Plinio Corrêa de Oliveira

 

Invece di confidare in Dio per

evitare una catastrofe atomica,

ci fideremo degli uomini?

 

 

 

 

 

 

Buenos Aires, 6 novembre 1964

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Reverendissimi Sacerdoti, distinte autorità militari, signore e signori.

È con grande piacere che mi viene data un'altra occasione di rivolgermi a questo pubblico, il che considero un privilegio, non per una semplice cordialità di civiltà e gentilezza ma perché, per un oratore, è veramente una soddisfazione quando riesce a stabilire una comunicazione vivace con i suoi ascoltatori e quando si rende conto che tutti difendono gli stessi ideali, hanno la stessa mentalità e si preoccupano degli stessi problemi.

È un piacere riscontrarlo, soprattutto in questo momento in cui si percepisce sempre più le comuni questioni che esistono tra il Brasile, l'Argentina e gli altri paesi dell'America Latina. E, più che in altre epoche storiche, possiamo dire che tutto ci unisce e nulla ci separa.

È dunque con vera gioia che mi affretto a parlare questa sera di  un argomento che mi sembra la questione fondamentale della vita oggi. Non è cosa da poco dire che é una questione fondamentale nella vita di oggi. Perché ci sono tante questioni che si collocano in modo per così dire piramidale.

Immaginatevi coloro che si trovano al Cremlino ed oggi stanno tenendo una riunione dei capi supremi del comunismo interrogandosi a proposito di una questione che per loro è vitale.

Sono riusciti a dominare la Russia ed a soggiogare gli infelici paesi che una sciagurata politica delle potenze vincitrici della II Guerra Mondiale gli ha consegnato. Sono riusciti a conquistare gran parte dell'Asia; hanno esteso il loro potere, anche se non in modo molto visibile, su tutto il Nord Africa; hanno un piede su Cuba; hanno forse la possibilità, e Dio non voglia che mi sbagli, di dominare persino la Bolivia. In tutto il mondo, ci sono come dei tentacoli, come delle tenaglie del comunismo che si allargano per dominare il mondo intero. Ma ciò che richiama l’attenzione è che non lo dominano tutto in una sola volta, ma sono obbligati a dominarlo gradualmente ed a ricorrere a un processo. Cioè, non manca loro la volontà di dominare immediatamente il mondo; ma allora perché non la dominano? È perché vi sono degli ostacoli.

Quali possono essere questi ostacoli? Qual è la grande difficoltà che li trattiene dal fare progressivamente, anche se in modo rapido, ciò che vorrebbero fare immediatamente?

Rimuovere questo grande ostacolo, indebolirlo, permettere che da un momento all'altro possa crollare in modo che possano, di conseguenza, come un torrente di barbari, espandersi su tutto l'Occidente, su tutto il mondo non comunista: questa deve essere necessariamente, per la loro strategia e per la loro tattica, la questione fondamentale.

Ed è ciò che riguarda anche noi. Poiché se si pone l'alternativa comunismo vs. civiltà cristiana - semmai questa civiltà può ancora essere chiamata vagamente cristiana - se si considera le sue fondamenta, quindi se ci si pone l'alternativa comunismo vs. civiltà cristiana, per noi qualsiasi altro problema perde la sua importanza al suo confronto.

Infatti, quale è l'importanza dell'istruzione, della salute, della finanza, dello sviluppo industriale; quale è l'importanza di questi problemi a confronto con la grande questione, la grande alternativa comunismo o non comunismo?

È chiaro che questa alternativa domina tutto il resto. Quindi, per i comunisti e per noi, questa è la grande questione: sapere quale sia questo ostacolo e capacitarsi della sua importanza. E, di conseguenza, da parte nostra, rafforzarlo; da parte dei comunisti, indebolirlo. Dunque, a livello strategico è una questione fondamentale, un fatto vitale.

Nelle mie ultime conferenze ho discorso su ciò che costituisce il vero scoglio contro il comunismo. La vera barriera contro il comunismo internazionale è la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Sul piano naturale, se lo si guarda secondo le realtà terrene, la vera barriera è la profonda adesione che moltissime anime danno alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana; è la possibilità di una reazione assolutamente imprevedibile che la Chiesa possiede quando è perseguitata, nonché tutte le forze ed energie straordinarie, di carattere naturale e soprattutto quelle di carattere soprannaturale, che si sviluppano quando la Chiesa subisce una persecuzione.

Mi ricordo, a questo proposito, due fatti che ho letto molti anni fa sull'"Osservatore Romano". Due fatti che mostrano la vera natura del summenzionato scoglio. Non pensate, a prima vista, che si tratti di armi. Quando si parla di ostacoli, si pensa subito alle armi o alle sanzioni economiche. Ma non si tratta direttamente di questo. È qualcosa di diverso che si può riscontrare come un sintomo, in questi due fatti che ho letto sull'Osservatore Romano.

Il primo narra la storia di una popolazione povera ingannata dalla propaganda comunista. Si trattava di un villaggio cattolico, forse in Ucraina, che è la parte più cattolica della Russia. Il parroco era stato corrotto dai sovietici. Celebrò la Messa nella chiesa colma di fedeli; giunto il momento del Vangelo, si rivolge alla gente e svolge questo pensiero: "Miei cari fedeli, devo dirvi che fino ad ora ho fatto di tutta la mia vita una truffa per fare soldi. Non credevo nella Chiesa Cattolica come Chiesa di Dio. Non credo nemmeno che ci sia un Dio. Era una truffa che ho fatto per guadagnarmi da vivere. Ma Dio non esiste e io non credo in Lui. E nessuno crede in Lui. Nemmeno il clero o i vescovi. Siete degli sciocchi credendo a queste cose".  Quindi scese dal pulpito da cui stava parlando, con tutti i paramenti, e interruppe la Messa andandosene via. Grande sensazione da parte del pubblico. Ebbene, sapete cosa fecero i contadini che riempivano la chiesa? Tutti si misero in piedi e cantarono il Credo, sino alla fine. E poi si dispersero...

