Studio delle trame e delle manovre del Cremlino per infiltrare i comunisti nella “Chiesa ortodossa”: i metodi sovietici vengono già applicati tra noi cattolici?

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Folha de S. Paulo, 19 settembre 1971

Nella C.O. (*)

 

Plinio Corrêa de Oliveira

 

I problemi che dovevano affrontare i capi della Rivoluzione russa trionfante erano – in materia di culto – gli stessi che il comunismo deve affrontare in tutti i paesi a stragrande maggioranza religiosa. Ciò rende particolarmente interessante per il pubblico brasiliano lo studio degli intrighi e delle manovre del Cremlino.

Presenterò lo “status questionis” così come si delineava in Russia per gli atei nel 1917, anno della caduta del regime imperiale. E poi indicherò i metodi adottati dai comunisti nella loro politica persecutoria. Spetta al lettore chiarire quali diversità e quali analogie si riscontrano tra i problemi russi e i nostri. Così come se i metodi sovietici siano già stati applicati tra noi, e in che misura…

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Entro subito nello “status questionis”.

In linea di principio, la soluzione ideale per i comunisti russi del 1917 sarebbe consistita nell’eliminare sommariamente le diverse religioni esistenti nell’antico impero degli zar. A questo risultato si sarebbe potuto giungere, in teoria, con un’immensa propaganda atea, integrata dal massacro di massa di coloro che si rifiutavano di rinnegare formalmente Dio.

Dico “in teoria”… In pratica, questo piano semplicistico si rivelava – già a prima vista – del tutto inapplicabile. Oltre alle minoranze cattoliche, protestanti e pagane, la Russia contava su un’immensa maggioranza greco-scismatica. La Chiesa detta “ortodossa”, a cui apparteneva questa maggioranza, aveva messo radici profonde nel Paese. Per le sue relazioni intime e millenarie con la monarchia, così come con tutte le istituzioni pubbliche e private del Paese, per il suo immenso ruolo storico, per la sua profonda influenza sulla cultura, sulla mentalità e sui costumi della popolazione, la “Chiesa ortodossa” non poteva essere estirpata in un colpo solo dall’anima così religiosa dei russi.

In realtà, nemmeno un intero secolo di propaganda atea avrebbe potuto raggiungere tale risultato. Quanto alla politica delle uccisioni, essa non avrebbe avuto altro effetto se non quello di sollevare il popolo a fianco dei «bianchi russi» (anticomunisti), che allora combattevano nel Paese con le armi in pugno.

In tali condizioni, si trattava, per i sovietici, di seguire una politica diversa, cioè, agire sulla maggioranza irriducibilmente religiosa del popolo russo, infiltrandola, indebolendola, dividendola, degradandola, trascinandola nel caos e così annientandola. In altri termini, era una colossale operazione di lavaggio del cervello, che la situazione richiedeva.

Una volta indebolita in questo modo la religiosità del popolo, sarebbe stato meno difficile condurlo, passo dopo passo, all’indifferentismo religioso e infine all’ateismo.

Inoltre, questo lavaggio del cervello apriva la strada a una possibilità ancora più ambiziosa, ovvero trasformare ciò che restava delle varie Chiese esistenti in Russia in strumenti della politica interna ed estera del Cremlino. È ciò che impone l’inesorabile principio marxista, secondo cui tutto ciò che il comunismo non può distruggere deve essere messo senza riserve al suo servizio.

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Passiamo ora al processo attraverso il quale tale obiettivo è stato raggiunto. Esso consisteva fondamentalmente nell’uso simultaneo di due risorse:

1) una politica di pressione e decompressione, destinata a ispirare nella massa religiosa, e più specialmente ancora tra i gerarchi ecclesiastici, sentimenti alternati di panico e simpatia;

2) l’infiltrazione di elementi comunisti in varie cariche della gerarchia ecclesiastica: a tali agenti spettava il compito di sfruttare, all’interno degli stessi ambienti religiosi, sia nei momenti critici di compressione e paura, sia nei momenti più tranquilli e anestetizzanti di decompressione e simpatia, il tutto con l’obiettivo di portare alla capitolazione interi blocchi delle varie strutture religiose.

Tale capitolazione — insisto — non consisteva solo nell’affondare nello scoraggiamento e nell’indifferenza religiosa. Essa mirava a «creare» questa cosa mostruosa, che è una chiesa ispirata dagli atei, governata dagli atei e messa da loro al servizio della propaganda dell’ateismo. Qualcosa di assurdo e orribile come la scuola dei teologi occidentali moderni che predicano la «morte di Dio».

Affinché il lettore comprenda tutto, basta ora narrargli come si sono svolti i fatti. Mi concentrerò esclusivamente sulla Chiesa greco-scismatica, detta “ortodossa”, non solo per il suo ruolo preponderante nella vita russa, ma anche perché in essa il processo che ho appena descritto è stato applicato interamente e con successi spettacolari. Ciò è estremamente utile per la comprensione teorica dei metodi di persecuzione religiosa impiegati dai comunisti.

Per brevità, mi riferirò alla «Chiesa ortodossa» semplicemente con le sue iniziali C.O.

Prima fase: decompressione. — Kerensky, precursore e burattino dei comunisti, favorisce la C.O.: a) permette la riunione di un concilio; b) rifonda l’unità della C.O., ristabilendo il patriarcato di Mosca, soppresso dalla monarchia duecento anni prima. Incoraggiato da questi favori, il nuovo patriarca Thycon induce il concilio ad approvare una vera e propria scomunica contro i comunisti, che nel frattempo erano saliti al potere.

Seconda fase: compressione. — La situazione è ideale per Lenin, che può perseguire la C.O., non con l’aria di chi attacca, ma di chi si difende. Così, il governo sovietico reagisce alla scomunica separando la Chiesa dallo Stato e proibendo ogni insegnamento religioso. Anche questa volta Thycon si dimostra coraggioso. Ordina preghiere, digiuni e processioni. Ovunque si verificano scontri tra gli atei e la popolazione. La minaccia di un’immensa persecuzione religiosa incombe come una nube nera sulle immense distese del Paese. In tutti gli ambienti religiosi si infiamma l’eroismo, si diffonde l’aspirazione alla lotta e al martirio. La fase eroica della lotta della C.O. raggiunge il suo apice.

In questo momento, e in modo molto machiavellico, Lenin frustra tutti questi ammirevoli slanci, ricorrendo a una politica di allentamento allettante.

Lo stratagemma, impiegato con grande successo, ha dato i suoi frutti. La storia della C.O., ad eccezione della scarsa vena della “Chiesa del Silenzio”, diventerà, da quel momento in poi, una vergogna.

È ciò che vedremo, Deo volente, nel prossimo articolo.

(*) Titolo originale “Na I.O.”. Traduzione senza revisione dell’autore.

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