Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

Sorriso, Agonia e Morte

del Figlio di Dio

 

 

 

 

Catolicismo, Brasile, aprile 1963 (*)

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Un giorno – correva l’anno 1630 – Fra’ Innocenzo da Palermo, umile frate francescano, decise di scolpire un crocifisso in legno di ebano. Lo iniziò dal corpo, a cui riuscì a dare la forma desiderata. E lasciò per ultimo il volto, cioè la parte più difficile della scultura che si era prefissata. Che aspetto dargli? Il frate era colto da indefinibile e profonda perplessità. Una notte si coricò con l’anima appesantita da questa problema, ma quando al mattino si accinse a continuare l’opera che aveva lasciato incompiuta, la trovò inaspettatamente finita, con un meraviglioso volto, realizzato da un artista ignoto.

Era un volto in cui si fondevano armoniosamente, con delicatezza, la virilità e un’unzione soprannaturale, che lo facevano apparire come l’opera notturna di un angelo. Ricco di sfaccettature, a seconda dell’angolo di osservazione il divino crocifisso appare sorridente, agonizzante o ormai morto.

* * *

Conservato da tre secoli nel santuario di San Damiano, ad Assisi, il meraviglioso crocifisso di Fra’ Innocenzo è stato oggetto della continua pietà dei pellegrini.

Ce ne serviremo per la nostra meditazione della Settimana Santa. 

Signore, cosa ti avrebbe indotto a sorridere dall’alto della croce? Che abisso di contraddizione fra i dolori che, dal capo ai piedi, tormentano il tuo sacro corpo e quel sorriso che affiora dolce, soave, tenero, socchiudendoti le labbra e illuminandoti il viso! Soprattutto, Signore, che contraddizione tra l’abisso dei dolori morali che riempie il tuo Cuore e quella gioia, così delicata e così autentica, che traspare dal tuo Volto! Contro di te si è scagliato tutto il mare magnum dell’ignominia e della miseria umana. Non c’è ingratitudine né calunnia che ti sia stata risparmiata. Hai predicato il Regno dei Cieli e la tua predica è stata rifiutata dalla vile brama delle cose terrene. Il demonio, il mondo, la carne, in una infamante rivolta contro di te, ti hanno portato al patibolo, e lì sei in attesa della morte.

Eppure sorridi! Perché?

Le tue palpebre sono quasi chiuse. Quasi… ma qualcosa possono vedere ancora. E quel che vedi, Signore, è la più grande meraviglia della creazione, l’opera prima del Padre celeste, un’anima – e quanta bellezza ci può essere in un’anima, nonostante la ignori il materialismo del nostro secolo –– ricchissima e integra nella sua natura, colma di ogni dono della grazia, e santificata da una corrispondenza continua e perfettissima a tutti quei doni. Vedi Maria. Vedi tua madre. E nel mezzo di tutti gli orrori nei quali sei sommerso, tale è la meraviglia che vedi, che sorridi affettuosamente, per incoraggiarla, per comunicarle qualcosa della tua gioia, per dirle qualcosa del tuo amore infinito e sublime.

Tu vedi Maria. E accanto alla Vergine fedele, vedi gli eroi della fedeltà: l’apostolo vergine, le sante donne; la fedeltà dell’innocenza, la fedeltà della penitenza. Il tuo sguardo, per il quale tutto è presente, va molto più lontano perché si estende nei secoli, facendoti vedere tutte le anime fedeli che ti avrebbero adorato ai piedi della Croce fino al giorno del Giudizio. Vedi la Santa Chiesa cattolica, tua sposa. E per tutto ciò sorridi, con il sorriso più triste e più beato, più dolce e più compassionevole di tutta la storia.

Il Vangelo mai ti presenta ridendo, Signore. E solo le anime che ignorano o che hanno orrore della impudenza sensuale e volgare, possiedono il segreto di sorrisi come questo!

