Dell’opera “Avvertimenti ai predicatori”, del Fondatore dei Redentoristi, S. Alfonso Maria de Liguori (sopra, sua statua nella basilica di San Pietro, nel Vaticano):
Prima di tutto il predicatore, se vuole che le sue prediche partoriscano abbondante frutto, bisogna che si prefigga il fine, cioè di voler predicare, non già per ritrarne onori e lodi o altro interesse temporale, ma solo per acquistare anime a Dio; e perciò fa d’uopo che il predicatore, impiegandosi a questo grande officio di ambasciatore di Dio, lo preghi con fervore ad infiammarlo del suo santo amore, perché così le sue prediche riusciranno di gran profitto. Il venerabile p. Giovanni d’Avila interrogato una volta che cosa fosse più utile per ben predicare, rispose con queste brevi parole: L’amare assai Gesù Cristo. Perciò si è veduto spesso che i predicatori che amavano assai Gesù Cristo han fatto talvolta più bene con una sola predica, che altri con molte.
Diceva s. Tommaso da Villanova che le parole della predica hanno ad essere come tante saette di fuoco che feriscano ed infiammino gli ascoltanti di divino amore. Ma come, soggiungeva, possono infiammare cuori quelle prediche, per lunghe e faticate che siano, le quali escono da un monte di neve? Scrive s. Francesco di Sales che la lingua parla all’orecchio, il cuore parla ai cuori: viene a dire che, quando i sentimenti non escono dal cuore del predicatore, difficilmente tireranno i cuori degli altri al divino amore: bisogna esserne prima acceso. Lampades eius, lampades ignis, atque flammarum: bisogna prima esser fuoco per ardere, e poi fiamma per accendere gli altri. S. Bernardo spiegava ciò con altra frase, dicendo che bisogna prima esser conca e poi canale: prima conca, cioè pieno di spirito e zelo, che si raccoglie nell’orazione mentale, e poi canale per comunicarlo agli altri.
Veniamo alla materia delle prediche. Si procuri di scegliere quelle materie che maggiormente muovono ad abborrire il peccato e ad amare Dio. Onde spesso si parli dei novissimi, della morte, del giudizio, dell’inferno, del paradiso e dell’eternità, secondo l’avviso dello Spirito santo: Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis (Eccl. 7. 40). Specialmente giova spesso far memoria della morte, facendone più sermoni fra l’anno, con parlare ora dell’incertezza della morte, con la quale finiscono così tutti i piaceri, come tutti i travagli di questo mondo: ora dell’incertezza del tempo in cui la morte ha da venire: ora della morte infelice del peccatore: ora della morte felice de’ santi.
Si procuri ancora di parlare spesso dell’amore che ci porta Gesù Cristo, e dell’amore che noi dobbiamo portare a Gesù Cristo, e della confidenza che dobbiamo avere nella sua misericordia, sempre che vogliamo emendarci. Alcuni predicatori pare che non sappiano parlare d’altro che della giustizia di Dio, di terrori, di minacce e di castighi. Non ha dubbio che le prediche di spavento giovano sì bene a svegliare i peccatori dal sonno del peccato; ma bisogna persuadersi insieme che la vita di chi si astiene da’ peccati solamente per timore dei castighi, difficilmente avrà lunga perseveranza. L’amore è quel laccio d’oro che stringe le anime con Dio, e le rende costanti a discacciar le tentazioni ed a praticar le virtù. Diceva s. Agostino: Ama, et fac quod vis. Chi veramente ama Dio, fugge di dargli disgusto, e cerca di compiacerlo per quanto può. E qui si noti ancora quel gran detto di s. Francesco di Sales: L’amore che non nasce dalla passione di Gesù Cristo è debole. Con ciò il santo ci fa sapere che la passione di Gesù Cristo è quella che più ci muove ad amarlo.
Così anche giova assai e conduce insieme ad amare Dio, il parlare ai peccatori della confidenza che dobbiamo avere in Gesù Cristo, se vogliamo lasciare il peccato: quando il cuore vien dilatato dalla confidenza, corre facilmente nella via del Signore. Così parimente parli spesso della confidenza che dobbiamo avere nell’intercessione della Madre di Dio; oltre dei sermoni che si faranno tra l’anno nelle feste principali della Madonna, come dell’annunziazione, dell’assunzione, del di lei patrocinio, dei suoi dolori ec., spesso tra le prediche si procuri di inserire negli animi degli uditori la divozione alla b. Vergine. Alcuni predicatori hanno il bel costume di non lasciar mai in ogni loro sermone di dire qualcosa di Maria santissima, o narrando qualche esempio di grazie fatte ai suoi servi, o di qualche ossequio praticato dai suoi divoti, o di qualche preghiera che dobbiamo farle.
