Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

La manovra Garaudy

 

 

 

 

 

 

 

 

Cristianità, Piacenza, Anno I, n. 2, novembre-dicembre 1973, pag. 11-12 (*)

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Vediamo oggi - e così chiudiamo questa serie di articoli - alcuni aspetti della politica detta di convergenza alla quale Roger Garaudy invita i capitalisti e i comunisti di oggi.

Metto in risalto in due parole l’importanza del tema. Specialista del PC francese per i problemi religiosi, l’opera di Garaudy è stata uno dei contributi intellettuali più importanti nella preparazione della collaborazione tra comunisti e cattolici. Dati gli immensi vantaggi ottenuti – e sfruttati a fondo dal comunismo internazionale - con tale collaborazione, non è lecito vedere nella parte svolta da Garaudy in questa materia un semplice atteggiamento individuale. Evidentemente l’avvicinamento tra comunisti e cattolici fu un colpo pianificato dai più alti vertici rossi. E Garaudy servì loro da strumento. Bisogna essere molto ingenui per non concludere - vedendolo ora preparare un’altra "collaborazione" - che sta agendo ancora una volta su comando degli stessi vertici.

Per il comunismo si tratta di ottenere, da parte dei capitalisti, l’adozione di una politica arrendista analoga a quella che, in un altro campo, seguono i cattolici progressisti. Lavorata dal binomio paura-simpatia, che ho già descritto in un articolo precedente, la borghesia può ormai essere condotta a rinunciare di propria iniziativa a decisive parcelle del suo potere, per mezzo dell’illusione che le è utile "cedere per non perdere". Il che potrà offrire al comunismo l’occasione per grandissimi e facili progressi, che lo mettano fin da ora a un passo dal trionfo finale.

In questa prospettiva, tutta la gazzarra fatta contro Garaudy al recente congresso del PC francese può essere una pura messa in scena per convincere il pubblico che l’intellettuale francese non opera al servizio del Cremlino.

Ciò posto, non analizzeremo tanto il pensiero di un uomo, ma in questo pensiero cercheremo gli indizi di una delle più importanti manovre comuniste di tutti i tempi.

Non ho trovato ancora in libreria l’opera recente nella quale lo scrittore comunista indica la direzione attuale del suo pensiero. Ma le corrispondenze giornalistiche rivelano al riguardo punti importanti. È così possibile discernere la ragione di richiamo della nuova operazione di Garaudy.

Si può notare anzitutto che Garaudy non critica le mete e il programma del PC francese. A questo proposito sostiene anzi che non si può desiderare nessun cambiamento. La sua critica verte su di un argomento che, in questa prospettiva, occupa una posizione secondaria, cioè su certi modi di pensare e di agire che desidera mutare. Garaudy si considera ortodosso, e diverge dal PC del suo paese (che a sua volta obbedisce strettamente a Mosca) basandosi sulla ortodossia comunista.

Nel discorso tenuto da Garaudy al recente congresso del suo partito, egli ha sottolineato - come del resto nella sua opera Marxisme du XXe siècle - il carattere essenzialmente relativista della dottrina di Marx. E ha affermato che quest’ultimo non ha preteso di fissare un modello ideale di Stato socialista valido per tutti i tempi e paesi. Da ciò si deduce che vi possono essere forme ideali di socialismo diverse per l’Oriente e per l’Occidente, per esempio. Così i comunisti in ordine con il pensiero reale del loro maestro devono essere pronti ad accettare come valida qualche nuova formula di socialismo che sorga in Occidente.

D’altro lato, Garaudy pensa che il capitalismo nordamericano, frutto a suo modo di vedere di una superiore evoluzione, si stia trasformando lentamente (con la concentrazione, ecc.) in una forma di socialismo, che tende ad arrivare a un autentico comunismo, anche se sui generis.