Fra le miriadi di anime che nel seguito di Maria sono ai piedi della Croce, e per le quali tu sorridi, ci sarà anche la mia, Signore?

Umile, inginocchiato, sapendomi indegno, tuttavia ti chiedo un sì. Tu che non hai scacciato dal Tempio il pubblicano (cf. Luc. 18, 6-20), per le preghiere di Maria non allontanerai da te un peccatore contrito e umiliato. Dammi dall’alto della Croce una raccia del tuo ineffabile sorriso, o buon Gesù. 

«Per le lacrime di Maria,

per l’ultima agonia,

abbi pietà di me».

Questi versi così semplici di un cantico religioso senza pretese si incisero profondamente in me. E mi vengono in mente contemplando il vostro Volto in agonia.

L’ultima agonia… Che forza in quella espressione. Ogni tappa dell’agonia sembra una fine, dalla quale sgorga non la fine ma un’altra agonia ancora peggiore. E così, di dolore in dolore, di eccesso in eccesso, si giunge all’estrema agonia in cui la morte spezza i vincoli ultimi che legano l’anima al corpo.

Ultima agonia di un corpo spaventosamente tormentato… agonia di un’anima a cui la perfidia umana ha causato ogni possibile tristezza. E’ la parte più atroce della Passione. Maria Santissima, che tutto vede e tutto sente, piange. Il cielo si copre. La terra si accinge a tremar di orrore. Gli sciocchi schiamazzi della plebaglia ostile cerca di impregnare di volgarità la sublime scena. Ma intanto un grido di dolore partito dal tuo petto sale fino al cielo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mat. 27, 46).

E’ l’ora del trionfo supremo dell’inquità. E’ anche l’ora dell’estrema misericordia, delle conversioni inattese e miracolose. L’anima del buon ladrone parte per attenderti nel limbo. Milioni e milioni di anime, per i meriti infiniti della tua ultima agonia, per il valore supplicante delle lacrime di Maria, in tutti i secoli si convertiranno meditando questo passo della tua Passione.

Fra di esse, Signore, metti anche la mia. Rompi il ghiaccio della mia tiepida volontà. Brucia le mie vili condiscendenze con le pompe e le opere di Satana. Fai di me un figlio della luce, forte, impavido, «terribile come esercito schierato a battaglia» contro i tuoi avversari.

«Per le lacrime di Maria,

per l’ultima agonia,

abbi pietà di me».

 

Tutto è compiuto: «consummatum est» (Io. 19, 30). La tua testa pende inerte. Una maestosa pace, soavissima e divina, splende in tutto il tuo corpo, sei pieno di pace, o Principe della Pace.

Ma intorno a te tutto è afflizione e sconvolgimento. Afflizione estrema nel Cuore di Maria e nel piccolo gruppo dei tuoi fedeli. Sconvolgimento nell’universo intero. Il sole si oscura, la terra trema, il velo del Tempio si squarcia, i centurioni scappano. Ma tu resti in pace.

Sì, perché tutto è compiuto. Perché l’iniquità ha palesato la sua infamia fino alla fine. E perché tu hai palesato fino all’estremo la tua divina perfezione.

Per i meriti sovrabbondanti della tua Passione e morte, gli uomini possono riconoscere tutta la bellezza della luce e tutto l’orrore delle tenebre, perché possano essere figli della luce e inesorabili avversari delle tenebre.

Al piede della Croce c’è Maria. Che sublimi meditazioni farà nel suo intimo Colei di cui il Vangelo narra che già agli albori della tua vita: «serbava tutte queste cose nel cuore», cioè le cose che ti riguardavano (cf. Luc. 2, 51).

Cuore Immacolato di Maria, sede della sapienza, comunicami una scintilla, anche la più piccola, della tua lucidissima e ardente meditazione sulla Passione e Morte di tuo Figlio, il mio Redentore, affinché io la serbi come fuoco sacro e purificatore nell’intimo della mia anima. 


(*) Spunti, Roma, marzo 2001, inserto redazionale.


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