Plinio Corrêa de Oliveira

 

Apparuit benignitas et humanitas Salvatoris Nostri Dei

 

 

 

 

 

 

Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà, Roma, dicembre 2019, Anno 25, n. 84, pag. 6-9

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La rivista “Tradizione Famiglia Proprietà” quest’anno compie 25 anni, e vuole celebrare il felice anniversario offrendo ai suoi lettori ampi stralci di un saggio di Plinio Corrêa de Oliveira, pubblicato in occasione del Santo Natale del 1955, in cui l’illustre pensatore cattolico spiega la missione della rivista “Catolicismo”, da lui fondata. Missione nella quale noi ci identifichiamo appieno.

In questo Natale 1955, quante persone si inginocchieranno davanti a un presepe per pregare il Bambino Gesù in questo giorno particolarmente ricco di misericordia divina, in cui le porte del Cielo si spalancano per l’umanità? Anche noi, direttori, collaboratori e lettori di “Catolicismo”, ci disponiamo a venerare il sacro presepe. Vogliamo meditare sulle lezioni che da esso derivano, rafforzando la nostra volontà con la gioia che da esso zampilla.

La Provvidenza ha voluto che Gesù Bambino fosse visitato da tre saggi - che secondo una venerabile tradizione erano anche re - e da alcuni pastori: proprio i due estremi della gerarchia sociale. Il re è, per diritto, all’apice del prestigio sociale, dell’autorità politica e del potere economico. Il saggio è la massima espressione della capacità intellettuale. In materia di prestigio sociale, di potere e di scienza, il pastore è, invece, al grado più basso.

La grazia divina, che chiamò a Betlemme i re, chiamò anche i pastori. Ora, la grazia non fa nulla di sbagliato o incompleto. Avendoli chiamati e avendogli mostrato il cammino, avrebbe anche insegnato loro a stare davanti al Figlio di Dio. E come si presentarono? Ognuno com’era, naturalmente. I pastori col proprio bestiame e vestiti in modo caratteristico, senza passare prima dalla città per fare una “toilette” che coprisse la loro umile condizione. I magi con i loro tesori – oro, incenso e mirra – senza cercare di velare la loro grandezza per paura di urtare l’ambiente umile in cui giaceva Gesù Bambino. La pietà cristiana, espressa nell’abbondante iconografia, ha sempre capito che i Magi si presentarono alla grotta in tutta la loro pompa, senza camuffamenti o attenuazioni. Perché c’è spazio per tutti, grandi e piccoli, forti e deboli, saggi e ignoranti, è solo una questione di conoscersi per sapere come stare davanti a Gesù.

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E noi di “Catolicismo”, chi siamo? Dov’è il nostro posto nella casa di Dio?

Sappiamo che in Paradiso gli angeli, distribuiti in nove cori, contemplano direttamente l’essenza divina, nella cui infinita ricchezza ognuno vede più chiaramente certe perfezioni. Nella Chiesa avviene un fatto analogo. Ogni ordine e congregazione religiosa ha il suo spirito, la sua forma, la sua scuola di santificazione. E così ognuno contempla e imita in modo particolare certe perfezioni del Divino Redentore. Questo si ripercuote sulla vita spirituale dei fedeli. Stimolati dalle più svariate e feconde correnti di spiritualità, anche i laici sono distribuiti in grandi famiglie spirituali.

Ciò ha conseguenze nel campo dell’apostolato. E così vediamo nella Chiesa militante un’ammirevole varietà di opere apostoliche, ciascuna agendo con i propri mezzi e parlando con la propria lingua, tutte lavorando per la realizzazione del Regno di Gesù Cristo sulla terra. Così ha voluto Dio. Egli ha creato gli uomini diversi gli uni dagli altri, con bisogni, aspirazioni e modi molto personali. La Chiesa è come un immenso campanile, in cui ogni campana emette il proprio suono, alcuni potenti e gravi, altri soavi e cristallini. Tutte, insieme, formano la bellissima armonia della Chiesa.

Nell’immenso campanile delle opere di apostolato nella Chiesa, qual è il ruolo di “Catolicismo”? Nel gigantesco sforzo per costruire il Regno di Dio, qual è la nostra quota di collaborazione? Inginocchiati ai piedi di Gesù Bambino, qual è il nostro dono?

Rileggendo la collezione della nostra rivista troverete una buona dottrina. Per quanto modesta possa essere, ha il valore dell’oro agli occhi della divina misericordia, ed è a essa piacevole come l’incenso. Sicuramente c’è molto oro e incenso sulle nostre pagine. Ma c’è anche molta mirra. Ne siamo davvero contenti, poiché il Vangelo racconta che i saggi portarono al presepe non solo oro e incenso, ma anche mirra amara.

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Alcune verità incantano gli uomini come l’oro. Altre sono soavi e profumate come l’incenso.

La mirra è più modesta. La radice etimologica si riferisce alla parola “mur”, che in arabo significa amaro. La mirra è una resina gommosa di colore rosso, con un sapore amaro. Il suo odore è gradevole ma penetrante. Ha la bellezza discreta, austera e forte del sangue. Il suo profumo è quello della disciplina e della sobrietà. Direi che, in campo ideologico, la grande verità rappresentata dalla mirra è il principio di contraddizione, per cui il Sì è Sì e il No è No. Ed è proprio di questa mirra che il mondo di oggi ha bisogno.

Non dobbiamo confondere il principio di contraddizione, che è la quintessenza della logica, della coerenza e dell’obiettività, con lo spirito di contraddizione. Questo è un vizio che nasce dal vano piacere di contraddire il prossimo. È volatile, e fa del Sì No e del No Sì a seconda delle circostanze.