Come vedete, lì vi è stata una resistenza psicologica, una capacità di opporsi a una specie di bomba atomica spirituale della peggior specie; un qualcosa che indica una forza che non può essere dominata dalle armi, che diventa contagiosa e non solo contagiosa ma vittoriosa, dominante, che si moltiplica. In un piccolo fatto come questo c'è qualcosa simile alla forza della natura che comincia a mostrarsi.

E i sovietici, che conoscono molto bene la storia e che conoscono le cause ultime dei grandi fallimenti delle rivoluzioni precursori del comunismo nella storia, prendono molto sul serio fatti come questi.

Un altro fatto che ho letto sull'Osservatore Romano è quello di due ragazzi in un villaggio dove i comunisti stavano per chiudere anche la chiesa, impossessarsi del Santissimo Sacramento, profanarlo ed eliminare il culto. i due ragazzi ascoltano la conversazione di due sovietici che stanno pianificando l'attacco alla chiesa durante la notte; perciò li precedono entrando in chiesa decisi, nella loro immaginazione e nella loro pietà  infantile, a difendere il Santissimo Sacramento. E così trascorrono tutta la notte da soli in chiesa. Quando si fa mattino, sentono colpire la porta dai comunisti, che la invadono. Quindi - presumibilmente, poiché non c'erano testimoni - salgono spontaneamente sull'altare e coprono il tabernacolo con i loro corpi. I comunisti gli ordinano di andarsene ma loro ribattono: "No, vogliamo morire prima che profaniate Nostro Signore". I comunisti gli sparano e muoiono come vittime innocenti sull'altare.

Questi non sono fatti di poco conto, non sono soltanto due ragazzi che muoiono, non sono solo dei contadini che cantano il Credo ma sono sintomi. I buoni sociologi conoscono l'importanza dei sintomi così come un medico li conosce nei malati. Ci sono situazioni in cui un fatto ha un valore sintomatico. E ci sono situazioni che hanno solo il mero significato di un fatto isolato. Tuttavia in questo caso concreto sappiamo, constatiamo che è qualcosa di sintomatico, qualcosa di ricorrente nella storia della Chiesa lungo i secoli, qualcosa da ritenersi un grande pericolo.

In che senso un grande pericolo?

Voi potreste chiedermi: "Ma in Russia ci furono dei sintomi! La religione fu soggiogata e tutto era finito. Allora perché tante cerimonie e tante misure per un atto di intervento brutale? Professor Plinio, non sta esagerando l'importanza di questi sintomi? Le concedo che infatti sono dei sintomi; ma quale è la loro importanza pratica?".

Si può rispondere facilmente. L'importanza pratica di questi sintomi non sta nel momento della dominazione, neppure nel momento della prima resistenza, ma sta in qualcosa che viene dopo e che si può riassumere - per non allungare troppo questa conferenza - in un fatto che ho letto nelle memorie di Napoleone e che mi ha causato una profonda impressione. Napoleone si trovava già sull'isola di Sant'Elena - dove fu molto meritatamente gettato dalla Divina Provvidenza - e con i suoi ultimi fedeli, di sera, chiacchieravano. E le conversazioni venivano registrate da questi, come pure le memorie che dettava. Quindi, uno dei compagni, che era di quegli anticlericali molto dichiarati, molto aggressivo, chiese a Napoleone: "Maestà, perché avete commesso l'errore di ristabilire la religione cattolica? Perché è stata concessa ai parroci la possibilità di riprendere il loro vecchio lavoro di evangelizzazione? In effetti, quando gli austriaci, i russi e i prussiani sono entrati in territorio francese, i preti non hanno fatto nulla per voi e siete caduto. Ecco la ricompensa che avete ottenuto".

Allora Napoleone gli diede la seguente, profonda, risposta: "Era un fatto provato che, dopo un primo momento di disorganizzazione e di spavento, i cattolici francesi si riorganizzavano clandestinamente. Ed era dimostrato che quella resistenza clandestina era di una tale entità che, o si doveva massacrare una buona parte della nazione o la resistenza clandestina continuava". In effetti, non si trattava di una resistenza armata, ma di una perseveranza nella preghiera, nella frequenza ai sacramenti e in un atteggiamento ostile allo stato ateo che la Rivoluzione Francese aveva impiantato.

Per cui Napoleone disse: "Nel Direttorio abbiamo pure ponderato che peraltro la polizia aveva le prove dell'esistenza di numerosi seminari clandestini. Quei seminari erano naturalmente guidati ed istruiti da preti clandestini e questi erano sacerdoti energici e molto intransigenti. Essi costituivano per la Francia un clero nuovo e militante. Perciò questa resistenza si è perpetuata. Quindi era meglio ristabilire la libertà della Chiesa e interferire nella nomina dei maestri e dei direttori dei seminari nonché dei vescovi. Pertanto fare in modo che queste cariche fossero occupate da coloro che erano bonari e accomodanti. Di conseguenza, la Chiesa perderebbe più terreno che con la persecuzione diretta".