Inoltre si procuri di parlare spesso dei mezzi per conservarsi in grazia di Dio, come di fuggire le cattive occasioni e i mali compagni, di frequentare i sacramenti, e specialmente di spesso raccomandarsi a Dio ed alla Madonna per ottenere le grazie necessarie alla salute, e principalmente le grazie della perseveranza e dell’amore a Gesù Cristo, senza le quali non possiamo salvarci.
Di più procuri il predicatore di parlare più volte nei suoi sermoni contro le male confessioni che si fanno, tacendo i peccati per rossore. Questo è un male non raro, ma frequente, specialmente nei paesi piccioli, che ne manda innumerabili anime all’inferno. Quindi giova molto che da quando in quando si narri qualche esempio di anime dannate per aver taciuti i peccati in confessione. (…)
Comunemente parlando, le parti sostanziali dell’esordio sono tre: 1. la proposizione generale o sia di assunto: 2. la complessione o sia l’attacco per ricavarne la proposizione particolare: 3. la proposizione particolare o sia principale della predica, a cui va unita la divisione dei punti. Per esempio: 1) È necessario salvarsi, perché non vi è via di mezzo: chi non si salva, è dannato: ecco la proposizione generale. 2) Ma per salvarsi bisogna far buon a morte: ecco la complessione o sia l’attacco. 3) Ma troppo è difficile far buona morte dopo una mala vita: ed ecco la proposizione particolare o sia principale del sermone, la quale deve esser chiara, breve e facile, ed insieme unica, altrimenti se nella proposizione non si osservasse l’unità, non sarebbe una predica, ma più prediche.
E perciò i punti, nei quali la predica si divide, debbono collimare a provare una sola proposizione. Per esempio: Il male abituato difficilmente si salva, perché il mal abito: 1) accieca la mente, 2) indurisce il cuore. E questi saranno i due punti della predica. Questi punti poi siano brevi e pochi, non passando il numero di due o al più di tre; e talvolta basterà un solo punto o sia assunto della predica: v.g. Il peccato mortale è un gran male, perché è un’ingiuria che si fa a Dio. Oppure: Chi troppo si abusa della misericordia di Dio, resterà abbandonato da Dio. (…)
Procuri in somma il predicatore nei suoi sermoni d’insinuar sempre che può cose di pratica, cioè i rimedi per astenersi dai vizi, ed i mezzi per perseverare nella buona vita, come sono il fuggir le occasioni cattive, i mali compagni, il farsi forza nei moti di sdegno per non prorompere in atti o parole ingiuriose, mettendo in bocca agli ascoltanti qualche detto per evitar le bestemmie o le imprecazioni, v.g. Signore, datemi pazienza; Madonna aiutatemi; Dio ti faccia santo e simili. Insinui l’entrare in qualche congregazione: il sentir la messa ogni mattina: leggere ogni giorno qualche libretto spirituale; ogni mattina rinnovare il proposito di non offendere Dio, cercandogli l’aiuto per la perseveranza; fare ogni giorno la visita al ss. sacramento ed alla b. Vergine in qualche sua immagine; ogni sera far l’esame di coscienza con l’atto di dolore; dopo aver commesso qualche peccato far subito un atto di contrizione, e poi confessarsene quanto più presto si può. Soprattutto insinui di ricorrere a Dio ed alla b. Vergine in tempo di tentazioni, replicando più volte i santi nomi di Gesù e di Maria, con seguire ad invocarli in aiuto, finché non cessa la tentazione.
Questi rimedi e mezzi dal predicatore debbono ripetersi ed insinuarsi più volte nel decorso delle prediche, e non deve egli atterrirsi dal timore di esser criticato da qualche letterato, il quale dicesse che il predicatore replica le stesse cose. Non si han da cercare le lodi dei letterati nel predicare, ma il gusto di Dio e il profitto delle anime, e particolarmente dei poveri rozzi, i quali non tanto cavano profitto dalle sentenze e ragioni, quanto da queste facili pratiche, che loro saranno insinuate e ripetute; dico ripetute, poiché le menti di legno di questi rozzi facilmente si dimenticano di ciò che sentono predicare, se non è loro ripetuto più volte. (…)