Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

La gioia di servire

 

 

 

 

Folha de S. Paulo 13-9-1980 (*)

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Ritorno a bussare alla tua porta, caro ateo. Nel mio ultimo articolo ti ho immaginato pensoso, depresso, sul tema "se vale la pena di vivere".

Immaginati, allora, che al tuo spirito colpito dalla vita, incallito o persino piagato, febbricitante, appaia una figura di quelle che sognava la tua innocenza infantile morta tanti anni fa, una regina tutta maestà e tutta sorriso, che, per aiutarti, ti conduce per mano dentro ai raggi della luce iridata, pacificante e radiosa che la circonda, in una atmosfera che, tanto è pura, sembra olezzare di tutti i profumi della natura: fiori, incenso, non so che più. E tu, caro ateo, ti lasci attirare. Cammini fissando questa figura ancora più bella delle luci che la circondano, e più odorosa dei profumi che esala. Doni magnifici che ella riceve da un fuoco invisibile ma sovrano, con il quale non si confonde, ma che in ella traspare.

Le tue amarezze sono dimenticate. Senti quanto vi è di fatuo nella loro confusione. Capisci che, incommensurabilmente oltre la sfera del quotidiano, nel quale esse impazzano e pullulano, vi è un ordine dell'essere eccelso e tranquillo, dove infine potrai entrare. Ti rendi conto che soltanto in esso troverai quella felicità che cercavi tra i vermi, ma che, in realtà, abita oltre le stelle.

Fissi sempre di più la Signora, e comincia a sembrarti di conoscerla già.

Cerchi nella sua fisionomia qualcosa che ti pare profondamente familiare.

In un che dello sguardo, in una certa particolare nota di affetto nel sorriso, in qualcosa della sicurezza che irradia, ricca di espressioni sottintese di affetto, riconosci certi lampi spirituali ineffabili che vedevi nei più generosi slanci spirituali della madre terrena che hai avuto oppure che - a causa delle innumerevoli forme di orfanezza, nel mondo attuale - della madre che vorresti avere avuto.

Fissi lo sguardo, e vedi ancora di più. Non soltanto una madre, la tua, ma qualcuno - Qualcuno - che rappresenta la quintessenza ineffabile, la sintesi amplissima di tutte le madri che sono esistite, che esistono e che esisteranno. Di tutte le virtù materne che la intelligenza e il cuore dell'uomo possano conoscere. Ancora di più, di quei gradi di virtù che soltanto i santi sanno trovare, e ai quali soltanto loro sanno accostarsi, volando sulle ali della grazia e dell'eroismo. È la madre di tutti i figli e di tutte le madri. È la madre di tutti gli uomini. È la madre dell'Uomo. Sì, dell'Uomo-Dio, del Dio che si è fatto Uomo nel seno verginale di questa Madre, per riscattare tutti gli uomini. È una Madre che si definisce con una parola - il mare -, che, a sua volta, dà origine a un nome. Un nome che è un cielo: è Maria.

 

Attraverso di lei ti vengono, dal sole divino, infinitamente superiore, ma che in lei sembra abitare - come i raggi di un sole sembrano dimorare nelle vetrate -, ti vengono, dico, tutte le grazie, tutti i favori. Tu implori, e ti vedi esaudito. Tu desideri, e ti vedi soddisfatto. Dalla profondità della pace che comincia a toccarti e a circondarti, senti nascere una forma di felicità che è il contrario radioso di quella che, fino a poco fa, cercavi freneticamente. Questa felicità terrena, se la possedevi, finivi per buttarla da parte, invecchiato, "blasé", così simile al bambino che butta da parte i giocattoli che ormai non lo distraggono più.

Nell'egoista frustrato che sei stato, comincia a sorgere, come un giglio che nascesse dal pantano, oppure una fonte in un arenile desertico, qualcosa di nuovo. È l'amore. Non l'egoismo, che è amore esclusivistico di te stesso. Ma l'amore dei principi eterni, degli ideali folgoranti, delle cause elevate e senza macchia, che vedi risplendere nella dama ineffabile, e che cominci a volere servire.