Questa formula di Napoleone mi ha fatto credere all'intelligenza di Napoleone più di tutte le cose che ho letto sulle sue battaglie, le sue riforme e le sue opere pubbliche. C'è in essa qualcosa di machiavellico: quando non si possono abbattere gli ostacoli, quando si capisce che non li si può sopprimere, allora bisognerebbe dissimularli. E siccome non li si può dissimulare, allora bisogna smontarli in un altro modo. Ma non conviene agire, come si dice in portoghese, "dando pugni sulla punta del coltello". Così non è fattibile, e questo i comunisti lo sanno.

Dunque mi sembra che essi stiano eseguendo una grande manovra mirando ai seguenti effetti: il modo come assuefare a certe cose, in maniera tale da fare sparire la resistenza che cinquecento milioni di cattolici in tutto il mondo fanno al comunismo. Il modo come avviare la politica, come porre i problemi e le situazioni in maniera tale che non solo i 500 milioni di cattolici smettano di reagire ma, inoltre, l'influenza che questi hanno - per esempio, sulle altre chiese, anche non cristiane - trascini tutto questo mondo, o almeno una sua immensa parte che crede in Dio, a vivere calma, contenta e tranquilla sotto uno Stato ufficialmente ateo. Infatti, dopo che si abitueranno a questo e ad accettare - per sensibilità, per abitudine, per la forza della routine e della ripetizione - questa vita nello Stato ateo, allora sarà molto più facile spingerli ad accettare l'ateismo stesso, perché avranno consegnato le loro istituzioni, il loro governo ed avranno accettato il giogo degli atei e il loro dominio. Consumato il dominio degli atei, si avrà avanzato molto verso l'offensiva violenta finale.

Ed ecco che cominciano ad apparire ovunque piccoli segni di un cambiamento del comunismo. La Russia - questa è la storia odierna, almeno provvisoriamente, perché dalla storia comunista si può entrare ed uscire...è una storia artificiale e industrializzata - perché appartiene alla storia prossima....

[problema nella registrazione originale]

La parola "coesistenza" - come in generale tutto ciò che viene propagato dai comunisti - ha qualcosa di scaltro. Contiene qualcosa come un cattivo seme, un errore e una confusione. Nella parola "coesistenza" c'è una confusione.

Come sono le cose che coesistono? Sono le cose che esistono insieme! Che esistono allo stesso tempo! E, pertanto, le cose più contrarie evidentemente coesistono. Per esempio, si può dire che c'è una certa coesistenza tra la vittima e l'assassino, finché l'omicida non abbia ancora ucciso la vittima! Coesistono in uno stato di lotta, coesistono in uno stato di difficoltà, in uno stato di reazione. Ma coesistono. Cioè, la coesistenza, in questo senso naturale della parola, è un fatto indipendente dalla volontà delle parti. Coesistono con dispiacere, coesistono con piacere, vi è comunque una coesistenza.

Ma la parola "pacifica" ha un significato speciale. È la coesistenza di cose contrarie e che rimangono contrarie. Non nascondono il fatto che sono contrarie l'una a confronto dell'altra. Ma siccome ognuna sa che non può eliminare l'altra, perché non è abbastanza forte, allora cercano di continuare la lotta in modo contenuto, moderato e che non abbia l'aspetto estremo. E possono anche, in alcuni casi e secondo certe prospettive, collaborare.

Di conseguenza, i sostenitori della coesistenza dicono che vi è una possibilità di stabilire una coesistenza della Chiesa con il comunismo. E la possibilità sarebbe questa: esiste il pericolo di un'esplosione atomica, di una catastrofe atomica, se dalla parte cattolica si scatenasse una guerra universale. Da un altro canto, la differenza di regime - di regimi politici, economici e sociali - costituisce un evidente fattore per stabilire la prossimità di una guerra. Non è l'unica causa di una guerra, ma è un fattore che può predisporre e creare i litigi, e questi possono portare molto facilmente alla guerra.

Siccome la guerra è la distruzione dell'umanità - e la distruzione è la peggiore di tutte - allora le due parti, i comunisti e i cattolici, sarebbero interessati a coesistere per evitare la guerra.

Questa coesistenza si adempierebbe a diversi livelli. Quello di una coesistenza internazionale, tra potenze capitaliste e potenze comuniste; quindi, una convenzione di rapporti diplomatici con la Russia, con i paesi satelliti della Russia, l'istituzione di scambi economici e culturali, di affari di ogni tipo, di turismo reciproco, ecc.

Dopo questa forma di convivenza, avverrebbe anche quella dei cattolici nei paesi dominati dal comunismo. E qui siamo al punto principale. Cioè, ad esempio, in Polonia, che è una nazione compatta ed eroicamente cattolica, non si può fare in questa nazione ciò che è stato fatto in Russia, dove le chiese sono state chiuse o la libertà di culto è stata fortemente limitata. In Polonia non hanno deciso di chiudere le chiese. D'altronde, hanno permesso che il culto fosse praticato, ma esigendo come condizione che i cattolici accettassero il regime comunista come un fatto compiuto e non si ribellassero contro il comunismo. E che, pertanto, lavorassero, accettassero una limitazione delle loro attività, del loro proselitismo, ma non creassero difficoltà che potessero portare a una insurrezione perché questa potrebbe indurre alla guerra, e la guerra potrebbe risultare in una catastrofe atomica. Ragion per cui i cattolici dovrebbero restare molto contentini, a braccia conserte, ma con la libertà di pregare e di ricevere i sacramenti.

