Plinio Corrêa de Oliveira

 

Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana

 

 

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Marzorati Editore, 1993

ISBN 88-280-0129-1

Per richieste dell'opera in formato cartaceo: www.atfp.it


CONCLUSIONE 

Al culmine della crisi religiosa, morale e ideologica del mondo moderno:

un momento propizio per l'azione della nobiltà e delle élites tradizionali

 

  

Giuramento della Guardia Svizzera, nel cortile di San Damaso nel Sacro Palazzo Apostolico

 

Nonostante la magnifica vitalità dimostrata dai popoli europei dopo lo sconvolgimento dei due conflitti mondiali nel nostro secolo, si deve riconoscere che il riprendersi dalle conseguenze dell'ultima guerra ha richiesto un pesante sforzo e molto tempo.

Durante il periodo in cui Pio XII pronunciava le sue quindici allocuzioni al Patriziato ed alla Nobiltà di Roma (dal 1940 al 1958), la ripresa economica dell'Europa, iniziatasi alla fine del conflitto, si andava realizzando lentamente. A questa situazione critica, il Pontefice, mosso da paterna sollecitudine, fece nei suoi memorabili discorsi molti riferimenti.

Nella decade successiva, tuttavia, il ritmo ascensionale della ripresa europea si accentuò in modo sensibile, realizzando i famosi “miracoli economici”, correntemente denominati “miracolo tedesco”, “miracolo italiano”, etc. Questa successione di “miracoli” avrebbe dovuto prolungarsi in modo tale da poter includere nella serie l'attuale crescita economica della Spagna e del Portogallo, che fino a poco fa costituivano nazioni poco avvantaggiate nel continente europeo.

In seguito a questo slancio di prosperità - di cui Pio XII, deceduto nel 1958, non vide l'apice, ma che fu salutato nella costituzione conciliare Gaudium et Spes, nel 1965, con un inno di esultanza - il quadro generale dell'Europa si modificò sensibilmente.

La storia dirà un giorno, con precisione, qual'è stato il ruolo della nobiltà e delle altre élites tradizionali in questa ripresa, il che, peraltro, permetterà forse di valutare la ripercussione delle notevoli direttive di Pio XII sulla condotta di queste classi in favore della restaurazione economica europea.

Senza spingerci a formulare qui un giudizio preciso, ci sembra che questo ruolo sia stato considerevole, per quanto proporzionato in ogni nazione ai mezzi posseduti dall'aristocrazia e dalle élites rispettive.

È sicuro, tuttavia, che quando la Russia sovietica e le altre nazioni dell'Est europeo iniziarono, nel 1989, a palesare la tragica portata del fallimento a cui le avevano trascinate la dittatura del proletariato e il capitalismo di Stato, le nazioni europee occidentali, gli Stati Uniti ed altri Paesi stanziarono in loro aiuto, con sorprendente prontezza, grosse somme che... difficilmente potranno mai essere restituite, almeno in gran parte. Così le grandi nazioni democratiche, orientate ed arricchite in realtà dalla iniziativa privata, lasciavano implicitamente trasparire all'umanità il contrasto – per loro trionfale - fra Est ed Ovest.

Quanto s'ingannerebbe tuttavia chi pensasse, davanti a questo quadro sommariamente delineato, che per il solo effetto della prosperità riacquista, le crisi ereditate dalle nazioni dell'Ovest nei decenni passati ed aggravate da nuovi fattori, fossero risolte!

Le fatue tesi secondo cui la prosperità sarebbe sempre il principale sostegno dell'ordine e del benessere dei popoli, e la povertà la principale causa delle crisi che attraversano, sono facilmente smentite da quanto è avvenuto in Europa nel secondo dopoguerra.

Mentre infatti era molto avanzato il processo di cicatrizzazione e di rifioritura del vecchio continente, esplose nel 1968 la terribile crisi della Sorbona. Essa rivelava nella gioventù l'influenza torrenziale e dissolvente di certe filosofie, fino ad allora considerate generalmente come manifestazioni di stravaganza di alcuni “salottieri” degli ambienti culturali e mondani.

L'estendersi delle ripercussioni del fenomeno “Sessantotto”, nella gioventù “in” dell'Europa e del mondo, provò quanto fosse profonda la spaccatura che veniva ad aprirsi. La decadenza generale dei costumi, già deplorata da Pio XII, trovò proprio in quell'atmosfera di agiatezza e di stravaganza un ambiente così propizio, che la crisi morale e culturale dell'Occidente giunse a determinare nel mondo libero una situazione più grave di quella provocata dalle crisi anteriori, meramente o principalmente economiche. Ciò è tanto vero, che l'estendersi della prosperità ha potuto essere indicata a giusto titolo, da osservatori lucidi e ampiamente documentati, come un importante fattore del tragico aggravarsi della crisi morale (34).

