Plinio Corrêa de Oliveira

 

Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana

 

 

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Marzorati Editore, 1993

ISBN 88-280-0129-1

Per richieste dell'opera in formato cartaceo: www.atfp.it


CAPITOLO VII 

Genesi della nobiltà

La sua missione nel passato e nel presente

(continuazione) 

6. Genesi dello Stato contemporaneo 

a) Il declino delle regioni - Il processo verso l'ipertrofia del potere regio 

Come abbiamo detto precedentemente, all'inizio dell'epoca moderna il modello feudale si trovava in un'accentuato processo di decadenza politica. Infatti il potere regio andava consolidandosi fino aggiungere all'ipertrofia nei secoli XVII e XVIII. Cominciava così a nascere lo Stato contemporaneo, basato sempre meno sull'aristocrazia rurale, sull'autonomia e sull'impulso creativo delle regioni, e sempre più su organi burocratici mediante i quali si va estendendo l'azione dello Stato in tutto il Paese.

Parallelamente, le vie di comunicazione, sempre più transitabili e più protette dal banditismo endemico dei secoli anteriori, favorivano scambi di vario genere tra le diverse regioni del Paese. A loro volta, l'estendersi del commercio e il sorgere di nuove industrie uniformava il consumo. I regionalismi di ogni genere entravano in decadenza, e la formazione di centri urbani sempre maggiori andavano spostando il centro di gravitazione dalle microregioni alle macroregioni, e da queste alle metropoli nazionali.

La capitale di ogni Paese andava sempre più diventando il grande polo di attrazione delle energie centripete di tutto il territorio, nonché il fuoco d'irradiazione del comando emanato dalla Corona. Pari passu, la corte attraeva sempre più la nobiltà, un tempo prevalentemente rurale; essa si cristallizzava intorno al re, che è il punto di partenza del comando, ossia dell'irradiazione di tutto quanto si fa nel Paese.

 

b) Sotto il regime democratico-rappresentativo, l'assolutismo regio si trasforma nell'assolutismo statale 

Se si presta attenzione a questo graduale e implacabile processo centripeto, si vedrà che esso continua a progredire nelle successive, e sempre più assorbenti, forme di Stato nati infine nei secoli XIX e XX. Così, lo Stato repubblicano e borghese del secolo XIX era, nonostante i suoi aspetti liberal-democratici, più accentratore dello Stato monarchico della fase precedente. Esso subì un incontestabile processo di democratizzazione (18) che aprì le porte del potere alle classi non nobili, ma venne escludendo gradualmente da questo stesso potere le classi nobili; modo peraltro discutibile di praticare l'uguaglianza. Quanto alla libertà, essa diventò sempre più rara per i cittadini, sull'insieme dei quali andò pesando la mole crescente di legislazioni in continua espansione. Questo, dal punto di vista dello Stato.

 

c) La piramidizzazione centripeta - La superpiramidizzazione - Due esempi: la banca e i mass-media 

Per avere un quadro globale del declino effettivo delle libertà nel secolo XIX, bisogna dire che nel suo decorso si manifestò, anche nella sfera dell'iniziativa privata, una tendenza alla piramidizzazione. Si tratta cioè dell'intrecciarsi di istituzioni o imprese congeneri per formare blocchi sempre più ampi, assorbendo qualsiasi unità autonoma che si mostrasse renitente a integrarsi nella piramide che le compete. Queste piramidi, com'è ovvio, avevano - o hanno ancora - al loro apice grandi fortune che controllavano nell'insieme piramidale le fortune gradualmente minori. In questo modo, i proprietari di piccole e medie imprese perdevano una buona parte della loro libertà di azione davanti alla concorrenza e alle pressioni del macrocapitalismo.

A sua volta, per la stessa natura delle cose, a questo insieme piramidale si sovrapponevano, al vertice, alcune istituzioni ancora più dotate di forza di comando. A titolo di esempio basti citare il sistema bancario e i mass-media.

