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 | Plinio Corrêa de Oliveira 
 
 
 
 
 
 
 
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| Dall’opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”,
      Edizione del cinquantenario (1959-2009), Presentazione e cura di Giovanni
      Cantoni, Sugarco Edizioni, pag. 341-344 | ||
| Prefazione dell’Autore per la
          seconda edizione italiana [1] 
          Una
          delle tesi fondamentali sviluppate in questo saggio è che la
          Pseudo-Riforma protestante, la Rivoluzione Francese e il comunismo
          sono le tre tappe di un unico processo di decadenza che va minando
          l’Occidente cristiano dalla fine del Medioevo a oggi. 
          Rivoluzione
          e Contro-Rivoluzione
          si presenta
          dunque come un’esposizione delle cause remote e prossime del
          comunismo, considerate tanto sul piano dottrinale — religioso,
          filosofico, politico e sociale — quanto sui piani psicologico e
          storico. Da questa esposizione deriva la conoscenza dei metodi con i
          quali questo processo è riuscito a ridurre a rovine, successivamente,
          pilastri fra i più poderosi della Chiesa e della Cristianità. È la
          parte intitolata Rivoluzione. 
          La
          conoscenza della genesi e dei metodi della Rivoluzione suggerisce a
          sua volta lo studio dei metodi necessari per prevenire i suoi nuovi
          sviluppi. O per sbarrare il passo a quanto essa sta già facendo. È
          la parte intitolata Contro-Rivoluzione. In questa parte si
          definisce anche la meta ultima dell’azione contro-rivoluzionaria. 
          Rivoluzione
          e Contro-Rivoluzione 
          è
          stato scritto nel 1959. Nel 1971 qual è l’attualità di questo
          intento? Mi sembra che sia più grande che mai. 
          Infatti
          il pericolo comunista si presenta oggi più minaccioso che mai.
          Tuttavia le file dei partiti comunisti non si sono ingrossate nella
          stessa proporzione. Come spiegare questo paradosso? 
          A
          mio modo di vedere con il fatto che l’erosione larvata operata dal
          comunismo in ambienti estranei ai quadri comunisti — ecclesiastici,
          borghesi, aristocratici, ecc. — va crescendo incessantemente. 
          Nello
          stesso continente sudamericano un terribile esempio di questa erosione
          ha da poco gettato nell’inquietudine il mondo. Mi riferisco al caso
          del Cile. 
          Nel
          1964 una coalizione delle destre e dei democristiani portò alla
          presidenza della Repubblica Eduardo Frei. Il motivo di questa
          coalizione era quello di evitare la vittoria del candidato comunista
          Salvador Allende [Salvador Allende Gossens
          (1908-1973)]. 
          Eduardo
          Frei e la grande maggioranza dei circoli dirigenti della Democrazia
          Cristiana cilena erano borghesi con tendenze socialiste più o meno
          accentuate. Durante la presidenza di Frei queste tendenze, alimentate
          dalla ventata progressista che si abbattè sull’universo, si
          accentuarono a tal punto che ogni atto di governo di Frei si riassume
          in una preparazione attiva del comunismo. Un brillante scrittore
          brasiliano, Fabio Vidigal Xavier da Silveira, potè perfino intitolare
          
          Frei, il Kerensky cileno[2]
          un volume dedicato all’azione filocomunista o protocomunista di
          Frei. Questo volume fu pubblicato successivamente in quasi tutta
          l’America Latina. Il soprannome di Kerensky rimase attaccato al nome
          di Frei in tutto il nostro continente. 
          Al
          termine del mandato di Frei le cose si presentavano ormai
          sensibilmente mutate a favore del comunismo. Non perché il Partito
          Comunista avesse visto aumentare il numero dei suoi aderenti, ma poiché
          il numero di borghesi pronti a collaborare — per ingenuità o per
          simpatia — con il comunismo era singolarmente cresciuto nel paese,
          grazie all’atmosfera creata dalla Democrazia Cristiana cilena. 
          Questa
          erosione, in ambienti non comunisti, fu ancora più rapida e profonda
          negli ambienti specificamente cattolici, scossi con grandissima
          violenza dal tifone progressista. 
          Così,
          il cardinale Silva Henríquez [Raúl
          Silva Henríquez (1907-1999)] giunse fino
          al punto di dichiarare, prima delle elezioni, che è  
          moralmente
          lecito a un cattolico votare per un marxista[3].
          Questa dichiarazione clamorosa, diffusa da tutta la grande stampa in
          Cile e da innumerevoli organi d’informazione all’estero, non fu
          smentita dal porporato. Una lettera, inviatagli dalla Sociedad
          Chilena de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad, che
          gli chiedeva espressamente tale smentita, restò senza risposta. Così
          numerosi voti di cattolici s’incanalarono verso il candidato
          marxista Salvador Allende. 
          Contemporaneamente
          la DC si scindeva e una parte dei suoi membri votava per Allende. E
          votò per lui anche il vecchio Partito Radicale, tipicamente borghese. 
          Allende
          vinse. L’Unidad Popular
          [1969-1973], coalizione
          comunista-marxista-democristiano-radicale, che lo appoggiò, ottenne
          il 36,3% dei voti. Il candidato democristiano Rodomiro Tomić
          [Radomiro Tomić Romero (1914-1992)] ottenne il 29,8% dei
          voti. E il candidato preferito dagli anticomunisti, Alessandri [Jorge Alessandri Rodríguez (1896-1986)], raggiunse il 34,9% dei
          voti. La propaganda di sinistra potè tuttavia vantarsi in tutto il
          mondo per il fatto che, per la prima volta nella storia, un
          marxista aveva vinto mediante elezioni. Ed è proprio vero. Però l’elettorato marxista non era aumentato. La causa della vittoria stava nell’erosione degli ambienti non comunisti o perfino anticomunisti. Sul quotidiano Folha de S. Paulo[4] ho dimostrato ciò con la forza convincente dei numeri. Nell’aprile del 1971, ormai sotto la pressione del governo marxista, si sono svolte in Cile le elezioni amministrative. Il risultato ha costituito — almeno sotto certi aspetti — una ulteriore vittoria della coalizione di centrosinistra marxista e comunista, denominata Unidad Popular. Sempre per la Folha de S. Paulo[5] ho commentato questo risultato elettorale, dimostrando quanto a sua volta anche questa vittoria sia dovuta all’erosione comunista degli ambienti anticomunisti. 
          *  
          *   * 
          Questa
          erosione ha precipitato nell’abisso comunista una delle più
          importanti nazioni dell’America Latina, e ha aperto le porte al
          comunismo nel nostro continente. 
          Ora
          tale erosione va prendendo consistenza in tutto il nostro continente
          e, in modo generale, in tutto l’Occidente cristiano. 
          Di
          conseguenza, mi sembra che Rivoluzione e Contro-Rivoluzione,
          scritto per denunciarla e per insegnare a combatterla,
          abbia guadagnato in rilevanza lungo questi dodici anni. 
          Tale,
          molto succintamente, il contenuto di questo volume. Come si vede, non
          fu scritto per dissuadere i comunisti dagli errori che professano, ma
          per aiutare coloro che non sono comunisti a capire la «procella
          tenebrarum» [Jud. 13][6]
          