Il mondo di oggi si proclama incline a tutto ciò che ritiene buono, senza essere allo stesso tempo avverso a tutto ciò che è cattivo. Quando si ama una verità, naturalmente si dovrebbe odiare l’errore contrario a essa, e viceversa. Nella psicologia moderna, tuttavia, l’odio esplicito e dichiarato per checchessia è raro. Il mondo moderno proclama l’amore. Quando, però, si tratta di dedurre da tale amore per una cosa un atteggiamento militante contro il suo contrario, allora temporeggia. Il principio di contraddizione è antipatico per la mentalità moderna.

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Qualcuno dirà: ma cosa c’è di sbagliato nell’essere sempre simpatico e rassicurante, sprizzando bontà?

Studiamo l’argomento nel campo della morale. Si tratta di analizzare se questa tendenza psicologica è conforme alla legge di Dio. Non è con semplici sorrisi, ma con serietà che si risolvono i problemi morali.

Colui che venne nel mondo per predicare le Beatitudini, ci lasciò anche il precetto di essere fedeli al principio di contraddizione: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt. 5,37). E se tale deve essere il nostro linguaggio, tale deve essere il nostro pensiero. In materia morale ogni eccesso è un male, anche l’eccesso di bonomia e di dolcezza. È un male che, secondo i casi, può diventare molto serio.

Facciamo un esempio. Sul piano religioso, non è vero che l’attenuazione del principio di contraddizione spesso ci porta ad atteggiamenti lamentevoli? Quanti cattolici si credono oggi nel diritto di discordare dal Magistero della Chiesa in uno o più punti? Con ciò, sebbene si vantino di essere cattolici, peccano contro la Fede. Perché? Semplicemente perché immaginano un tertium genus tra l’essere cattolico e il non esserlo. Lo stesso vale per la naturalezza con cui una certa categoria di cattolici “non praticanti” è ammessa tra noi. Non si rendono conto di quanto la loro situazione sia cacofonica, antitetica, contraddittoria? Infine, un altro esempio. Quante famiglie oggi sono secondo la legge di Dio? Perché tante famiglie, che dicono di apprezzare la virtù, non combattono il vizio e si lasciano penetrare dalle cattive mode? La risposta è semplice: non vivono secondo il principio di contraddizione.

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L’attenuazione del principio di contraddizione produce il gusto, direi la smania per le soluzioni intermedie. Di fronte a due possibili soluzioni, il mondo di oggi sceglie sempre la via di mezzo, né carne né pesce. E spaccia ciò per “saggezza”... Ora, se rifiutare per principio le soluzioni intermedie è un errore, è anche un errore adottarle per principio. Ci sono casi in cui la Saggezza li condanna formalmente: “Tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3,15-16).

La persona viziata dalle soluzioni intermedie è facile vittima dei vigliacchi. L’abilità del vigliacco consiste nel far accettare agli ingenui, sotto mentite spoglie, ciò che nudo e senza trucco provocherebbe rigetto. Gli eretici sono i campioni della vigliaccheria, sono imbroglioni per natura. Rifiutando il pelagianismo, ottennero l’adesione di innumerevoli ingenui al semi-pelagianismo. Condannando l’arianesimo, fecero circolare il semi-arianesimo. Dopo il protestantesimo, inventarono il giansenismo. Il comunismo e il socialismo, condannati, fabbricarono un “socialismo mitigato”, che alla fine non è altro che un comunismo velato. E così via.

Questa tattica si è particolarmente sviluppata ai nostri giorni. Siamo nel secolo della quinta colonna. Ecco come stanno minando il mondo cattolico. Nulla di più pericoloso oggi dell’attenuazione del principio di contraddizione! E nulla è più meritevole che lavorare perché questo principio si affermi con più forza, più colore e più efficienza nella mentalità dell’uomo contemporaneo.

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Il nostro dono a Gesù Bambino è, quindi, principalmente la mirra. Siamo una rivista fatta da cattolici militanti e praticanti. Vogliamo, o Signore, che le persone Vi amino senza attenuazioni, che Vi servano senza indecisioni. Vogliamo che ciascun cattolico sia una cittadella senza divisioni, contro la quale il nemico non può fare nulla.

I cattolici militanti e praticanti sono, anch’essi, il sale della terra e la luce del mondo. In parte dipende dalla loro collaborazione che il mondo non sia corrotto né cada nelle tenebre. O Signore, noi vogliamo essere un sale molto, molto salato, una luce posta in alto sulla montagna e molto luminosa. Ecco, Signore, il nostro dono. Questo è il regalo di Natale che, accumulato durante l’anno, abbiamo da offrirVi. Altri Vi daranno l’oro delle loro opere e l’incenso della loro lode. Da parte nostra, abbiamo bruciato in abbondanza la mirra austera ma profumata del “Sì, Sì; No, No”.

Possa Maria Santissima accettare questa mirra nelle sue mani indicibilmente sante perché venga offerta a Voi. Vostra Madre avrà per Voi il fascino dell’oro e dell’incenso. Ma vi porterà anche qualcos’altro: il sangue, il sudore e le lacrime di un apostolato che ha momenti molto amari. Oltre l’amarezza c’è la Croce, che è luce. Ecco il senso, la bellezza e la gioia del nostro apostolato. Ecco il nostro posto davanti al tuo sacro presepe, o Signore!

(Tratto da “Catolicismo” Nº 60, dicembre 1955)


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