Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

Dall’eroismo melodrammatico al moderatismo hollywoodiano

 

 

 

 

 

Rivista Tradizione Famiglia Proprietà, Roma, marzo 2018 (*)

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Gli umori dei Paesi possono variare, passando per cicli storici che oscillano fra l’“eroismo” e il “moderatismo”. È importante conoscere questi cicli per capire dove va l’opinione pubblica.

Tanto quanto quello degli individui, anche l’umore dei popoli può soffrire variazioni.

Vi sono epoche in cui l’opinione pubblica di una nazione si entusiasma solo con le idee più radicali, con le negazioni più strepitose, con le polemiche grandiose, con gli oratori altisonanti e gli uomini capaci di grandi gesta.

Però, dice l’adagio francese: “Tout passe, tout casse, tout lasse et tout se remplace (tutto passa, tutto si rompe, tutto stanca e tutto si rimpiazza)”.

Il gusto per l’estremo tende facilmente all’esagerazione. Dall’autentico eroismo si passa al melodramma. E, così come nessuno può vivere a lungo sulle vette più alte, esposto continuamente a fulmini, lampi e venti in tempesta, le energie si vanno esaurendo mentre una sorda nostalgia della vita quotidiana serena, tranquilla, spensierata, piena di piccoli piaceri vegetativi, comincia a minare i cuori.

Gli eroi passano di moda. Gli spiriti, sazi di idealismo, cominciano a rivolgere l’attenzione verso forme di virtù che garantiscano una vita più tranquilla.

È l’ora dei “moderati”, dei giornalisti che prognosticano l’imminente soluzione di tutti i problemi, dei pensatori sorridenti che sanno smorzare con astuzia ogni polemica, trovando abili “mezzi termini” fra opinioni contrastanti, degli artisti che presentano stili e forme di bellezza adeguati alla vita quieta e sorridente.

Dopo un po’ gli spiriti si sono già rimessi, le energie sono tornate. La vita quotidiana comincia a stancare. L’aria diventa pesante, irrespirabile, in mezzo alla routine quotidiana. L’appetito per le cose grandi riaffiora. E il ciclo riprende.

Quanto durano questi cicli? Impossibile dirlo. Possono variare assai. A volte, nella vita di una generazione, si possono succedere velocemente diversi cicli. Altre volte, i cicli si trascinano pigramente lungo varie generazioni.

In ogni caso, questo fenomeno esiste, e segna profondamente tutta la vita politica, sociale, culturale ed economica. La caduta di Bisanzio, per esempio, fu in gran parte dovuta al fatto che gli spiriti si trovavano in una fase “moderata” e vegetativa, mentre gli avvenimenti richiedevano eroismo.

La caduta di Napoleone fu molto agevolata dal fatto che i francesi erano sazi del clima di eroismo, tanto melodrammatico, dell’Impero. Dal maresciallo Ney fino al più piccolo borghese, tutti ne erano sazi.

Se la Germania riuscì a invadere così facilmente la Francia nel 1940, fu in parte dovuto al fatto che si trovò davanti un popolo ebbro di spirito pacifista e “moderato”, mentre loro, cioè i nazisti, erano allo zenit della fase “eroica”.

Queste variazioni dello spirito nazionale sono talmente profonde, che toccano ogni campo, perfino i più insospettati, come quello della moda. Per esempio, nelle fasi “eroiche”, i modelli femminili che raccolgono più consensi sono quelli imponenti, grandiosi, fatali, cleopatrici. Oppure quello dell’umore. Nei periodi “moderati”, il consenso va verso la barzelletta lieve, gentile, che fa sorridere. In quelli “eroici”, invece, si cercano i grandi aneddoti che provochino risate omeriche.

Evidentemente, un uomo che si lasci trascinare da tali variazioni mentali e umorali è un perfetto intemperante.

Un uomo virtuoso può soffrire variazioni, ma sempre in modo equilibrato. Vi sono momenti in cui il suo spirito è più propenso all’azione, altri al riposo; momenti in cui cerca l’alta montagna, e altri in cui si compiace delle vallate. Proprio perché è equilibrato, però, egli sa che la sua vita è stata fatta per gli orizzonti sublimi e serissimi che la Fede presenta. Egli sa che, in ogni istante della sua vita, egli si gioca il proprio destino, fra le glorie regie del Cielo e l’eterna tragedia dell’inferno; egli sa che, in ogni istante, egli accetta o rifiuta la redenzione del Preziosissimo Sangue di Cristo. Sa che la vita comporta momenti di piacere e momenti di lotta, momenti di riposo e momenti di lavoro, di dolore e di gioia, di intimità e di solennità.

L’uomo equilibrato non ignora che l’ordine dell’anima richiede queste alternanze. E perciò non vorrà trascorrere la vita in un solo clima, “eroico” o “moderato” che sia. Guidato da una fondamentale temperanza, il suo spirito mai sarà in balìa dei venti indecisi della sua sensibilità. L’uomo equilibrato sa essere all’altezza delle circostanze, non sfoggiando una magniloquenza ridicola nelle occasioni triviali, né una trivialità goffa nelle grandi occasioni.

Ciò che si dice di un uomo temperante si può pure dire di un popolo temperante. Quando un tale popolo raggiunge l’apogeo, non dimostrerà nessun squilibro. È ciò che si può dire, per esempio, dell’Inghilterra vittoriana, ugualmente splendida nella grandezza dell’Impero che nello charme della sua vita privata.

Evidentemente noi non viviamo in un secolo temperante. Se qualcuno ne ha il minimo dubbio, si desti: è il fondamentale squilibro della sua anima che gli impedisce di vedere ciò che è più chiaro della luce del sole.

Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi, in ogni campo. Abbiamo “eroici” intemperanti e “moderati” intemperanti, con tutto il ventaglio di sfumature intermedie. La tastiera dell’intemperanza, infatti, ha mille tasti. Di tutte le intemperanze, però, quella “moderata” sembra prendere il sopravvento. Niente di più naturale. La Seconda guerra mondiale ci ha saziati di grandezze, drammatiche e melodrammatiche.

In Occidente, l’influenza hollywoodiana è diventata preponderante. Questa porta con sé un’atmosfera di sazietà, di ottimismo, di gioia comunicativa, stile “bravo ragazzo”, di profondo liberalismo, di negazione implicita del peccato originale, che stimola al massimo l’intemperanza “moderata”. D’altronde, con tutti questi televisori, frigo, radio, macchine di ultima generazione, cliniche da fantascienza e cimiteri pieni di statue sorridenti, chi non vuol essere “moderato”?

Negli articoli dei giornali, nelle conferenze accademiche, nelle conversazioni private, le opinioni che si fanno largo sono sempre quelle “equilibrate”, “moderate”, centriste. Qualsiasi opinione più nitida viene subito bollata come “estremista”. Oggi, i partigiani delle buone idee cercano in ogni modo di sfuggire tal epiteto, come se da ciò dipendesse il successo della loro azione.

In una parola, uno slogan, dalle origini più o meno velate, comincia a dominare l’Occidente: Moderazione! Moderazione!

(*) Titolo originale: "Moderação, moderação: slogan que enche o Ocidente", “Catolicismo” n. 38, febbraio 1954.


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