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 | Plinio Corrêa de Oliveira 
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| Dall’opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, Edizione del cinquantenario (1959-2009), Presentazione e cura di Giovanni Cantoni, Sugarco Edizioni, pag. 313-316 | ||
| Chiuso
              il Concilio: momento di straordinaria importanza nella storia
              dell’umanità 
              [1] Il
              vero cattolico sa che la storia della Chiesa è il centro della
              storia dell’umanità. Insistiamo sull’espressione: proprio «dell’umanità»
              e non solo dei popoli cattolici. Infatti
              la storia del genere umano può essere vista da due angolazioni
              diverse. In primo luogo, come la storia della salvezza delle
              anime. In secondo luogo, come la storia dell’edificazione della
              civiltà autentica. Circa
              la salvezza delle anime di tutti gli uomini, in tutti i tempi e in
              tutti i luoghi, è indubbio che, poiché la Chiesa è lo strumento
              visibile istituito dal divino Redentore a questo fine, la storia
              del suo sviluppo — sia per quanto si riferisce alla sua crescita
              interna in santità, sia alla sua espansione su tutta la terra —
              è al centro della storia. Anche
              dal punto di vista dell’edificazione della civiltà autentica
              l’importanza della Chiesa è primaria. Infatti essa è custode e
              interprete dei Dieci Comandamenti della Legge di Dio, che sono la
              base di tutta la morale. A sua volta la conoscenza della morale
              vera e perfetta è la base della civiltà perfetta, che è la
              civiltà cristiana. Inoltre, la Chiesa è dispensatrice
              generosissima e sovrabbondante della grazia. E senza questa gli
              uomini non possono praticare integralmente e durevolmente la
              morale cristiana. In altri termini, benché la grazia sia data a
              tutti, la civiltà cristiana deriva dalla Chiesa, dal momento che
              può esistere soltanto dove esiste la Chiesa. Così, da
              un’angolazione o dall’altra — e per altro queste angolazioni
              si compenetrano, dal momento che la civiltà cristiana crea le
              condizioni di vita terrena completamente favorevoli alla salvezza
              delle anime —, la Chiesa è realmente proprio il centro della
              storia dell’umanità. *  
              *   * Queste
              verità ci sono venute alla mente a proposito della chiusura del
              Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella
              misura in cui si va lentamente operando la presa di distanza
              storica, e che il fragore dei notiziari e delle polemiche sta
              cessando, agli occhi dei contemporanei si viene componendo a poco
              a poco la fisionomia con la quale la grande Assemblea verrà vista
              dalla storia. E, in questo modo, veniamo notando con chiarezza
              ancora maggiore una delle caratteristiche del Concilio, cioè il
              portentoso interesse che ha suscitato in tutti gli angoli della
              terra e in tutti i settori dell’opinione pubblica. Questo
              interesse dimostra adeguatamente che anche quanti sono fuori dalla
              Chiesa hanno colto il fatto che — di buon grado o di mal grado
              — le decisioni conciliari avevano avuto ripercussioni molto
              profonde anche in loro. Sorprendente manifestazione
              dell’universalità soprannaturale della santa Chiesa, alla cui
              azione non si possono sottrarre né i figli più radicalmente
              separati, né gli avversari più accanitamente furiosi. Infatti, i
              ruggiti di alcuni settori comunisti hanno provato, attraverso
              l’incremento dell’odio, che, di fronte al Concilio, nessuno
              poteva essere indifferente. *  
              *   * Un’altra
              manifestazione dell’universalità della Chiesa è stata data dal
              santo Sinodo agli occhi dell’umanità stupita. Si può dire che,
              nella persona dei loro vescovi, tutti i popoli della terra vi sono
              stati presenti. La Chiesa ha dato così la testimonianza che, in
              mezzo a innumerevoli difficoltà, realizzava gloriosamente il
              divino mandato di annunciare il Vangelo a tutte le nazioni (cfr. Mt.
              28, 19). Ai piedi della cattedra di san Pietro, attorno al Santo
              Padre Paolo VI, si sono riuniti in un’immensa epifania tutte le
              genti. E, a questo titolo, la sacra Assemblea, convocata con un
              gesto immortale da Giovanni XXIII e guidata da Paolo VI, con tanta
              e tanto costante sollecitudine, è stata per la Chiesa una
              manifestazione di prestigio che resterà registrata nei fasti
              dell’umanità fino alla fine del mondo. Chiaramente
              questo prestigio rifluisce verso la persona augusta del Vicario di
              Cristo, il Papa Paolo VI, che entra nella fase postconciliare con
              mezzi straordinari per esercitare con ampiezza e con profondità
              la divina missione che gli ha affidato Nostro Signore Gesù
              Cristo. *  
              *   * L’opera
              realizzata dal Concilio è troppo vasta e ricca d’aspetti perché
              se ne possa dare una visione d’insieme in un articolo di
              giornale. Non sappiamo se, per farlo, basterebbe un libro intero. Tuttavia,
              è incontestabile che la chiusura del Vaticano II segna uno dei
              momenti più solenni della storia. Prendendo
              in considerazione l’opera del Concilio dal punto di vista della
              storia dell’umanità, si può dire che l’augusta Assemblea,
              tenendo presente lo stato di crisi, di confusione e di logoramento
              a cui è giunto il mondo contemporaneo, come pure il rischio di un
              cataclisma atomico di proporzioni apocalittiche, ha deciso di fare
              una mossa senza precedenti. Infatti,
              in tutte le deliberazioni conciliari si nota l’impegno a fare le
              maggiori concessioni, i maggiori sacrifici al fine di attirare la
              benevolenza di quanti si trovano separati dalla Chiesa. E, con il
              calore di questa benevolenza, il sacro Sinodo spera di toccare i
              cuori più induriti, di dissolvere i preconcetti più tenaci e di
              disarmare gli odi più furiosi. In questo modo i Padri Conciliari
              hanno sperato di aprire la via affinché la verità finalmente
              penetri nelle zone ideologiche in cui domina l’errore. E affinché
              l’umanità riconciliata possa godere dei benefici della pace. Indubbiamente
              il Concilio non ha concepito quest’opera come tale da poter
              produrre tutti i suoi effetti da un momento all’altro. Non ha
              fatto altro che aprire vie d’accesso, con un gesto di
              un’ampiezza tale che, da un certo punto di vista, si potrebbe
              definire inimmaginabile. E indirizzare a tutti quanti vagano
              lontano dalla Chiesa un pressante invito a percorrere queste vie e
              ad avanzare in esse passo dopo passo. Si
              potrebbe dire che l’invito alle nozze del figlio del re (cfr. Mt.
              22, 1-14) non è mai stato tanto largo, tanto enormemente largo. Che
              cosa faranno gl’invitati? A loro la parola. Questo dialogo, nel quale il Concilio ha detto la prima
              parola, riassumerà tutta la storia contemporanea. Nel caso in cui
              gl’invitati accettino la chiamata e inizino il grande ritorno
              alla fede cattolica conosciuta nella totalità e nell’autenticità
              delle sue verità, e praticata nella pienezza della vita
              soprannaturale come pure nella soave e sublime austerità dei
              Comandamenti di Dio, non vi è bene che non si possa prevedere. Se,
              al contrario — quod Deus
              avertat[2]
              — un tale fatto non si realizzi, allora non sarà possibile
              impedire che l’umanità continui a scivolare di errore in errore
              verso un abisso le cui tenebrose profondità sono insondabili per
              l’occhio umano. *  
              *   * Viene
              così adeguatamente indicata la parte storica, di straordinaria
              importanza, del Concilio Ecumenico Vaticano II.  Prendendo in considerazione la maestosa grandezza di questo momento storico con un atteggiamento di raccoglimento religioso, di commossa contemplazione e di fiduciosa preghiera, ci anima una certezza. Che, qualunque sia la direzione degli avvenimenti, si realizzerà la promessa di Fatima, che si fa udire nella nostra interiorità come un cantico celeste: «Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà»[3]. 
                  
