogni cosa come tifone o uragano al suo avanzarsi, e scavando con furioso distruggimento e rapimento un abisso tra ciò che fu e ciò che deve seguire. Tali sbalzi disordinati, che fa la storia nel suo corso, costituiscono allora e segnano ciò che si chiama una crisi, vale a dire un passaggio pericoloso, che può far capo a salvezza o a rovina irreparabile, ma la cui soluzione è tuttora avvolta di mistero entro la caligine delle forze contrastanti. (…)
“Molti animi, anche sinceri, s’immaginano e credono che la tradizione non sia altro che il ricordo, il pallido vestigio di un passato che non c’è più, che non può più tornare, che tutt’al più viene con venerazione, con riconoscenza se vi piace, relegato e conservato in un museo. (…)
“Ma la tradizione è cosa molto diversa dal semplice attaccamento ad un passato scomparso; è tutto l’opposto di una reazione che diffida di ogni sano progresso. Il suo stesso vocabolo etimologicamente è sinonimo di cammino e di avanzamento. Sinonimia, non identità. Mentre infatti il progresso indica soltanto il fatto del cammino in avanti passo innanzi passo, cercando con lo sguardo un incerto avvenire, la tradizione dice pure un cammino in avanti, ma un cammino continuo, che si svolge in pari tempo tranquillo e vivace, secondo le leggi della vita. (…)
“In forza della tradizione, la gioventù, illuminata e guidata dall’esperienza degli anziani, si avanza di un passo più sicuro, e la vecchiaia trasmette e consegna fiduciosa l’aratro a mani più vigorose che proseguono il solco cominciato. Come indica col suo nome, la tradizione è il dono che passa di generazione in generazione, la fiaccola che il corridore ad ogni cambio pone in mano e affida all’altro corridore, senza che la corsa si arresti o si rallenti. Tradizione e progresso s’integrano a vicenda con tanta armonia, che, come la tradizione senza il progresso contraddirebbe a sé stessa, così il progresso senza la tradizione sarebbe una impresa temeraria, un salto nel buio” (Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, 19/1/1944, pp. 177-182).
Conclusione
Reverendi sacerdoti, cari confratelli, abbiamo dunque visto che la nostra consacrazione alla Madonna, espressa nell’atto affettivo della professione religiosa e ricordata dall’uso dello scapolare, si realizza nei giorni nostri nel riportare le anime e tutti i valori della società temporale a dare gloria a Dio, sulla scia della Civiltà cristiana, avendo Dio come causa esemplare, e proseguendo nella traiettoria indicata dai magnifici principi della tradizione cristiana.
Nota: Il titolo e i sottotitoli sono redazionali.