Questa forma di coesistenza, come vedete, è una coesistenza molto simile a quella del leone e della pecora. Cioè, il leone guarda la pecora con uno sguardo terribile e vuole divorarla; ma lascia vivere un po' quella povera creatura, purché non si manifesti troppo dispiaciuta e neanche spaventata. Deve rimanere molto felice, molto contenta, finché il leone non le faccia qualcosa. E così si avvera la relativa coesistenza...

Quale è il risultato di questa proposta, che non viene fatta in modo ufficiale dalla parte dei russi, ma per via indiretta? Infatti, è ben vero che essi non parlano ufficialmente di coesistenza; tuttavia la realizzano in Polonia e la stanno iniziando anche un po' in Russia. Intanto vi sono i famosi democristiani di sinistra che, con i loro sorrisi, che conosciamo così bene, propongono la stessa cosa. La propongono con quell'aria di superiorità di chi ha trovato una formula elegante, che solo gli spiriti sciocchi, gli spiriti "tardivi", non sanno percepire. Perciò li interpellano altezzosamente e come chi manipola elegantemente un esplosivo...come un chimico che sa maneggiarlo e non ha paura di nulla, che gioca con le cose, per arrivare all'elegante conclusione che si può coesistere e che non esiste alcun pericolo. Fa un piccolo sorriso e lancia uno sguardo di commiserazione per i poveri come noi, che non l'abbiamo capita e che scorgiamo qualche pericolo in questa coesistenza...

Qual è il risultato di tutto ciò? Il risultato è il seguente: questa proposta di coesistenza si propaga; emerge qui, spunta di là, viene un po' rafforzata più in là, mano a mano che si diffonde. E l'ipotesi della coesistenza va sentita nell'aria come qualcosa di possibile, qualcosa di non molto definito, che magari sarebbe lecita, ma che non si presenta propriamente nell'ambito della liceità, visto che non si sta parlando di liceità, ma di una necessità vitale. E se qualcuno dicesse che non è lecito, verrebbe interpellato così: "Ma allora cosa vuoi? Un'esplosione atomica? Vuoi arrivare fino a quel punto? Allora sei un folle!". E finirebbe qui qualsiasi argomentazione.

Giunge poi il momento di un'opinione cattolica che per molti anni  è stata abituata a vedere questo problema posto in questione, ma senza mai vederlo interamente risolto.

Arriva il momento, per esempio, di un'aggressione della Russia contro un determinato paese. L'aggressione si consuma. Cosa dovrebbero fare i cattolici? Per loro la via del dovere ormai non è più chiara. Di conseguenza, non si tratta più di proporre loro l'eroismo, perché l'eroismo collide con una domanda: è ragionevole essere eroici in questa situazione? Vi è l'obbligo di essere eroici in questa situazione, se la coesistenza è possibile? "Pensaci un po'" - si direbbe ognuno, pensando al suo vecchio padre, alla sua anziana madre, a sua moglie, ai suoi figli - "è giusto consigliare un atteggiamento di resistenza a questa gente per farne dei martiri? È lecito esporli alla tentazione del martirio? (poiché anche il martirio è una tentazione). È lecito a tutta l'umanità esporsi al rischio di un'esplosione atomica per causa di un atteggiamento di resistenza, di negativismo?

Ed ecco che dove si chiede, da un lato, una presa di posizione eroica e, dall'altro, una perplessità  riguardo all'eroismo, la fibra morale va in frantumi! Nel momento del pericolo, è evidente che tantissime persone non troveranno i mezzi psicologici per resistere. (Cioè, quando si permette che questa sorta di interrogazione o fantasma della coesistenza fluttui nell'aria, ciò che si permette è una guerra psicologica di primissimo ordine, di cui si approfitterà nel momento esatto in cui la Russia invaderà una nazione.)

In conclusione, quando si permette che aleggi nell’aria questa specie di interrogativo o di fantasma della coesistenza, si permette con questo che si concretizzi una fenomenale manovra di guerra psicologica, dalla quale verrà ricavato un profitto nel momento esatto in cui accadrà l’invasione di una nazione perpetrata dalla Russia.

L'invasione di una nazione! Diciamo, per esempio, che questo accada in Italia. Dio non lo voglia, perché è proprio lì che si trova il Papato, che è il centro del nostro cuore. Ma supponiamo che ciò avvenga. Figuriamoci le trionfali elezioni dei comunisti in Italia - sapete che non siamo così tanto lontani da questo. Quindi, dopo le elezioni sale un governo comunista! E con il governo comunista, la coesistenza...Il regime comunista significherebbe l'eliminazione della proprietà privata, se non di fatto almeno di diritto; l'eliminazione dell'istituzione della famiglia, ma concedendo libertà alla Chiesa: i cattolici arrivati dall'estero potrebbero recarsi in Italia, entrarci, visitare i templi, andare e venire. Di ritorno ai loro paesi direbbero: "Suvvia, l'Italia non sta poi così male; naturalmente ci si deve stringere un po', i padroni e i proprietari sono finiti...e la famiglia è legalmente finita, ma comunque la Chiesa esiste! La Chiesa continua ancora, e questa è la cosa essenziale!

Quale sarebbe il risultato di un esempio così vivo? Sarebbe allora il fatto che cinquecento milioni di cattolici perderebbero le loro ragion d'essere principali. E la grande muraglia - che secondo me è la grande difficoltà dei comunisti per dominare il mondo - questo muro crollerebbe a terra.