                  
                  [1]
                  Plinio Corrêa de Oliveira (per la certificazione
                  dell’autore, cfr. Catolicismo, anno LII, n. 623, San Paolo
                  novembre 2002, rubrica Correspondencia, p. 8),] Encerrado o Concilio: momento de importancia trascendente na historia da
                  humanidade, in Catolicismo, anno XVI, n. 181-182, Campos
                  (Rio de Janeiro) gennaio-febbraio 1966, senza numerazione di
                  pagina, ma p. 6, trad. it., Chiuso
                  il Concilio: momento di straordinaria importanza nella storia
                  dell’umanità, nel mio Plinio
                  Corrêa de Oliveira e il giudizio sul Concilio Ecumenico
                  Vaticano II, Alleanza Cattolica, pubblicazione
                  extracommerciale, Roma 2003, pp. 12-14, ripresa in Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica, anno XXXIII,
                  n. 332, Piacenza novembre-dicembre 2005, pp. 11-12 (ndc). 
                  
                  
                  [2]
                  [«Che Dio ce ne scampi!»
                  (locuzione latina).] 
                  
                  [3]
                  [Prima
                  e seconda parte del «segreto» nella redazione fattane da
                  suor Lucia nella «terza memoria» del 31 agosto 1941,
                  destinata al vescovo di Leiria-Fatima,
                  in Congregazione per la Dottrina della Fede, Il
                  messaggio di Fatima, Libreria Editrice Vaticana, Città
                  del Vaticano 2000, pp. 15-16 (p. 16).] 
 
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