Tale processo, a sua volta, s'incrementò accentuatamente nel nostro secolo grazie alle nuove invenzioni, al continuo progredire delle scienze e delle tecniche.

D'altra parte, questa concentrazione di capitali privati in mano di pochi proprietari di grandi fortune poteva portare ad un'altra conseguenza, distinta dalla diminuzione di libertà dei piccoli proprietari. Alludiamo alla posizione del macrocapitalismo davanti allo Stato.

Effettivamente, nel mondo borghese - in apparenza festosamente liberal-democratico, eppure sempre più democratico e livellatore sotto un certo punto di vista, e sempre meno liberale sotto un altro - venne a prodursi, in un certo modo, uno strano rovesciamento di valori. Per esempio, le banche e i mass-media sono normalmente proprietà di privati; appartengono quindi ad individui. Tuttavia, nel mondo odierno, non di rado queste grandi forze - diciamolo di passaggio - possiedono un potere nettamente maggiore di quello che aveva la nobiltà nel secolo XIX, o perfino prima della Rivoluzione. Va soprattutto notato che queste forze finiscono per avere spesso sullo Stato un potere maggiore di quello che questo ha su di loro.

Infatti, le banche e i mass-media hanno più mezzi per influenzare profondamente l'occupazione degli incarichi elettivi della maggior parte delle democrazie moderne, di quelli che lo Stato ha nella scelta dei vertici delle banche e dei mass-media privati.

Ciò è tanto noto che, a sua volta, in molteplici casi concreti, lo Stato si sentirebbe sguarnito se non svolgesse esso stesso la funzione della grande impresa bancaria o giornalistica, invadendo in questo modo la sfera privata... la quale a sua volta aveva invaso la sfera statale.

Convergenza? No; diremmo piuttosto processo verso il caos.

Tuttavia, per quanto riguarda la piena libertà di azione e lo sviluppo, questo confronto tra lo Stato e il macrocapitalismo non porta al comune cittadino nessun vantaggio economico o politico.

Basta considerare, ad esempio, il quadro che frequentemente ci si presenta davanti nei giorni delle elezioni. Una moltitudine di persone sfila davanti agli scrutatori che in ogni stanza della sezione elettorale presiedono e tutelano l'ordine. Tra questi passa, come un qualsiasi cittadino, confuso tra gli altri elettori, il magnate della “nobiltà antitetica” (19) del secolo XX e deposita il suo voto nell'urna, consapevole del fatto che questo varrà tanto quanto quello del più oscuro dei cittadini.

Qualche giorno dopo vengono pubblicati i risultati elettorali. E il magnate li commenta nel suo club, esattamente allo stesso modo di un cittadino qualsiasi, come se il suo contributo a questo risultato elettorale fosse stato quello di un qualsiasi votante. Ma possono forse nutrire nel loro intimo questa illusione quegli interlocutori che, mentre lo ascoltano, sanno che da lui dipende, ad esempio, una catena di organi pubblicitari che può notevolmente condizionare il voto delle masse amorfe e disorientate dei nostri giorni?

 

d) Il capitalismo di Stato: continuazione della linea centripeta ed autoritaria anteriore - tomba di quanto lo ha preceduto 

Detto questo, che cosa ha portato di nuovo il capitalismo di Stato ai paesi nei quali si è impiantato? Esso ha accentuato all'infinito la linea centripeta precedente e ha fatto dello Stato un “Leviatano”, davanti alla cui onnipotenza i poteri del re e dei nobili dei tempi anteriori appaiono ora come piccoli, se non microscopici. Nella sua divoratrice forza di attrazione, il collettivismo di Stato, assorbendo completamente ogni cosa, ha seppellito ipso facto nello stesso abisso, nello stesso nulla, come in una tomba, re e nobili, come anche, non molto tempo dopo, le “aristocrazie antitetiche” (20) giunte all'apice del loro percorso storico.