Ritengo, dunque, di un'immensa importanza che domandiamo a noi stessi se e in quale misura questa resistenza è legittima, necessaria, indispensabile. E all'opposto, in quale misura questa coesistenza è legittima, necessaria, indispensabile. Perciò, questa sera mi è sembrato interessante fare qualche riflessione su questo problema.

Come può vedere, è veramente uno dei più grandi problemi - se non il maggiore - riguardo all'espansione sovietica nel mondo.  La prima cosa che ritengo essenziale sottolineare è che la proprietà privata e la famiglia non sono istituzioni che rappresentano un privilegio per le persone che le costituiscono. La famiglia non è un privilegio personale per le persone che la costituiscono. È vero che esiste un interesse personale del marito sulla moglie, e reciprocamente; che c'è un diritto dei genitori sui figli e un diritto dei figli ad essere protetti dai loro genitori; e che questi diritti sono diritti personali.

Ma questo, di per sé, non significa che la famiglia sia un'istituzione che funziona come un privilegio individuale per le persone che la compongono. In effetti essa conferisce privilegi e vantaggi, ma è un'istituzione di diritto naturale che risulta dall'ordine profondo dei fatti. E tentare di sopprimere la famiglia è qualcosa che sconvolge talmente ogni senso cattolico per capire che non ci sarà mai una coesistenza basata come minimo sulla soppressione di fatto della famiglia. Vale a dire che non si può nemmeno lontanamente concepire un ordine di cose in cui sia possibile la coesistenza e, allo stesso tempo, la famiglia sia soppressa e non vi sia più la possibilità della legittima perpetuazione della specie umana. Ciò è così evidente che mi sembra di poter mettere da parte questo problema e sollevare un'altra ipotesi, ossia, se i comunisti sopprimono la famiglia e permettono di fatto alla proprietà privata  di continuare ad esistere. Allora ci si chiede se questa coesistenza sia possibile.

La prima risposta che si deve dare mi sembra la seguente: se puramente e semplicemente non fossero poste condizioni, lo Stato comunista sopprimerebbe la proprietà privata, ma la Chiesa avesse la libertà di culto e con questa libertà di culto conservasse anche la libertà di insegnamento, in modo tale che tutta la dottrina cattolica potesse essere insegnata nelle chiese cattoliche e che ivi fosse possibile indottrinare il popolo e parlare contro il comunismo, contro l'ateismo e discorrere a favore della famiglia e della proprietà privata, allora la coesistenza dovrebbe essere accettata. È una cosa ovvia.

Ma la questione che si deve contrastare è se si trattasse di una coesistenza con certe condizioni. Tra queste, supponiamo la condizione più probabile che sarebbe messa in questi termini: la Chiesa è libera di predicare il suo dogma, ma non può attaccare il comunismo, non può respingere la dottrina comunista, non può parlare contro l'ateismo. Può dire che Dio esiste, ma non parli contro gli atei; può affermare che Dio esiste, ma non si impegni nel confutare il comunismo, dimostrando che l'ateismo è falso. Insomma, le è permesso di dire la verità, ma non di combattere l'errore.

E, per quanto riguarda la questione della proprietà privata, che semplicemente non se ne parli! Vale a dire: insegnate la dottrina cattolica e non preoccupatevi della proprietà privata. Al massimo, ma proprio al massimo, dite che in teoria sarebbe meglio la proprietà privata, ma siccome i fatti non lo permettono, allora la si può sopprimere, la si può tralasciare, considerato che la Chiesa prepara le anime per il Cielo e non per la Terra. Quindi non ha niente a che vedere con i regimi economici né con la proprietà privata. Il compito della Chiesa è unicamente quello di condurre le anime al cielo. Pertanto, i cattolici devono accettare, senza rimorsi o nostalgie, il regime economico e sociale del comunismo.

Di fronte a questa ipotesi - che è quella probabile, cioè il primo passo per consolidare un certo ordine di cose, e poi, più tardi, iniziare una grande persecuzione - quale è la vera posizione cattolica?

Secondo me, la vera posizione è questa: la proprietà privata è - come la famiglia - un'istituzione di diritto naturale. Lo affermò molto bene il Papa Leone XIII. Naturalmente, non è stato l'unico a dirlo - anche se lo ha detto con  chiarezza e con un'ammirevole maestria di esposizione -, benché tutti i Papi lo avessero sempre detto ed è sempre stato l'insegnamento della Chiesa.

Qual è l'origine della proprietà privata? Cos'è la proprietà privata nella sua essenza?

La proprietà privata è un principio morale. È un'istituzione che deriva da un principio morale. E questo principio morale è direttamente legato all'uomo, alla natura umana.

Quale é questo principio morale e come lo si dimostra?

C'è un principio presente in tutta la natura e che si riferisce a tutti gli esseri viventi: è il principio di correlazione tra le necessità di un essere vivente e i mezzi che possiede per soddisfare le sue necessità.

Prendiamo, ad esempio, un uccello. Un uccello è leggero, quindi può volare e quando vola, fugge dai suoi nemici; quando ha fame, possiede il becco con cui prende il cibo e si nutre; sente freddo, ma ha le sue piume per proteggere il suo organismo dal freddo, ecc. ecc.. C'è una correlazione naturale in ogni essere vivente tra la propria anatomia e fisiologia, e le proprie esigenze.