Così, sembra che si possa concludere che l’ala marciante della comunistizzazione del mondo non sta più soltanto a Mosca. Essa esiste anche in ciò che il capitalismo occidentale ha di più avanzato, di più evoluto. In altri termini, sarebbe inutile lottare contro il comunismo, e quasi superfluo lottare in suo favore: viene ugualmente!

Un esempio di questa grandissima evoluzione e delle sue ripercussioni sulla moderna formulazione di certi concetti socialisti si troverebbe nell’ampliamento dei quadri dei salariati.

Secondo una concezione ormai invecchiata, il salariato per eccellenza è il lavoratore manuale. Il tecnico appartenente alla classe borghese, vive, il più delle volte, non del salario, ma degli onorari. Ed era, secondo i socialisti, un naturale alleato del proprietario contro il lavoratore manuale.

Con il passare del tempo, afferma Garaudy, le cose sono cambiate. Il numero dei lavoratori manuali specializzati, e anche altamente specializzati, è cresciuto di molto. D’altro canto i tecnici sono stati sempre più ridotti alla condizione di salariati. Perciò si è cambiato l’antico fronte di lotta della rivoluzione sociale. Questo ingloba, o almeno tende a collegare contro il capitale oltre ai lavoratori manuali anche gli altri salariati. E tra questi, gli stessi dirigenti dell’impresa, quando non sono proprietari.

Accettato questo senza reazione, non sarebbe difficile vedere che al capitale, isolato e debilitato, non rimarrebbe altro che capitolare. Saranno intelligenti e felici, nella concezione di Garaudy, i capitalisti illuminati che, "cedendo per non perdere", accettino successive rinunce ai loro vantaggi per ottenere la sopravvivenza di altri, finché scompaia soavemente la proprietà individuale dell’impresa.

A questo modo, si eviteranno le guerre e le rivoluzioni sociali, e il mondo riposerà in pace.

* * *

Questa concezione, presentata cosi a grandi linee, lascia nella penombra problemi di capitale importanza che avrebbero messo in fuga il borghese capitalista e il lavoratore intellettuale. Per esempio, quale è la differenza tra le concrete condizioni di vita degli uni e degli altri e quelle di un lavoratore manuale? Quale la possibilità, per il lavoratore intellettuale, di gestire le sue economie, in modo da diventare padrone di un patrimonio individuale? I suoi figli avranno speciali facilitazioni per acquisire una istruzione e una educazione proporzionate a quelle dei genitori e che assicurano alle diverse generazioni di una stessa famiglia almeno un poco di continuità di livello?

Analoghe domande si potrebbero fare circa la sorte dell’ex-proprietario e dei suoi.

Con il pretesto di abbreviare e di semplificare, tutto questo può essere lasciato in ombra da un’abile propaganda. Il lettore affrettato e incauto vede così, nelle elucubrazioni di Garaudy, soltanto la chimera brillante di un socialismo nuovo, che sistema tutto e toglie i dolori di testa.

In sintesi, che cosa fa Garaudy con questo invito affinché l’occidente accetti questo che sarebbe un comunismo nuovo?

In precedenza è riuscito a portare un certo numero di preti e di laici cattolici traviati a tentare di strangolare la Chiesa con le loro stesse mani.

Ora, tenta di indurre la massa dei borghesi a strangolare con le loro stesse mani la classe a cui appartengono.

Questo è, dal punto di vista strategico, il bilancio della nuova manovra di Garaudy.

Manovra molto intelligente, se si tiene presente l’insuccesso del comunismo.

Si, l’insuccesso. Infatti con le sue mani non sarebbe neppure lontanamente capace di farla finita con la Chiesa. E neppure con la proprietà privata e la gerarchia sociale.

Che altro rimane da fare allora al comunismo, se non tentare questo duplice strangolamento per mano dei preti e dei borghesi?

Forse questa è l’ultima manovra del comunismo per conquistare il potere sul mondo senza rischi e senza guerra. 


(*) Traduzione dell'articolo "A manobra Garaudy", comparso sulla Folha de S. Paulo il 15-3-1970.


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