Tutto per colpa, in ultima analisi, dell'influenza, in alcuni casi prossima, in altri remota, dell'ideologia del 1789 (21).

 

e) Una tomba - due trilogie 

Ma sono state solo queste le vittime di tale cancrena collettivista?

No! Lo sono state anche, successivamente, i ceti inferiori della borghesia. Il potere di assorbimento del Leviatano collettivista non ha risparmiato un solo uomo né un solo diritto individuale. Perfino i diritti più elementari di qualsiasi uomo - diritti spettanti non in virtù di una qualche legge elaborata dallo Stato, ma in forza dell'ordine naturale delle cose, espresso con divina sapienza e semplicità nel Decalogo sono stati immancabilmente negati dal collettivismo ad ogni popolo sul quale ha esercitato il suo potere, così come ad ogni infelice individuo di questo popolo. È quanto ha reso evidente a tutto il genere umano l'esperienza storica, portata alla luce dal sinistro panorama rivelato dal crollo della Cortina di Ferro. Lo Stato collettivista ha assorbito perfino il diritto alla vita, negando all'uomo quanto la moda ecologica contemporanea si sforza di garantire al più fragile passerotto, all'infimo e più ripugnante verme.

Così gli operai, i servitori più insignificanti dello Stato, sono stati i più recenti ospiti di questa tomba. Nella sua lapide mortuaria, un'iscrizione potrebbe segnalare la qualifica globale di queste vittime dell'altro ieri, di ieri e di oggi. Questa qualifica potrebbe riassumersi nei tre grandi princìpi negati dal collettivismo:

TRADIZIONE - FAMIGLIA - PROPRIETÀ,

la cui negazione ha provocato la coraggiosa e polemica contestazione da parte del maggior insieme di associazioni anticomuniste di ispirazione cattolica del mondo moderno

 

Davanti al Colosseo, membri di diversi TFP ed entità autonome (novembre 1995) 

E come, secondo certe leggende popolari, le tombe delle vittime di ingiustizie molto flagranti sono sorvolate da confusi e tormentati vortici di spiriti maligni, si potrebbe immaginare un'altro trinomio sovrastante questa agitata, febbricitante e rumorosa ronda,

MASSIFICAZIONE - SCHIAVITÙ – FAME

 

f) Ciò che resta oggi della nobiltà - La risposta di Pio XII 

Una volta estinte le autonomie sotto il peso del totalitarismo rivoluzionario; e parallelamente aboliti anche, a causa del crescente egualitarismo dell'età contemporanea, gli incarichi speciali e i relativi privilegi che facevano della nobiltà - nel Medioevo come nell'Ancien Régime - un ben definito corpo sociale e politico, dobbiamo chiederci che cosa resta oggi di questa classe.

A tale domanda, Pio XII risponde categoricamente: “Una pagina della storia è stata voltata; un capitolo è stato chiuso; è stato messo il punto, che indica il termine di un passato sociale ed economico” (22).

Tuttavia, il pontefice auspica che questa classe, a cui non resta nulla di tangibile, eserciti un'alta funzione per il bene comune. Questa funzione egli la descrive con precisione ed evidente compiacimento nelle sue varie allocuzioni, comprese quella del 1952 e quella successiva del 1958, poco prima della sua morte. E il pensiero del defunto pontefice sopravvive chiaramente nelle allocuzioni di Giovanni XXIII e Paolo VI rivolte sia al Patriziato e alla Nobiltà romana, che alla Guardia Nobile Pontificia.

Per comprendere interamente questa delicata, sottile e importante materia, occorre innanzitutto considerare il quadro storico qui esposto, analizzando il corso degli avvenimenti da una peculiare angolazione. 


Note:

18) La parola "democratizzazione" viene qui usata nel significato rivoluzionario di democrazia, che, come già detto, non è l'unico possibile.

19) Cfr. Capitolo VII, 8 f.

20) Cfr. Capitolo VII, 8 f.

21) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 70-71, 74-75.

22) PNR 1952, p. 457.