Orbene, questa correlazione esiste anche nell'uomo. L'uomo è un essere dotato di intelligenza e volontà. Quindi, in un certo modo è infinitamente superiore agli animali e non ha solo gli istinti. Per cui è pure consapevole, da solo, di cosa gli conviene. Inoltre, ha una volontà che lo stimola a fare ciò che gli conviene. Di conseguenza, è naturale che l'uomo usi la sua intelligenza e volontà per - attraverso l'uso di queste risorse e del suo corpo, che è al servizio della sua intelligenza e volontà - soddisfare le sue esigenze personali. La ragione per cui l'uomo ha il diritto - perché negli animali non si può parlare di diritti, ma tra gli uomini si deve parlare di diritti - di soddisfare le sue necessità con il suo corpo, la sua intelligenza e sua volontà, sta nel fatto stesso che la sua intelligenza gli appartiene, come pure la sua volontà e il suo corpo. E pertanto ha il diritto di usarlo per soddisfare le sue necessità individuali. L'uomo è libero per natura; ed è perciò che la schiavitù non è legittima. Perché la schiavitù priva l'uomo, gli nega il diritto di disporre di sé stesso, che è insito nella natura umana. È per questo che siamo tutti contro la schiavitù. Dunque, chi nega il suddetto diritto, si dichiara sostenitore della schiavitù.

Quale è la conseguenza di questo diritto? Esemplifichiamo con un certo uomo, un pescatore, che si trova sulla spiaggia e sa che vi sono dei pesci nel mare. Sale in una barca, in un natante che ha fabbricato e va in mare, prende pesci e li mangia. Ha esercitato un diritto? Sì. Qual è questo diritto? Quello di ap-pro-priazione. Infatti, i pesci sono stati creati per l'uomo. Egli ha fame e li vuole; prende un pesce e lo mangia. Nel momento in cui prende il pesce, se ne appropria. Lo stesso accade, per esempio, con un frutto che pende da un albero e che un uomo lo raccoglie e lo mangia. Che diritto ha di farlo? Se l'albero non ha già un proprietario, si tratta di un'appropriazione. Faccio un altro esempio: nel mio paese [il Brasile] vi sono cinque milioni di chilometri quadrati che appartengono al governo o non appartengono a nessuno, e non sono stati ancora occupati. Se una persona vi entra e si stabilisce, pratica un atto di legittima appropriazione, perché la terra è vergine come ai tempi di Adamo ed Eva! Questa terra è stata fatta per l'umanità, che è costituita di uomini in concreto e se un uomo ci va, ha il diritto di appropriarsene. Questo è il fatto dell'appropriazione.

Siccome l'uomo ha il diritto di appropriarsi, per sé stesso, delle cose che gli occorrono - dice Leone XIII - intende con la propria intelligenza, constata che le sue necessità si rinnovano ed ha il diritto di provvedere, razionalmente, alla soddisfazione stabile delle sue necessità. Di conseguenza, dopo l'appropriazione di un frutto, ne consegue la proprietà dell'albero. E dopo, per uno stesso meccanismo, ne deriva la proprietà di uno strumento di produzione: l'uomo si rende conto che con un'asta e una cordicella, può pescare. Adatta una canna e fabbrica una lenza. Diventa proprietario della canna, della corda e del pesce che cattura. Vuol dire, queste proprietà derivano direttamente dalla disponibilità dei beni che non sono stati appropriati e questa disponibilità è correlata alla facoltà dell'uomo di disporre di sé stesso. Cioè, alla radice di tutto c'è il diritto dell'uomo a disporre della propria personalità.

Dunque, la proprietà individuale non è un privilegio contrario al bene comune, non è qualcosa che può opporsi al bene comune. È evidente che deve adattarsi al bene comune, ha una funzione sociale che deve coordinarsi con il bene comune. Ma è anche evidente che questo adattamento, questa coordinazione è una funzione della proprietà, ma non è la proprietà stessa. La proprietà in sé non può essere abolita perché sarebbe abolire, sopprimere il diritto dell'uomo su sé stesso. E questo diritto è naturale, non può essere eliminato.

Ecco perché due Comandamenti della Legge di Dio - non è soltanto uno, e se fosse uno solo sarebbe già del tutto sufficiente - prefiggono la proprietà. È vietato rubare. È proibito anche solo desiderare la proprietà che appartiene ad un altro. Per quale motivo? È perché il Decalogo non è un insieme di leggi arbitrarie. Il Decalogo è l'insieme dei principi fondamentali dell'ordine naturale rivelati da Dio. È per questo che Dio ha imposto due Comandamenti e due Comandamenti che sono eterni. E che non possono assolutamente essere eliminati. Questi due Comandamenti fanno parte della Legge di Dio e quindi nessun cattolico può non giudicare come assolutamente e profondamente illecito qualsiasi ordine che si basi sulla soppressione della proprietà. È la violazione dell'ordine naturale; è la violazione di due Comandamenti della Legge di Dio.

La Chiesa può dispensarsi dall'insegnare due Comandamenti della Legge di Dio? Non può. Dio non ha detto alla Chiesa: "Insegna più o meno il mio Vangelo, purché non sia troppo fastidioso, è ovvio...". Anche un dio un po' democristiano, si capisce...(risate). Ma la Chiesa ha la missione di insegnare tutta la Legge e quindi non se ne può dispensare, o accettare un patto per tacere una parte della Legge. La Legge è un tutto; la Legge è un insieme. Non si può fare a meno della Legge in parte, senza che la mutili interamente. È come una fisionomia, è come il volto di un uomo. Non si può dire: "Beh, Tizio è mio amico e non voglio ucciderlo, certamente non lo farò; il suo viso è molto simpatico, ma gli caverò gli occhi!”. Sarebbe un assurdo, una deformazione, la creazione di un mostro! La Legge di Dio senza alcuni degli elementi che le sono fondamentali diventa mostruosa. Non viene semplicemente sminuita, ma resta sfigurata. È come una fisionomia rovesciata, in cui si toglie qualcosa di indispensabile e, quindi, non va fatto.

