Plinio Corrêa de Oliveira

 

Libertà, lavoro o proprietà?

 

 

 

 

 

 

 

Folha de S. Paulo, 2 ottobre 1968 (*)

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Spesso mi si chiede perché la TFP non ha posto nella sua divisa "libertà" o "lavoro" invece di "proprietà". Tratterò ora l’argomento.

Per Leone XIII la proprietà forma, con la libertà e il lavoro, un tutto armonico e indissociabile, al punto che nega simultaneamente questi tre valori anche chi nega soltanto uno di essi. E li afferma implicitamente tutti e tre, chi ne afferma uno.

Infatti, ogni essere vivente - dalla cellula più modesta al passero o a un leone - ha necessità ed è dotato di attitudini naturalmente destinate al soddisfacimento di queste necessità. Così, il passero e il leone hanno fame, e, perciò, l’istinto fa loro conoscere e desiderare l’alimento adeguato. E il loro corpo ha i mezzi necessari per impadronirsi di questo alimento e ingerirlo. Vi è, dunque, una correlazione naturale tra le necessità e le attitudini di ogni essere vivente.

Questo principio universale si applica anche agli uomini. E da questo derivano a ciascun uomo i tre diritti di essere libero, di lavorare e di diventare proprietario.

Infatti, per soddisfare le sue necessità, l’uomo ha una anima intelligente e dotata di volontà, per vedere e volere quello di cui abbisogna. Il suo corpo è, per esso, fonte di molteplici necessità, e anche strumento per fare quanto è necessario per rispondere a esse. Da questa situazione all’uomo deriva il fatto di avere contemporaneamente:

1. Il diritto alla libertà di agire secondo la sua retta ragione per raggiungere il suo fine;

2. Il diritto a esercitare un lavoro come mezzo per rispondere alle sue necessità;

3. Il diritto di proprietà.

Sì, il diritto di proprietà. Non pretendo di esporre in breve tutte le fonti legittime della proprietà. Vediamo semplicemente come essa nasce dalla libertà e dal lavoro.

Poiché l’uomo è padrone di sé stesso, è padrone delle sue capacità, e del lavoro mediante il quale esercita le sue capacità. E, poiché l’uomo è padrone del suo lavoro, è padrone del frutto del suo lavoro. Cioè, l’uomo è proprietario del suo salario. La proprietà nasce, dunque, dalla libertà e dal lavoro.

Vediamo ora come la proprietà del salario genera la proprietà di ogni sorta di beni mobili e immobili. Poiché l’uomo è padrone del suo lavoro e del suo salario, può lavorare più o meno, ed economizzare più o meno. Lavorando ed economizzando molto potrà formare un peculio per non avere preoccupazioni circa il domani. O per comprare strumenti di lavoro con cui iniziare una attività. O per comprare un immobile da affittare a terzi. O per mettere insieme un peculio con cui associarsi a un affare. La proprietà - l’espressione, se non mi inganno, è di Leone XIII - è lavoro condensato e accumulato.

Così, dalla libertà e dal lavoro di ciascuno, nasce la proprietà.

A conclusione, rispondo soltanto ad alcune possibili obbiezioni.

1. Non è ingiusto che alcuni diventino proprietari, mentre altri, per malattia, sfortuna o pigrizia, non ottengono per sé un tale risultato?

Sarebbe come chiedersi se non è ingiusto che vi sia gente che gode buona salute, passeggia o viaggia, mentre altri, per malattia, sfortuna o pigrizia, non possono fare altrettanto. Coloro che si trovano in una situazione di inferiorità vanno aiutati. Però non si ferma il corso normale delle cose a causa di situazioni anormali, colpevoli o no.

2. Ma la proprietà non si presta ad abusi?

Sì. Vanno impediti. Ma non per questo è il caso di perseguitarla e di mutilarla. Anche in materia di libertà e di lavoro sono possibili abusi. Tutti sono d’accordo nell’impedirli. Nessuno sarebbe d‘accordo sull’ipotesi di mutilare o perseguitare la libertà o il lavoro per questa ragione.

3. Se la libertà, il lavoro e la proprietà sono così uniti, perché la TFP ha optato, nella sua divisa, per la parola "proprietà"?

La nostra denominazione è Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade. Che cosa, oggi, manca maggiormente di difesa sul piano dottrinale? La libertà e il lavoro, che tutti glorificano una voce? No. Ma la proprietà, che i demagoghi e gli sciocchi - gli uni e gli altri in auge, nel nostro secolo - attaccano con tutte le forze.

Sì, difendiamo la proprietà, e in essa e con essa, implicitamente, il lavoro e la libertà.

(*) Tratto da Cristianità, febbraio-marzo 1978.