Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

Capitolo III
 
La Contro-Rivoluzione e la smania di novità

 

 

 

 

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Rivoluzione e Contro-Rivoluzione

Titolo originale: Revolução e Contra-Revolução

Pubblicato su Catolicismo, São Paulo, Brasile, Aprile 1959 (I et II), Gennaio 1977 (III)

Traduzione di Giovanni Cantoni

Prima edizione italiana, 1963, Dell’Albero, Torino. Seconda e terza edizioni italiane, 1972 e 1976, Cristianità, Piacenza

Tutti i diritti riservati - © 1998 Associazione Luci sull’Est

 

La tendenza di tanti nostri contemporanei, figli della Rivoluzione, ad amare senza restrizioni il presente, ad adorare il futuro e a votare incondizionatamente il passato al disprezzo e all’odio, suscita verso la Contro-Rivoluzione un insieme d’incomprensioni che è necessario far cessare. Soprattutto, sembra a molti che il carattere tradizionalista e conservatore di quest’ultima ne faccia una nemica naturale del progresso umano.

 

1. La Contro-Rivoluzione è tradizionalista

A. Ragione

La Contro-Rivoluzione, come abbiamo visto, è uno sforzo che si sviluppa in funzione d’una Rivoluzione. Questa si rivolta costantemente contro tutta un’eredità d’istituzioni, di dottrine, di costumi, di modi di vedere, di sentire e di pensare cristiani che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, e che non sono ancora totalmente estinti. La Contro-Rivoluzione difende, dunque, le tradizioni cristiane.

B. Il lucignolo che ancora fumiga

La Rivoluzione attacca la civiltà cristiana più o meno come un albero della foresta brasiliana, il fico selvatico (urostigma olearia), che, crescendo sul tronco d’un altro, l’avviluppa completamente e l’uccide. La Rivoluzione, nelle sue correnti “moderate” e di velocità lenta, ha circondato la civiltà cristiana per avvolgerla da ogni parte e per ucciderla. Siamo in un periodo in cui questo strano fenomeno di distruzione non è ancora giunto al suo termine. Siamo, cioè, in una situazione ibrida in cui coesistono con numerose istituzioni e costumi rivoluzionari, quelli che potremmo quasi chiamare resti mortali della civiltà cristiana, aggiunti al profumo e all’azione remota di molte tradizioni estinte soltanto di recente, ma che conservano ancora una certa vitalità nella memoria degli uomini.

Di fronte a questa lotta fra una splendida tradizione cristiana in cui ancora palpita la vita e un’azione rivoluzionaria ispirata da quella smania di novità cui si riferiva Leone XIII nelle parole iniziali dell’enciclica Rerum novarum, è naturale che il vero contro-rivoluzionario sia il difensore naturale del tesoro delle buone tradizioni, perché esse sono i valori del passato cristiano ancora esistenti e che si tratta precisamente di salvare. In questo senso il contro-rivoluzionario agisce come Nostro Signore, che non è venuto a spegnere il lucignolo che ancora fumiga né a spezzare la canna incrinata (40). Perciò egli deve cercar di salvare amorevolmente tutte queste tradizioni cristiane. Un’azione contro-rivoluzionaria è, essenzialmente, un’azione tradizionalista.

C. Falso tradizionalismo

Lo spirito tradizionalista della Contro-Rivoluzione non ha nulla in comune con un tradizionalismo falso e gretto che conserva certi riti, stili o costumi soltanto per amore alle forme antiche e senza alcun apprezzamento per la dottrina che li ha generati. Questo non è tradizionalismo sano e vivo, ma piuttosto archeologismo.

 

2. La Contro-Rivoluzione è conservatrice

La Contro-Rivoluzione è conservatrice? In un certo senso sì, e profondamente. In un altro senso no, pure profondamente.

Se, del presente, si tratta di conservare qualcosa che è buono e che merita di vivere, la Contro-Rivoluzione è conservatrice.

Ma se si tratta di perpetuare la situazione ibrida in cui ci troviamo, d’arrestare il processo rivoluzionario in questa tappa, restando immobili come statue di sale ai margini del cammino della storia e del tempo, avvinghiati a quanto v’è di buono e a quanto v’è di cattivo nel nostro secolo, cercando così una coesistenza perpetua e armonica del bene e del male, la Contro-Rivoluzione non è né può essere conservatrice.

 

3. La Contro-Rivoluzione è condizione essenziale del vero progresso

La Contro-Rivoluzione è progressista? Sì, se il progresso è autentico. No, se è la marcia verso la realizzazione dell’utopia rivoluzionaria.

Nel suo aspetto materiale il progresso vero consiste nella retta utilizzazione delle forze della natura secondo la legge di Dio e al servizio dell’uomo. Perciò la Contro-Rivoluzione non viene a patti con il tecnicismo ipertrofico d’oggi, con l’adorazione delle novità, della velocità e delle macchine, né con la deplorevole tendenza a organizzare more mechanico la società umana. Questi sono eccessi condannati con profondità e precisione da Pio XII (41).

E il progresso materiale d’un popolo non è l’elemento principale del progresso cristianamente inteso. Questo consiste, soprattutto, nel pieno sviluppo di tutte le sue potenze dell’anima e nell’ascesa degli uomini verso la perfezione morale. Una concezione contro-rivoluzionaria del progresso pone l’accento, quindi, sulla preminenza dei suoi aspetti spirituali sugli aspetti materiali. Di conseguenza è proprio della Contro-Rivoluzione promuovere, fra gli individui e le moltitudini, un apprezzamento per tutto quanto riguarda la vera religione, la vera filosofia, la vera arte e la vera letteratura, molto superiore a quello riservato al bene del corpo e allo sfruttamento della materia.

Infine, per definire la differenza fra il concetto rivoluzionario e quello contro- rivoluzionario di progresso, è necessario notare che quest’ultimo tiene conto del fatto che questo mondo sarà sempre una valle di lacrime e un luogo di passaggio verso il cielo, mentre per il primo il progresso deve fare della terra un paradiso, nel quale l’uomo viva felice, senza pensare all’eternità.

Dalla nozione stessa di retto progresso si vede che è l’opposto del progresso come inteso dalla Rivoluzione.

La Contro-Rivoluzione è dunque condizione essenziale perché sia protetto lo sviluppo normale del vero progresso e venga sconfitta l’utopia rivoluzionaria, che del progresso ha soltanto le ingannevoli apparenze. 


Note:

(40) Cfr. Mt. 12, 20.

(41) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio ai fedeli e ai popoli del mondo intero, del 22­12­1957, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIX,  p. 670. 

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