Esiste una ragione che pertanto è praticamente più profonda. Se è vero il principio che ho menzionato prima, ripetendo Leone XIII, allora ad ogni momento la proprietà privata si rinnova, poiché quando un uomo lavora, il suo salario non appartiene allo Stato, ma è naturalmente suo come lavoratore. Infatti, quando un uomo pesca, il prodotto pescato non appartiene naturalmente allo Stato, ma al pescatore, e via dicendo...E ad ogni momento nello Stato comunista [opposto alla proprietà privata] si verificano appropriazioni di cose che, di fatto, sono state prossimamente o lontanamente rubate! Perché la proprietà non viene soppressa definitivamente, visto che rinasce ad ogni momento. Di conseguenza come si può ricevere o vendere qualcosa che si sa che è stata confiscata, cioè rubata dallo Stato? Qui emerge appunto una vera questione di coscienza che rappresenta uno dei più delicati e dei più sensibili problemi, che non si può sorvolare.

Ma penso che ci sia qualcosa di ancora più importante: si dice che la proprietà privata non ha attinenza con la salvezza eterna, e che la missione della Chiesa è quella di preparare le anime per la gloria di Dio. Ma come si preparano le anime alla gloria di Dio? Le si prepara con la conoscenza e l'amor di Dio su questa terra; ed è necessario che sia una conoscenza vera e un amore vero. Si deve amare veramente il Dio vero, come Egli lo è veramente! Quando l'uomo, alla fine del suo percorso su questa terra, avrà raggiunto il punto in cui Dio ha voluto che vivesse, sarà giudicato per il vero amore e la vera conoscenza che avrà avuto del Dio vero.

Ebbene, come si conosce Dio? Uno dei modi migliori per conoscere Dio è la sua Legge. La Legge di Dio, i profeti l'hanno amata, Nostro Signore Gesù Cristo l'ha insegnata con un'autorità divina e con esempi meravigliosi. Egli ha dato alla Chiesa la missione di insegnarla affinché gli uomini conoscessero Dio, poiché così come si conosce un re dalle leggi che fa, così pure si conosce Dio dalle leggi che Egli ha fatto. Di questo ne è alquanto un simbolo l'uomo, che ha la Legge di Dio impressa nella propria anima.

Quindi, come è possibile sfigurare la Legge di Dio? Non insegnarla, insegnarla mutilata, far capire che il bene è male e che il male è bene, e che la proprietà privata non è necessaria, che la proprietà comune è legittima? Dare a intendere tutto ciò e poi far sì che gli uomini continuino ad avere una vera idea di Dio?

Tra le altre virtù infinite, Dio possiede la giustizia. Come è possibile avere l'idea di un Dio giusto se non si ha l'idea di giustizia?! E come è possibile avere un'idea di giustizia se non si ha l'idea del"mio" e del "tuo"? Il fondamento stesso dell'idea di giustizia non è il "mio", il "tuo" e ciò che appartiene alla società? Come si può togliere il "mio" e il "tuo" senza sradicare dalle sue fondamenta ed annichilire l'idea di giustizia? E come si può voler insegnare agli uomini questa "piccola giustizia" su com'è Dio ed amarLo, se non si insegna loro cos'è la giustizia? Dio è La giustizia! Dio non è soltanto giusto; Dio è La Giustizia. Quando una di queste anime raggiungesse l'eternità, non potrebbe recriminarci dicendo: "Ho incontrato il Dio di giustizia, ma non corrispondeva al Dio che mi aspettavo. Nella mia vita non ho potuto amare il vero Dio, perché voi avete menzionato il Suo Nome, mi avete istruito con le vostre parole, ma non mi avete dato le sue leggi! Ho vissuto e sono morto, con il Nome di Dio in bocca, ma non ho avuto la verità su Dio nella mia mente, non l'ho avuta nel cuore, perché è stata fatta sottratta qualcosa di fon-da-men-tale".

Dunque, "A chi è stato dato molto, molto sarà chiesto". Si tratta di un principio fondamentale, da cui decorre la terribile censura che si potrebbe fare ai cattolici che hanno accettato la deformazione della Legge di Dio.

Mentre riassumo, vorrei indicare un'altra circostanza molto profonda che menzionerò brevemente.

Quando si stabilisce un regime come quello russo, che è tutto coerente, la linea della coerenza viene insegnata con grande forza, implicitamente ed esplicitamente. Tutte le istituzioni parlano di proprietà in comune, tutte le abitudini parlano di proprietà in comune e tutta la vita si basa sulla proprietà in comune. Tutto ciò penetra attraverso i pori e sembra assolutamente naturale, costituendo una seconda natura. E l'individuo non si rende nemmeno conto che non è giusto. Di conseguenza, se non c'è libertà per la Chiesa - non solo per dire che deve esserci la proprietà privata, ma anche per spiegare fino a che punto è un'ingiustizia non possedere una proprietà privata - se non esiste questa libertà, come Essa può formare anime che sono profondamente abituate a un ordine di cose che in tutti i modi parla loro di un altro ordine opposto, che plasma la mentalità degli uomini come se fosse una scultura, adoperando tutte le forme di compressione che esistono oggi, e che rappresenta un ordine di cose basato sull'ingiustizia? Come si può fare?