Questa situazione è stata ulteriormente accentuata dalla crisi, di portata senza precedenti, che sta attraversando la Chiesa Cattolica, colonna e fondamento della moralità e del retto ordine delle società (35).

A queste prospettive si sono posteriormente aggiunti due importanti avvenimenti: la Guerra del Golfo Persico e la vittoriosa opposizione dei popoli baltici – particolarmente la gloriosa resistenza dell'eroico popolo lituano - in favore della propria indipendenza. Sarebbe un grave errore sottovalutare l'importanza di quest'ultimo avvenimento, poiché ha messo in gioco principi fondamentali della morale e dell'ordine internazionale, causando nei popoli una giusta e forte commozione, come ben dimostra l'entusiasmante raccolta di firme in favore dell'indipendenza della Lituania promossa dalle TFP in 26 paesi, che ha raggiunto l'impressionante totale di 5.212.580 firme (36).

*     *     *

Mentre questo lavoro giunge alla fine, gravi incognite incombono da ogni parte sull'umanità.

La situazione mondiale descritta da Pio XII si è modificata, principalmente perché i problemi economici dell'Occidente si sono attenuati, in gran parte per effetto dei citati “miracoli”.

Ma, allo stesso tempo, da allora in poi, due grandi crisi si sono progressivamente aggravate. Una è la crisi interna di quello che fu un tempo l'impero dentro la “Cortina di ferro”, l'altra è la crisi - anch'essa interna - della Chiesa cattolica.

Crisi dolorosa, questa, che si collega con quanto di più importante hanno i problemi qui trattati, ma che ci asteniamo dall'affrontare, dato che la sua gravità e ampiezza esigerebbero un'opera a parte, probabilmente di molti volumi...

Quanto alla prima crisi, le sue grandi linee sono ben note a tutto il mondo. Nel momento in cui scriviamo, le nazioni che un tempo formavano l'URSS si sono disgregate. Le frizioni nate fra loro vanno accentuandosi, notevolmente aggravate dal fatto che alcune di queste nazioni hanno i mezzi per far scoppiare una guerra atomica.

Non è improbabile che, una volta scatenata una situazione bellica all'interno dell'ex-URSS, essa venga a coinvolgere nazioni dell'Occidente tra le più importanti, il che a sua volta potrebbe avere conseguenze di portata apocalittica.

Fra queste conseguenze potrebbe facilmente annoverarsi la migrazione, verso l'Europa centrale e occidentale, di intere popolazioni spinte dal timore dei rischi di guerra e dalla fame attualmente già così pressante. Questa migrazione potrebbe assumere allora una gravità imprevedibilmente critica.

Quali sarebbero le conseguenze di questo esodo dalle nazioni fino a ieri sottomesse al giogo comunista, come quelle del Mar Baltico, ed altre ancora come la Polonia, la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria, nazioni che sarebbe per altro molto azzardato definire già del tutto sfuggite al giogo comunista?

Per completare questo quadro, sarebbe necessario tenere in conto la possibile reazione del Maghreb di fronte ad un'Europa occidentale messa in crisi da problemi di tale portata, e prendere in considerazione anche le particolari circostanze dell'Africa settentrionale e la profonda influenza esercitata su essa dall'immensa ondata fondamentalista che pervade i popoli dell'Islam, dei quali il Maghreb è parte integrante. Chi può dunque prevedere con sicurezza a quali estremi tutta questa rete di intrecci trascinerà il mondo, e specialmente il mondo cristiano?

Finora, quest'ultimo non è ancora coinvolto nel triplice dramma delle invasioni dall'Est, che si annunciano pacifiche, delle invasioni da oltre Mediterraneo, probabilmente meno pacifiche, né di un'eventuale conflagrazione mondiale.

Già s'intravede, tuttavia, il funesto sbocco del lungo processo rivoluzionario che abbiamo riassunto, nelle linee generali, nell'ultimo capitolo di questo studio.

Nonostante gli innumerevoli ostacoli, questa sua marcia vittoriosa ha un carattere così inesorabile - a partire dal crocevia storico in cui il Medioevo declina e muore, il Rinascimento sorge in mezzo ai suoi gioiosi trionfi iniziali, la rivoluzione religiosa del Protestantesimo comincia a fomentare e a preparare da lontano la Rivoluzione francese, e da molto lontano quella russa del 1917 - da far sembrare invincibile la forza che lo ha mosso, e definitivi i risultati da esso ottenuti.

Tali risultati possonno sembrare effettivamente “definitivi”, se non viene fatta un'analisi attenta del carattere di questo processo. A prima vista, esso sembra essere eminentemente costruttivo, poiché ha innalzato successivamente tre edifici: la pseudo-Riforma protestante, la repubblica liberal-democratica e la repubblica socialista sovietica.