Servire, dedicare te stesso, immolare te stesso, e tutto quanto ti appartiene, ecco il nome della tua nuova felicità. Questa felicità la trovi in tutto quanto evitavi: la dedizione non ricompensata, la buona volontà incompresa, la logica derisa da ipocriti oppure ignorata da sordi volontari, il confronto con la calunnia che ora ulula come un uragano, ora agita discreti sonagli come un serpente, ora, infine, mente come una brezza tiepida e carica di miasmi fatali. Ora la tua gioia consiste nel resistere a tanta infamia, nell'avanzare, nel vincere benché ferito, rifiutato, ignorato. Tutto per il servizio della Signora "ravvolta nel sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Ap. 12, I). Al suo servizio, sì, e di quanti la seguono.

Pensavi che la felicità stesse nell'avere tutto. Verifichi ora che, al contrario, consiste nel darti completamente.

Ti spaventa, forse, il timore che io stia sognando e che ti stia facendo sognare con queste righe che, eventualmente, la tua benevolenza avrà immaginato sapide. Orbene, non sogno, non ti faccio sognare e non sono splendenti le righe che hai letto.

Come sono spente, al contrario, in confronto al libro che ho citato nell'articolo "Ritorno alla torre di Babele?", cioè il "Trattato della vera devozione a Maria", di san Luigi Maria Grignion di Montfort! In esso, il famoso missionario della fine del secolo XVII e dell'inizio del secolo XVIII - i cui seguaci furono gli "chouan", eroi della lotta contro la Rivoluzione francese atea e ugualitaria, della fine dello stesso secolo XVIII - ha fondato, basandosi sulle più solide verità della fede, e attraverso un modo di ragionare impeccabilmente logico, il profilo della santità di Maria. Egli ha analizzato a fondo il significato della sua maternità verginale, la sua parte nella redenzione del genere umano, la sua posizione come Regina del cielo e della terra, come corredentrice degli uomini e come mediatrice universale delle grazie che ci vengono da Dio.

Come anche delle preghiere della umanità sofferente a Dio onnipotente. Il santo analizza, alla luce di tutto questo, la provvidenza di Maria, e come questa provvidenza abbia a tale punto amorosamente in vista ogni uomo, che la Madre dell'Uomo-Dio ama ciascuno di noi con un amore maggiore di quello con cui tutte le madri del mondo amerebbero il loro unico figlio.

Ho deciso di scriverti, per attirarti a considerare questi grandi tesori, questi grandi pensieri e queste grandi verità. Nello stesso tempo, soddisfo il desiderio di diversi fratelli nella fede, che desiderano solamente averti in mezzo a loro, ben vicino… a lei.

Se è piaciuto alla grazia benedire le mie parole, hai sentito in te qualcosa come una musica lontana, a tale punto consonante con te, con le tue aspirazioni più vive, che si direbbe che è stata composta per te. E che, da parte tua, hai, o sei, una sete di armonia, sei nato per darti a essa.

In una parola, sei ordinato a Lei, e senza di Lei sei soltanto disordine.

E se, nella grande armonia dell'universo, persino il più insignificante granello di sabbia, la più anonima goccia di acqua, oppure l'ultimo e il più attorcigliato verme della terra ha il suo posto e la sua funzione, non coinciderà con questo ordine dell'universo - o, piuttosto, con i suoi pinnacoli più alti - l'insieme di verità che ti ho appena presentato attraverso metafore, e che san Luigi Maria Grignion di Montfort deduce, con la più sana e rigorosa coerenza, dalla fede cattolica, da quella fede che, dal canto suo, san Paolo ha definito come "culto ragionevole" ("rationabile obsequium" - Rom. 12, 1)?

Se tutto questo panorama che ti ordina, e senza il quale sei soltanto caos, è falso, allora nell'universo, esso stesso così sommamente ordinato, tu sei - ogni uomo è - un essere fuori posto, sconnesso, perdonami il tono prosaico, ma sei - e ogni uomo è - escrescenza, una verruca, un cancro, una catastrofe. Prima tu; poi noi, poi tutti gli uomini, che, in quanto uomini, siamo tuttavia il vertice regale di questo ordine!...

Credere che le cose stiano così, credere in una così mostruosa contraddizione posta al vertice stesso di un ordine tanto perfetto, questo è certamente irrazionale. Costituisce la apoteosi dell'assurdo. 

(*) I grassetti sono nostri. Trascritto da "Cristianità".


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