Dall’opera “L’angelica milizia. Gli angeli nel panorama attuale della Chiesa e del mondo” di Plinio Corrêa de Oliveira (a cura di Julio Loredo), Edizioni Cantagalli, Siena 2021, p. 368:
Il numero degli angeli
Nella q. 50, a. 3, S. Tommaso d’Aquino tratta il tema del numero degli angeli. Egli prima spiega che il numero degli angeli sembrerebbe ridotto perché, quanto più ci si approssima all’unità, tanto meno esiste la molteplicità. Se Dio è la massima unità, più gli angeli sono vicini a Lui, più allora la loro molteplicità deve essere minima. Commenta Plinio Corrêa de Oliveira:
“Questo è logico. Per esempio, il numero dei cardinali è inferiore a quello dei parroci perché essi sono più vicini all’unità, rappresentata dal Papa. Allo stesso modo, il numero dei duchi è inferiore a quello dei baroni perché si approssimano di più all’unità, cioè al Re. Ciò corrisponde a un principio metafisico: più una cosa si perfeziona, più la quantità si riduce. È, tipicamente, il caso dei profumi. Andiamo dalle acque di colonia, che si usano profusamente, ai profumi raffinatissimi che si usano col contagocce”.
Sed contra, continua S. Tommaso: “Si deve affermare che anche gli angeli propriamente detti, ossia le sostanze immateriali, superano per il loro numero ingentissimo qualunque moltitudine materiale”. In altre parole, il numero degli angeli sarebbe molto superiore a quello degli esseri materiali. Pondera il dott. Plinio:
“Sono due concetti diversi di numero che si tratta di armonizzare: l’uno quantitativo, l’altro qualitativo. Se consideriamo il numero-qualità, al vertice vi è più molteplicità che alla base. Se consideriamo il numero-quantità, vi è più molteplicità alla base. Mentre si sale nella gerarchia, la parola ‘numero’ cambia gradualmente di sfumatura, senza intaccare in nulla la somma aritmetica. Faccio un esempio, mettendo a confronto l’Italia con la Cina. L’Italia è molto più piccola quantitativamente, ma ha ben venti Regioni, ognuna con una personalità propria, una storia propria e una varietà stupefacente a livello locale. La Cina è enorme, ma è piuttosto omogenea. Quale Paese è maggiore? L’Italia con le sue qualità, o la Cina con le sue dimensioni? Così possiamo comprendere meglio l’incrocio delle due numerazioni diverse, quasi contraddittorie. Quanto più alto è un essere in cui vi sia il numero-qualità, tanto più aumentano le modalità di cui egli è capace. E, siccome ogni angelo è unico nella sua specie, il numero degli angeli è immenso.
“Questo si ricollega a un’altra differenza fra numero-spirito e numero-materia. Visto da un angolo, il primo è più ristretto del secondo. Visto da un altro angolo, è il contrario. Faccio un esempio. Vi sono metodi scientifici per misurare la luminosità dei diamanti. Esistono ‘x’ gradi di luminosità. Questo è numero-materia. Quando, però, analizziamo il concetto di ‘luminosità’, proprio perché è già qualcosa di metafisico, si aprono verso l’alto universi insondabili. Un solo grado di luminosità può aprire mille orizzonti metafisici. Mentre la materia si muove nella quantità, è proprio dello spirito muoversi nella qualità”.
Sempre attento ai riflessi dell’angelologia sulla società temporale – oggetto precipuo del suo impeto apostolico – il pensatore brasiliano trae da questa dottrina alcune lezioni per la configurazione di una società organica:
“Il vero progresso non è la moltiplicazione della quantità, ma il perfezionamento della qualità. Il progresso materiale è un bene solo nella misura in cui quello spirituale lo precede e lo presiede. “L’armonia fra il numero-qualità e il numero-quantità è un argomento contro gli imperi unitari, come l’Impero romano, e in favore degli imperi federali, come la monarchia asburgica. L’Impero romano aveva troppa quantità, e finì per schiacciare la qualità, soprattutto nelle province. Il Sacro Romano Impero, invece, aveva più qualità che quantità, sfoggiando quindi una ricchezza di sfaccettature unica. L’esempio più spregevole di quantità è l’impero napoleonico. Napoleone era solo numero, volgare e ordinario. L’impero bonapartista era più compatto e materiale. L’unum dell’impero asburgico, invece, era più articolato, più armonico, più differenziato. Più che una società di individui, la società organica deve essere una società di qualità. Per esempio, un palazzo non è un mero ammasso di pietre, bensì la realizzazione di un certo progetto che ordina le pietre fra loro” (cfr. op. cit., pag. 69-72 – i grassetti sono di questo sito)