Eppure il vero carattere di questo processo è essenzialmente distruttivo. Esso è la Distruzione. Esso abbatté il periclitante Medioevo, l'evanescente Ancien Régime, l'apoplettico mondo borghese, frenetico ed esitante; sotto la sua pressione è andata in rovina l'ex-URSS, sinistra, misteriosa, imputridita come un frutto da tempo caduto dal ramo.

Hic et nunc, non è forse evidente che le concrete pietre miliari di questo processo sono rovine? Quale conseguenza per il mondo sta derivando dalla più recente crisi rivoluzionaria, se non il ribollire di una confusione generale che minaccia in ogni momento catastrofi imminenti, fra loro contraddittorie, che svaniscono nell'aria nel momento in cui stanno per precipitarsi sui mortali, suscitando in questo modo la prospettiva di nuove catastrofi, ancor più imminenti, ancor più contraddittorie? Queste catastrofi svaniranno a loro volta per generare nuovi incubi, o si trasformeranno in atroci realtà, come la migrazione di grandi orde slave dall'Est verso l'Ovest, o di orde maomettane che avanzano dal Sud verso il Nord?

Chi può saperlo? Chi sa se accadrà questo e solo questo, o se avverrà invece ben più e ben peggio?

Questo quadro potrebbe essere scoraggiante per tutti coloro che non hanno Fede. Al contrario, per coloro che hanno Fede, dal fondo di questo oscuro orizzonte, torvo e confuso, si fa udire una voce capace di suscitare la più incoraggiante fiducia:

“Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà” (37).

Quale fiducia riporre in questa voce? La risposta, che essa stessa ci dà, sta in una sola frase:

“Vengo dal Cielo” (38).

Abbiamo quindi ragioni per sperare. Sperare in cosa? Nell'aiuto della Provvidenza per qualsiasi fatica intrapresa con lungimiranza, rigore e metodo, al fine di allontanare dal mondo le minacce che, come altrettante spade di Damocle, sono sospese sugli uomini.

Bisogna dunque pregare, affidarsi alla Provvidenza ed agire.

Per svolgere questa azione, è estremamente conveniente ricordare alla nobiltà ed alle élites analoghe la missione speciale - e primaria - che spetta loro nelle attuali circostanze.

Voglia Nostra Signora di Fatima, eccelsa padrona di questo agitato mondo contemporaneo, aiutare la nobiltà e le élites analoghe a prendere nella dovuta considerazione  i saggi insegnamenti lasciati da Pio XII. Questi insegnamenti le indicano loro un compito qualificato espressivamente da Papa Benedetto XV come “sacerdozio” della nobiltà (39).

Se esse si dedicheranno interamente a questa straordinaria missione, certamente quelli che oggi ne fanno parte, e in séguito i loro discendenti, resteranno un giorno sorpresi dell'ampiezza di risultati che avranno ottenuti per i loro rispettivi Paesi e per tutto il genere umano, ma soprattutto per la Santa Chiesa Cattolica. 


Note:

34) Nel libro España: anestesiada sin percibirlo, amordazada sin quererlo, extraviada sin saberlo - La obra del PSOE (Editorial Fernando III el Santo, Madrid 1988, pp. 109-113), il fenomeno è descritto nel modo in cui è avvenuto in Spagna. Quest'opera è stata pubblicata da TFP-Covadonga, e ha avuto riassunti pubblicati in diversi idiomi dalle TFP - associazioni autonome e consorelle - esistenti nei cinque continenti.

35) Cfr. Capitolo I, 4.

36) Una delegazione composta da undici membri delle diverse TFP, guidata dal dott. Caio V. Xavier da Silveira, direttore del Bureau-TFP di Parigi, si è recata a Vilnius, capitale della Lituania, per consegnare personalmente al Presidente Vytautas Landshergis, il 4 dicembre 1990, i microfilm di questa monumentale sottoscrizione. Giunta in seguito a Mosca l'11 dicembre, la delegazione consegnò presso l'ufficio di Mikhail Gorbaciov al Krernlino, una lettera che affermava: "A nome di oltre 5 milioni di firmatari, desideriamo chiederle formalmente di rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono alla Lituania di ottenere la sua totale indipendenza; un atto verso il quale l'opinione pubblica mondiale e la Storia si mostreranno riconoscenti".

37) Parole di Nostra Signora di Fatima, nell'apparizione del 13 luglio 1917 (Cfr. Memórias da Irmã Lúcia, Postulação, Fátima - Portugal, 3a.  edizione, 1978, p. 150).

38) Cfr. idem, p. 146.

39) Cfr. Capitolo VII, 8, d.