          in cui si trovano; a individuare in mezzo a essa la meta a cui
          devono tendere; e anche a usare i metodi più opportuni per lottare
          contro il comunismo. 
          Considerata
          nella prospettiva di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione,
          l’azione anticomunista comprende certamente, e come
          elemento della massima importanza, la polemica e la lotta contro il
          comunismo. Ma non si limita a questo. Essa mira anche a ridurre o a
          distruggere quello che potremmo chiamare il terreno di coltura nel
          quale i germi comunisti prosperano così facilmente. Ossia i
          molteplici fattori che, negli stessi ambienti non comunisti e perfino
          anticomunisti, ispirano tante volte simpatie più o meno velate,
          condiscendenze e perfino complicità verso il comunismo. Fattori la
          cui azione sfocia non raramente in un appoggio decisivo di personalità
          o correnti non comuniste alla vittoria del comunismo. Spero così che l’opera susciti, in questa nuova edizione, l’interesse di una cerchia sempre più ampia di lettori, giacché conosco l’eccezionale lucidità politica e il vivo interesse con cui la nazione italiana segue lo svolgersi della crisi contemporanea in tutto il mondo. 
          San Paolo, 7 ottobre 1971 
          Festa della Madonna del Rosario IV centenario della
          vittoria di Lepanto 
              [1]
              Plinio Corrêa de Oliveira, Prefazione dell’Autore per la
              seconda edizione italiana, in Idem, Rivoluzione e
              Contro-Rivoluzione, trad. it., con Lettera-prefazione di S. E.
              mons. Romolo Carboni, nunzio apostolico in Perù — oggi nunzio
              apostolico in Italia, e con L’Italia tra Rivoluzione e
              Contro-Rivoluzione. Saggio introduttivo di Giovanni Cantoni,
              Cristianità, Piacenza 1972, pp. 43-46 (ndc). 
              [2]
              [Cfr. Fabio Vidigal Xavier da Silveira, Frei, o Kerensky
              chileno, con Prefacio di P. Corrêa de Oliveira,
              Editora Vera Cruz, San Paolo 1967 (trad. it., Frei,
              il Kerensky cileno, con lettere di encomio delle LL. EE. mons. Alfonso Maria Buteler
              [1892-1973], arcivescovo di Mendoza, in Argentina, mons. Antonio
              de Castro Mayer, vescovo di Campos, in Brasile, e mons. Antonio
              Corso [1916-1985], vescovo di Maldonado-Punta del Este, in Uruguay,
              con Prefazione di P. Corrêa de Oliveira, Cristianità,
              Piacenza 1973)]. 
              [3]
              Cfr. Clarín, Santiago del Cile, 24-12-1969. 
              [4]
              Cfr. P.
              Corrêa de Oliveira, Toda a verdade sobre as eleições
              no Chile, in Folha de S. Paulo, San Paolo
              10-91970 (trad. it., Tutta la verità sulle elezioni cilene,
              in P. Corrêa de Oliveira e Sociedad Chilena de Defensa
              da la Tradición, Familia y Propiedad, Il crepuscolo
              artificiale del Cile cattolico,
              Cristianità, Piacenza 1972[, pp. 29-34]).     
              [5]
              Cfr. Idem, No Chile: empate sob pressão, in Folha
              de S. Paulo, San
              Paolo 11-4-1971; e Nem vitória autentica, nem pleito livre,
              ibid. 18-1-1971 (trad. it., In Cile: pareggio sotto
              pressioni e Né vittoria autentica né libera consultazione,
              in P. Corrêa de Oliveira e Sociedad Chilena de Defensa da la
              Tradición, Familia y Propiedad, op. cit.[, pp.
              99-103 e 105-108]). 
              [6]
              [«la caligine della tenebra»
              (Gd. 13).] | ||