Come vedete dunque, signore e signori, in tutto ciò vi è una violazione di elementi fondamentali della giustizia, perché agli uomini è dovuta la verità, e qualsiasi cosa è meglio che negargliela. La cosa più terribile sarebbe se gli uomini la vedessero e non la ricevessero. Questo non deve succedere.

Infine, voi mi direte: "Professore, allora cosa succederà? Sarà la bomba atomica? È verso la bomba atomica che ci sta spingendo? Perché tutto questo è molto bello da dire nella tranquillità di un momento in cui non c'è guerra; e dirlo a una città come Buenos Aires o San Paolo, che probabilmente non saranno il bersaglio di un bombardamento atomico. Ma si immagini una città come New York, Londra, o Parigi, molto probabilmente attinte da una bomba atomica. Si immagini una di queste città: pensa che quella gente lo potrebbe accettare?"

Rispondo che la cosa più importante non è che gli uomini accettino, ma che gli sia stato detto tutto, e che si assumano la personale responsabilità!

Ma c'è qualcos'altro, ed è che, a mio parere, la maniera più diretta per arrivare alla bomba atomica sarebbe quella di accettare un patto di questa natura per evitare proprio la bomba atomica. Vi dirò perché.

Gli uomini sono spesso puniti su questa terra per i loro peccati, ma c'è anche una punizione eterna. Vengono ricompensati per le loro virtù, ma dopo hanno soprattutto la ricompensa eterna.

Tuttavia con le nazioni, ci disse Sant'Agostino, non è così. Le nazioni non esisteranno in Cielo e nemmeno nell'inferno. Sono enti morali. E gli enti morali non superano i limiti del tempo. Quindi ciò che accadrà è che se una nazione pecca gravemente, riceverà la punizione su questa terra. Se fa un atto di virtù, riceverà il premio su questa terra. Esiste a proposito una bellissima esposizione di Joseph De Maistre su questo argomento in cui illustra, per esempio, la felicità anche terrena delle nazioni missionarie. E dimostra che le grandi nazioni missionarie, finché rimangono fedeli al loro spirito missionario, sono le grandi nazioni dominatrici della terra. E quanto questo è vero per la nazione spagnola o per quella portoghese da cui noi proveniamo!

Ebbene, il peccato che consiste nell'imporre ai cattolici una formula come quella che abbiamo appena esposto e il peccato che i cattolici commetterebbero  accettandola collettivamente, non sarebbe soltanto individuale, ma collettivo e nazionale. Questo peccato andrebbe pagato su questa terra e il prezzo da pagare non potrebbe sorprendere nessuno se fosse esattamente un diluvio atomico. Perché noi, invece di confidare in Dio, anziché mettere la nostra speranza in Lui e chiederGli di salvarci dal cataclisma atomico, ci siamo fidati della parola dei russi! Abbiamo consegnato loro il potere, le forze dei nostri perché entrassero. E invece di fare un patto con Dio e chiedere al Dio tre volte Santo e infinitamente fedele alle sue parole di scendere con i suoi Angeli, in modo visibile o invisibile, per salvarci, mettiamo al contrario la nostra fiducia nelle potenze delle tenebre, dicendo a queste: "Ecco le nostre mani, quelle destre, stringetele. Ecco le chiavi delle nostre case, i nostri governi, le nostre istituzioni; prendete tutto, facciamo un atto di fiducia in voi, non ci farete nessun male".

Vi domando: questo peccato non potrebbe essere la causa del diluvio atomico? La misericordia di Dio risponderebbe al mondo, sottoporrebbe il mondo alla catastrofe atomica se non venisse un peccato così immenso? Si potrebbe almeno sperare di no. Mentre che se si commette questo peccato, quali sono le ragioni della misericordia - la misericordia è infinita - ma quanta ragione ci sarebbe di avere paura della giustizia!

(applausi)

Immaginate invece un popolo che abbia il coraggio di dire: "No! Io non so come Dio opererà; non so come ci salverà; ma tutto ciò non è legittimo e metto la mia fiducia in Lui, nella Madonna che mi assiste, negli Angeli e nei Santi protettori delle nazioni, affinché mi difendano. Io dico 'no!'. Cada pure il mondo su di me, ma io sarò fedele fino alla morte, e fino alla morte dirò "no!". Farò come Santa Cecilia che, quando fu martirizzata le recisero il collo, ma quando i cattolici entrarono la videro con il collo mal tagliato ed era ancora mezza viva, e con le tre dita che facevano così, per indicare la Santissima Trinità. Era la sua professione di fede proprio alla soglia della morte!".

Noi potremmo trovarci come nazioni prostrate a terra ed essere apparentemente annientati, ma diremmo "no!", e con le tre dita affermeremmo: "Ecco, la Santissima Trinità esiste", e con le nostre labbra diremmo: "La Madonna esiste e Loro ci aiuteranno"!.

E io aggiungo, signore e signori: il cielo e la terra potrebbero passare, ma questi popoli non sarebbero abbandonati da Dio! Io non temo la bomba atomica per questi popoli; io temo la vigliaccheria. Ed è per questo che per il mio Brasile, lontano ma amato, per la vostra Argentina, vicina e anche amata, io auspico il destino dell’eroismo, della fedeltà e della fiducia nella Provvidenza!

(applausi prolungati)

(*) Traduzione dallo spagnolo. Senza revisione dell'autore.


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