Oltremodo preoccupato per la situazione di crisi in cui versava Santa Madre Chiesa, impensierito anche per certi ostacoli nel suo apostolato, a Plinio Corrêa de Oliveira sembrava necessario che alcune anime si offrissero eroicamente in sacrificio. Con questa intenzione, durante una riunione del 1° febbraio 1975, egli si offrì esplicitamente come vittima espiatoria. Appena 36 ore dopo, restò gravemente ferito in un incidente stradale. Gli strascichi di questo incidente perdurarono fino alla fine. Furono vent’anni di gravose sofferenze, da lui sopportate con animo sempre fermo e sereno, che culminarono con la sua morte nel 1995.
di Leo Daniele
“Quando arriva la sfortuna, spalanca la porta”, dice un proverbio russo. In altre parole, le disgrazie non vengono mai sole: una chiama l’altra. Così accadde a Plinio Corrêa de Oliveira nel 1975.
Poco dopo le ore 13 del 3 febbraio, una giornata grigia e piovosa, sulla strada tra le città di Jundiaí e Itatiba, nello Stato di San Paolo, Brasile, un uomo insanguinato è sdraiato sull’asfalto bagnato. Quattro veicoli si erano scontrati violentemente. La macchina in cui viaggiava l’uomo, una Mercedes, aveva impattato frontalmente un grosso pullman. Si cerca aiuto per trasportare la vittima in ospedale. Il proprietario di un’auto afferma di non voler sporcare di sangue i rivestimenti interni. Un altro è più esplicito: quest’uomo morirà, non ha senso fare nulla.
Era Plinio Corrêa de Oliveira. Con diverse fratture, viene finalmente trasportato in ospedale. Due giorni dopo ha inizio la lunga sequenza degli interventi chirurgici.
Uomo pubblico, la notizia si diffonde velocemente. È finito, dicevano i suoi oppositori. Una nota rivista addirittura gioisce un po’.
Andai a visitarlo. Ricordo il suo aspetto appena prima del primo intervento chirurgico. Sdraiato su un letto d’ospedale, con la barba non rasata, lo sguardo serio e determinato, mi è sembrato un guerriero medievale.
Poco dopo entrano gli infermieri, lo mettono su una barella e lo portano via in sala operatoria. All’ingresso dell’ascensore, c’era un suo giovane discepolo comprensibilmente abbattuto. Per tirarlo su di morale gli disse: “Allora, facciamo la nostra riunione giovedì?”.
Ancora un intervento chirurgico e il Prof. Plinio poté tornare a casa. Ma — nuova prova — l’ortopedico gli prescrisse immobilità assoluta. Dovette usare un letto speciale, portato dall’ospedale, che sembrava più uno strumento di tortura: un sistema di pesi e carrucole gli tiravano la gamba e il braccio fratturati. Prognosi: sessanta giorni…
Gestire una campagna dal letto del dolore
In questa penosa situazione, venne a conoscenza di una nuova offensiva divorzista contro la famiglia brasiliana. Alcuni analisti ritengono che i promotori volessero approfittare della sua assenza forzata. Forse pensavano che avrebbero avuto la strada libera. Si sbagliavano. Egli avrebbe potuto dire: “Me ne occuperò quando starò meglio”. No! La causa cattolica lo chiamava, ed egli ha risposto: Eccomi!
Dal suo letto di dolore lanciò una campagna pubblica contro il divorzio. Registrò perfino l’intonazione giusta per gli slogan che i giovani avrebbero gridato per strada. La campagna è scesa in piazza ed è stata un successo. Grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica, l’offensiva anti-famiglia fu sconfitta nel Congresso Nazionale.
Di fronte a una campagna diffamatoria
Con le fratture non ancora del tutto ricomposte, ancora incapace di prendere in mano la cornetta del telefono o di consumare i pasti senza aiuto, nuove disgrazie entrarono attraverso la porta spalancata. Era iniziata in tutto il Paese una potente campagna pubblicitaria promossa dalla sinistra, volta a chiudere la TFP. Nel corso di otto mesi sulla stampa furono pubblicati nientemeno che 1.923 attacchi. A posteriori, un noto politico dichiarò che una tale campagna avrebbe demolito qualsiasi governo. Ma non la TFP. Un ampio manifesto intitolato La TFP in autodifesa, ridusse in polvere gli argomenti degli oppositori (Folha de S. Paulo, 21-29-30/5/1975).
Ecco appena un breve riassunto di alcune delle sofferenze che bussarono alla porta di Plinio Corrêa de Oliveira nel 1975. Ci sarebbe tanto da raccontare. Tuttavia, c’è qualcosa di particolarmente significativo che emerge dall’incidente stradale e dagli eventi successivi.
In una tale situazione nessuno si sarebbe meravigliato se il Prof. Plinio si fosse ritirato, o avesse comunque ridotto le sue attività. Aveva 66 anni e non riusciva più a muoversi normalmente. Era il momento giusto per andare in pensione. Ma lui non esitò un attimo: è tornò a combattere con determinazione.
“È nei grandi pericoli che si rivela il grande coraggio”, dice un proverbio. Fu proprio di fronte alle terribili sofferenze e ai problemi che lo colpirono nel 1975 che si mostrarono in tutta la loro statura lo spirito, il temperamento, la fibra e la determinazione di Plinio Corrêa de Oliveira, come vero guerriero cattolico.
Aveva ancora vent’anni di vita davanti a sé. Per chi sa guardare, furono sicuramente i più belli della sua esistenza. Infatti, oltre a essere i più fruttuosi, poiché la sua azione divenne internazionale, furono anche i più ardui, quelle in cui esercitò in modo più notevole la sua incrollabile combattività.
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